Chiesetta di S. Giorgio al Cimitero

Almenno San Salvatore (BG)

Indirizzo: Via San Giorgio (Nel centro abitato, isolato) - Almenno Basso, Almenno San Salvatore (BG)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: Esempio di architettura romanica, noto anche per gli affreschi che vi si conservano, è un edificio con pianta basilicale a tre navate conclusa da un'abside semicircolare, definita esternamente da colonnine che incorniciano archi ciechi e aperture. Le navate sono suddivise da ampie arcate a tutto sesto su pilastri rettangolari, che reggono le capriate lignee del tetto, esito di un rifacimento settecentesco. La facciata, come le pareti laterali, presenta due materiali differenti: un materiale lapideo più pregiato e più scuro, ben squadrato e ben definito nella parte inferiore e, nella parte superiore, un materiale meno nobile, calcareo e di colore chiaro. Il tetto è a falde con copertura in coppi di laterizio.

Epoca di costruzione: sec. XII - sec. XIII

Descrizione

Calata in un contesto naturale ancora in parte preservato, l'agro di Lemine, la chiesa sorge isolata all'incrocio di due strade che collegano una cerchia di insediamenti, oggi riuniti nel Comune di Almenno S. Salvatore, e forse sostituì l'altomedievale
S. Romolo, come suggeriscono una traccia documentaria (Manzoni 2006) e sepolture preromaniche lungo il fianco nord (Fortunati, Vitali 1990). Sin da lontano si impone la nettezza dei volumi delle tre navate e del possente blocco presbiteriale, dalle cui superfici lisce emergono i contrafforti angolari ma soprattutto la massa plastica dell'abside, che è lecito ritenere una citazione da S. Maria Maggiore a Bergamo (dal 1137). Stretto tra contrafforti e coperto con semicono di piode (tegole di ardesia locale, di restauro), l'emiciclo si articola in cinque specchiature a doppia ghiera, tre delle quali inquadrano monofore a strombo semplice con cornice per serramento; gli archi, architravati da fregio a denti di sega fra sottogronda a gola e modanatura torica, ricadono su semipilastri polistili, con capitelli compositi che includono protomi umane e basi modanate su zoccolo a scarpa. Come già osservato da A. Zonca nella pionieristica stratigrafia degli alzati del 1988, il paramento di arenaria a grandi blocchi palesa la litotecnica della prima fase di S. Maria Maggiore, della fase romanica della cattedrale di S. Vincenzo, del palazzo della Ragione (post 1198), di Fontanella II: prima della posa i conci di arenaria furono squadrati ad eccezione della faccia esterna, scalpellata in situ fino ad ottenere una superficie liscia con sottili commessure. Il graduale passaggio dal bugnato alla finitura è osservabile girando attorno all'edificio. Il cantiere delle navate fu interrotto a circa due terzi dell'altezza (comprese le arcate interne), per essere completato a più di un secolo di distanza con ciottoli a spinapesce sui lati lunghi e blocchetti di calcare nel prospetto. Quest'ultimo è articolato dal portale centrale con lunetta, dai salienti che annunciano la tripartizione interna, dai contrafforti angolari e da due monofore, di cui in seconda fase non fu realizzato l'arco, accontentandosi della terminazione architravata.
Passando all'interno, le tre navate sono scandite da setti di tre ampie arcate su pilastri a sezione rettangolare, con basi troncoconiche e cornici di imposta sporgenti sui soli lati corti. La copertura mostra la più volte rimaneggiata travatura lignea e non prevede illuminazione diretta per la navata centrale. Tre portali (ovest, nord e sud) garantivano gli accessi allo spazio liturgico medievale, di cui restano scarse tracce. Nel presbiterio, rialzato su due gradini, emerge la qualità litotecnica e stereometrica del romanico bergamasco maturo. I tre vani comunicanti sono introdotti da altrettanti fornici, ricadenti su lesene perimetrali e pilastri cruciformi su basi modanate e plinti quadrangolari. La cappella centrale è voltata a crociere con possenti costoloni a sezione quadra, ricadenti a ovest su mensole e a est su semicolonne funzionali ad inquadrare l'emiciclo, rialzato di un ulteriore gradino e caratterizzato da arco a doppia ghiera e cornice marcapiano a gola. I collaterali a testata rettilinea sono invece voltati da crociere oblunghe nervate su semicolonne angolari. Nel vano nord si apre il quarto portale originario, già ingresso dei celebranti e ora comunicante con la sacrestia di età moderna.

Notizie storiche

In accordo con le evidenze formali e con la prima menzione dell'edificio (1171), l'avvio del cantiere si collocherebbe alla metà del secolo XII (a dispetto del 1120 circa di Porter). Non finita, ma con il presbiterio già praticabile, la chiesa dovette essere consacrata e frequentata, stando a tracce documentarie (Manzoni 1995) e alla continuità d'uso funerario. Il completamento della struttura è collocabile verso la fine del secolo XIII, mentre ad età barocca risalgono il campanile e il portico di facciata, atterrato nel 1954 nell'ambito di un intervento che sconvolse l'assetto liturgico del presbiterio e ribassò il pavimento.
Territorio chiave della diocesi di Bergamo, dalla donazione del conte Attone del 975 all'affrancamento del Comune nel 1220, la plaga di Lemine fu soggetta alla signoria feudale del vescovo, ma ulteriori elementi concorrono a ritenere S. Giorgio una committenza episcopale: la vertenza del 1129 in cui il vescovo Ambrogio iii accusa i canonici di S. Alessandro di aver costruito senza permesso S. Giulia di Bonate Sotto e di aver usurpato diritti su di una chiesa di Almenno; la visita pastorale di monsignor Barbarigo del 1659 (f. 156v: "In questa terra vi sono i seguenti oratorii e chiese: Prima vi è una chiesa antica che dicono essere stata episcopali et canonicali hora campestre intitolata S. Giorgio"); l'impianto monumentale; la tecnica costruttiva dei più importanti cantieri bergamaschi del secolo xii; l'emiciclo absidale, che copia quello orientale di S. Maria Maggiore; non ultima, l'attitudine del potente Girardo da Bonate, da arcidiacono promotore con il vescovo Gregorio di S. Maria Maggiore, eletto vescovo nel 1146 e deposto nel 1167, suggerendo un'ipotesi all'interruzione dei lavori.
Al completamento del cantiere risale la prima fase del ciclo cristologico della navata centrale. Sulla parete nord, dalla controfacciata, si susseguono entro un loggiato su colonne le storie dell'Infanzia, dall'Annunciazione al Battesimo, più una scena incerta. Nei pennacchi trovano posto la Cena di Betania e l'Entrata in Gerusalemme. Sull'arco presbiteriale si riconosce l'Ultima Cena, mentre nella semiconca si intravede la Maiestas Domini: i resti della mandorla ad arcobaleno e del fregio a tralci e falere la collocano in fase con il resto, al pari dei Viventi della lunetta sud dell'incrocio. Sulla parete sud si dispiegano su due registri, da est a ovest, le storie della Passione, concluse da un Giudizio finale di insolita collocazione. Alla prima fase appartiene il registro superiore, dalla Cattura a parte della Crocifissione; alla seconda (primo quarto del xiv secolo) il resto, in due casi rimaneggiando quanto già dipinto: il Noli me tangere si sovrappose al paramento geometrico del pennacchio; la Crocifissione risparmiò il Cristo precedente (il cui riaffiorato fondo di morellone ha ingannato chi ipotizzava una carpenteria da crocifissione lignea; Rossi 1995). Fra i secoli XIII e XV, perimetrali e pilastri furono ricoperti da riquadri votivi, per lo più malamente strappati nel 1971, subito dopo il rifacimento della copertura. L'ambiziosa concezione del primo ciclo (in parte restaurato nel 1934 da M. Pelliccioli), che nella scansione a mensola con arcate a botte su colonne tradisce riferimenti romano-basilicali (Rebold Benton 1993, Romano 2006), suggerisce un'ulteriore committenza vescovile: quella di Giovanni da Scanzo (1295-1309), già notaio della Curia romana, committente del ciclo dell'Aula della Curia di Bergamo e riformatore nel 1307 della canonica di Almenno.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: chiesa

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Credits

Compilazione: Bigoni, Federica (2007)

Aggiornamento: Ribaudo, Robert (2013); Marino, Nadia (2016)

Descrizione e notizie storiche: Scirea, Fabio

Fotografie: Ardiani, Paolo; BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Giorces

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