Università Statale - complesso

Milano (MI)

Indirizzo: Via Festa del Perdono - Milano (MI)

Tipologia generale: architettura per la residenza, il terziario e i servizi

Tipologia specifica: ospedale

Configurazione strutturale: Il Complesso è organizzato su due crociere inscritte in un quadrato e separate da un cortile centrale

Epoca di costruzione: 1456

Autori: Averlino, Antonio detto il Filarete, progetto; Solari, Guiniforte, costruzione; Amadeo, Giovanni Antonio, architetto della Fabbrica; Richini, Francesco Maria, ampliamento

Comprende

Descrizione

La fondazione

Del progetto, però, e delle fasi della costruzione, molto sappiamo grazie ai documenti conservati nell'Archivio della Fabbrica; e grazie, soprattutto, alla minuziosa descrizione che ne diede Antonio Averlino detto 'il Filarete' nel suo Trattato di Architettura, scritto probabilmente tra il 1460 e il 1464. Il progetto fu fortemente osteggiato, com'era ovvio, dai rettori degli ospedali che dovevano essere soppressi.
L'idea di fondo, e la maggiore novità, del progetto milanese (Patetta, 1987), fu la 'crociera': l'incontro ortogonale, cioè, di quattro lunghe corsie destinate a ospitare i letti degli ammalati, idea che si traduce, formalmente, in una croce greca inscritta in un quadrato. Secondo Patetta (1987) Filarete ha costruito l'Ospedale Maggiore tenendo conto dei suggerimenti di Bernardo Rossellino. Comunque sia, e chiunque ne sia il vero autore, il disegno per l'Ospedale Maggiore milanese è di straordinaria novità e di grande purezza geometrica: due crociere accostate e separate da un cortile centrale, in modo da garantire una netta divisione tra reparto femminile e reparto maschile, come aveva suggerito anche Leon Battista Alberti nel suo De re aedificatoria (Patetta, 1987). La parte più innovativa del progetto era senz'altro quella degli impianti tecnici: i servizi igienici erano collocati in corridoi che correvano paralleli ai bracci della crociera; dalle corsie, una serie di porte permetteva l'accesso; lo scarico avveniva direttamente nel sistema di fognature sottostante (Franchini, 1995). L'architetto aveva previsto, inoltre, la costruzione di un mulino interno, di un forno e di una piccola darsena sul Naviglio: nel basamento trovavano posto alcune botteghe per la rivendita di merci necessarie ai malati. L'idea era quella di una vera e propria piccola città, del tutto autosufficiente. Nel 1457 iniziarono i lavori, diretti dall'Averlino e condotti, all'inizio, con discreta rapidità: ma quei lavori, Filarete non li vide mai conclusi; il 16 agosto 1465, infatti, i Deputati dell'Ospedale Maggiore decisero di licenziarlo, o forse fu l'architetto a scegliere di presentare le dimissioni. Prese il suo posto Guiniforte Solari, nel novembre dello stesso anno: all'epoca della sua direzione risale probabilmente la scelta di creare i due porticati sovrapposti che corrono lungo i lati dei cortiletti; il progetto originario, infatti, prevedeva il portico solo a pianterreno. Molto si è discusso sul problema delle finestre del secondo piano, realizzate nel 1467 da Francesco Solari, che non corrispondono a quelle disegnate da Filarete e sembrano assai più vicine al gusto lombardo di Guiniforte, con il loro schema a bifora a sesto acuto, e con la loro cornice in terracotta modellata. Teste virili scolpite inserite in tondi ornano le finestre: ma delle botteghe di scultori che affiancarono l'architetto nel suo lavoro non sappiamo molto e lo stesso vale per i decoratori che modellarono le parti in terracotta. Concluso il secondo piano, l'ospedale cominciò a funzionare probabilmente attorno al 1472. Guiniforte morì nel 1481 e non sappiamo con certezza chi lo sostituì; solo nel 1495, infatti, fu nominato un nuovo direttore del cantiere, l'architetto Giovanni Antonio Amadeo. Non è facile però riconoscere la portata del suo intervento: il margine di modifiche del progetto era, infatti, assai ridotto, a quel punto; e il lato del portico verso il cortile centrale, che i documenti gli assegnano concordi, è alterato dal successivo intervento del Richini, nel XVII secolo (Patetta, 1987).
I lavori proseguirono ancora per lungo tempo. Solo nel 1625 i Deputati dell'Ospedale Maggiore decisero di aprire il cantiere per il cortile (centrale) e per la seconda crociera: il nobile milanese Giovanni Pietro Carcano, infatti, nel suo testamento del 1624, aveva assegnato all'Ospedale una ricca rendita. Il compito di rivedere l'antico progetto, e di realizzare la parte nuova fu affidato all'architetto Francesco Maria Richini.

Fra Sei e Settecento

Benché la tradizione del ritratto gratulatorio abbia presso l'Ospedale Maggiore radici remote che risalgono alle origini quattrocentesche, è alla delibera capitolare del 6 dicembre del 1602, "con la quale per la prima volta veniva chiaramente affermata la volontà dell'amministrazione ospedaliera di onorare con effigi dipinte o scolpite la memoria dei benefattori", che prende effettivamente l'avvio quella "Quadreria dei benefattori", che forma non solo il nucleo più singolare, organico e consistente delle raccolte artistiche dell'istituto, ma rappresenta un "vero specchio di secolo in secolo della società milanese nel suo ininterrotto rapporto caritativo con la Ca' Granda" (Dell'Acqua, 1981), coinvolgendo molteplici aspetti della storia dell'arte e del costume. Se la tradizione continua fino ai nostri giorni, sotto il controllo di una apposita Commissione artistica, è però nel Seicento e nei primi decenni del Settecento che la raccolta raggiunge le punte qualitativamente più alte ed originali, e significativamente risale al 1699 la iniziativa di esporre ogni due anni, nella ricorrenza della Festa del Perdono, i ritratti nel cortile grande, una consuetudine di grande impatto popolare rievocata nella memorabile mostra dedicata nel 1981 a Palazzo Reale a "La Ca' Granda. Cinque secoli di storia e d'arte dell'Ospedale Maggiore di Milano", sotto la regia di Gian Alberto Dell'Acqua e Giovanni Testori. La "Quadreria dei benefattori" costituisce "l'osservatorio privilegiato per comprendere lo sviluppo della ritrattistica milanese di epoca barocca e tardobarocca " e il "punto di partenza per il riesame critico di singole personalità artistiche" (Colombo, 2002), grazie anche alle preziose fonti documentarie conservate nell'archivio ospedaliero. Se per la prima metà del Seicento con i Pozzobonelli (Alfonso e il padre Giuliano) e con Francesco Pagano è dominante la lezione del naturalismo asciutto e vigoroso di Daniele Crespi e Tanzio da Varallo, l'apertura barocca, varcata la metà del secolo, si verifica con Giuseppe Nuvolone e con i fratelli Santagostino, ma la stagione più felice, a partire dall'ultimo quarto del Seicento per giungere ai primi due decenni del secolo seguente, è contrassegnata dalle prove di Salomone Adler, di Filippo Abbiati, di Andrea Porta, di Antonio Lucini. Attraverso "un rapido e progressivo abbandono delle formule barocche" a favore di "una obiettività di indagine e una severità di resa " (Colombo, 2002), emerge in esse una vocazione naturalistica e antiretorica che si configura come una vera e propria autonomia linguistica del contesto milanese, in decisa antitesi con le caratteristiche mondane, auliche e celebrative della coeva ritrattistica internazionale, e particolarmente dei fortunati modelli francesi, ponendosi in relazione con gli esiti della prima produzione lombarda del Galgario al ritorno da Venezia, e con i giovanili ritratti bresciani del Ceruti. E proprio a quest'ultimo, rientrato ormai anziano a Milano, sua città natale, toccherà chiudere nel 1757, con il Ritratto di Attilio Lampugnani Visconti, l'epoca maggiormente vitale della collezione. "Nel sontuoso teatro di posa di quel dipinto luminoso, l'artista non smarrisce la verità della sua pittura, restituendo nel volto severo e insieme trepidante dell'anziano nobile un'immagine fedele dell'aristocrazia illuminata milanese e della sua assidua vocazione caritatevole" (Colombo, 2002).
Vedi anche vetrina: http://blog.lombardiabeniculturali.it/articoli/1174/

Notizie storiche

La fondazione

Nel 1450 fu Francesco Sforza a destinare l'area già proprietà viscontea, all'Ospedale Maggiore, dopo aver promosso, tramite incorporazioni, una riorganizzazione di tutti gli istituti e fondi ospedalieri.
Venne edificato su un'area militare che prima aveva ospitato l'antemurale di Silicone, col suo palazzo, e poi una rocca di Bernabò, detta la Rocchetta, per distinguerla dalla Rocca di San Barnaba, di fronte alla Ca' Granda.
Lo Sforza, per la sua impresa chiama l'architetto fiorentino Antonio Averlino detto il Filerete, per convertire l'area a fini pacifici, con un progetto assai articolato e funzionale, sperimentato per la prima volta in Europa: dell'intero progetto fu realizzato solo la porzione maschile verso S. Nazaro.
La prima pietra fu posta nel 1456, dopo solenne cerimonia: l'ospedale dedicato all'Annunciata avrebbe avuto come stemma la colomba dello Spirito Santo.
Nel 1465, fattosi da parte il Filerete, la direzione dei lavori passò al goticheggiante Guiniforte Solari. Non mancano comunque interventi di altri membri della famiglia Solari, sia in termini decorativi con il figlio Pietro Antonio, sia con Francesco in qualità anche di architetto.
Nel 1472, l'Ospedale comincia a funzionare, anche se incompleto.
Nel 1481, con la morte di Guiniforte i lavori si fermarono, finchè Lodovico il Moro non incaricò l'Amadeo della prosecuzione dell'opera (ala a destra del cortile centrale), che si interruppe nuovamente nel 1499, a causa dell'invasione francese.
I lavori per la sistemazione del cortile centrale iniziarono solo col 1624, quando il banchiere Gian Pietro Carcano decise di intervenire con un lascito per la prosecuzione dei lavori.

Fra Sei e Settecento

L'Ospedale maggiore istituito da Francesco Sforza, popolarmente noto come Ca' Granda, conosce fra Sei e Settecento una serie di importanti interventi architettonici di ampliamento e ristilizzazione. "Secondo fondatore" del complesso è stato definito il commerciante di lana e banchiere Giovan Pietro Carcano, deceduto nel 1624, il quale dispose per testamento che, dopo la sua morte, metà dell'usufrutto del suo ricchissimo patrimonio venisse utilizzato dagli amministratori per continuare la fabbrica. Fu così che sotto la direzione dell'ingegnere ospedaliero Giovan Battista Pessina, cui succedette nel 1634 l'ingegner Giovan Angelo Crivelli, con il concorso degli architetti Francesco Maria Richino e Fabio Mangone e - a quanto sembra - del Cerano, presero l'avvio con la delibera del 12 aprile del 1625 i lavori di ingrandimento, conclusi nel 1649.
Ai medesimi architetti convocati per il cortilone (Pessina, Richino, Mangone) si deve quasi sicuramente il progetto della chiesa seicentesca, che sorge al margine del suo perimetro: la terza, dopo una prima cappella quattrocentesca definita honorabilis nel 1490 e una seconda chiesa risalente all'epoca dell'episcopato di Carlo Borromeo, ultimata nel 1588 e tradizionalmente riferita a Pellegrino Tibaldi. La chiesa attuale, a pianta quadrata coperta da una cupola sorretta da colonne, ha sull'altar maggiore un'ancona del Guercino raffigurante l'Annunciazione, dipinta fra il 1638 e il 1639.
Nel 1695 l'Ospedale Maggiore, distaccandosi dalla consuetudine precedente, deliberava la costruzione di un nuovo cimitero al di fuori del proprio perimetro, in una zona ancora all'epoca non edificata in prossimità dei bastioni: al primo progetto di Attilio Arrigoni, che prevedeva una chiesa (dedicata a San Michele) a croce greca dotata di sepolcri sotterranei, ultimata nel 1700, si aggiunse più tardi l'ampliamento del portico polilobato, eretto tutto intorno alla chiesa a partire dal 1719 e ultimato nel 1742, grazie alla generosità di Giovan Battista Annone. I "nuovi sepolcri" (dai quali viene l'appellativo di "San Michele ai nuovi sepolcri" assegnato alla chiesa, mentre meno corretta è la corrente designazione toponomastica del complesso, la "Rotonda della Besana"), erano posti sotto il piano di calpestio del portico, la cui originale soluzione planimetrica, spaziale e funzionale divenne un modello di riferimento per altre istituzioni ospedaliere lombarde (Lodi, Cremona), e suscitò l'interesse e la curiosità della guidistica e, soprattutto, dei viaggiatori settecenteschi del grand tour come il presidente Charles de Brosses e Jérôme de Lalande.

Uso attuale: intero bene: università

Uso storico: intero bene: ospedale

Condizione giuridica: proprietà Ente pubblico non territoriale

Accessibilità: Negli orari di apertura dell'Università.

Percorsi tematici:

Credits

Compilazione: Ribaudo, Robert (2009)

Aggiornamento: Alinovi, Cristina (2015)

Descrizione e notizie storiche: Coppa, Simonetta; Monaco, Tiziana; Ribaudo, Robert

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Barbalini, Fabio

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