Chiesa di S. Michele al Monte
Porto Valtravaglia (VA)
Indirizzo: S. Michele, Porto Valtravaglia (VA)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: E' una chiesetta d'alpeggio che venne costruita per garantire la partecipazione alle funzioni religiose alle persone che dimoravano sui monti durante il periodo primaverile ed estivo, per seguire il bestiame al pascolo. Ha una struttura molto semplice: un'aula absidata di circa 30 metri quadri, con abside orientata ad est secondo l'uso antico, interamente coperta a volte tramite due campate a crociera. L'abside, dove si trovano le parti più antiche della chiesetta, databili alla seconda metà dell'XI sec., presenta filari di pietre e ciottoli ben allineati, con fasce ben evidenti a spina di pesce.
Epoca di costruzione: inizio sec. XI - metà sec. XII
Descrizione
Il piccolo edificio ad aula divisa in due campate oblunghe voltate a crociera (6,30 x 5,50 m circa, con abside larga 4,40 m e pro- fonda 2,90 m) mostra fasi costruttive databili dall'inizio dell'xi secolo alla metà del xii. Le volte cupoliformi insistono su grossi archi traversali, parenti stretti di quelli di Arcumeggia, a cui rimanda anche il dettaglio delle mensole dei pilastri. In origine l'arco di parete contribuiva a delineare un saliente mistilineo, per via dell'aggregazione di una risega mediana per l'appoggio delle nervature diagonali delle volte. Alla fine del Seicento questi archi sono stati tamponati per ragioni statiche e a seguito di un incendio. Forse negli stessi anni venne eliminato un muro, dotato di porta al centro, che chiudeva completamente l'abside isolandola dall'aula.
L'antica decorazione absidale è ancora in gran parte nascosta da intonaci moderni: tra il 2000 e il 2004 è riemerso ed è stato restaurato un san Giacomo e porzioni di altri apostoli sotto arcate. In controfacciata ai lati della porta si riconoscono santi vescovi milanesi, tre per parte, tra cui spicca il nome di Ambrosius; al di sopra due cherubini, della visione di Ez 10,1-22, ricoperti di occhi e con una lancia in mano (visione sintetica della guardia angelica del Giudizio? si conserva integro quello di sinistra), guardano verso il centro della composizione, certamente una teofania, perduta per l'apertura di una finestra moderna, e mostrano strette tangenze iconografiche - in una resa infinitamente più corsiva - con le uguali figure di S. Pietro al Monte di Civate, centro regionale della devozione micaelica e dunque inevitabile modello. Sul muro destro della prima campata sopravvive l'immagine delle anime in grembo ai patriarchi (si vedono ancora Isacco a sinistra e Abramo al centro al di sopra di una finestra moderna, e la composizione doveva essere completata come in controfacciata a Oleggio dal terzo patriarca Giacobbe a destra), l'unico elemento che può indirizzare l'interpretazione del ciclo della prima campata e di controfacciata in senso deuteroparousiaco ed escatologico (Civate), mentre nelle vele della volta sembra possibile scorgere gli Evangelisti, in particolare Giovanni con il volto di aquila, che sorreggono un clipeo centrale. L'immagine più suggestiva è però quella del muro nord della seconda campata: sulla sinistra i tre arcangeli (il primo della fila, con veste bianca e manto rosso è indicato dalla scritta mi[ha]el) salgono un pendio verso una sorgente da cui fluisce un ruscello rosso. Dall'altra parte del fiume la raffigurazione di un Dominicus custos, cappellano, restauratore della chiesa a giudicare dal modellino della cappella che reca nella mano sinistra, e committente del ciclo pittorico, si protende a toccare il piede dell'arcangelo Michele. Al di sotto un velarium a monocromo, che si estendeva per tutta l'aula. La scena di difficile interpretazione, sembrerebbe fondere il tema dell'offerta all'iconografia micaelica bizantina, unica nel nord Italia, del miracolo di Choni: in quest'ottica Domenico si faceva raffigurare come novello Archippo, l'eremita custode del piccolo santuario frigio, salvato dall'arcangelo dalla furia dei pagani che avevano deviato il letto di due fiumi per dirigerli contro il tempio.
Sono dunque da ribadire i rapporti iconografici con il ciclo di S. Pietro di Civate, di cui si replica in posizione simile l'immagine di Abramo (lì nella lunetta interna del portale d'accesso), e la composizione con i cherubini della calotta della cappella a sinistra dell'ingresso a Civate, ma l'insistenza del tema romano e petrino di Civate lascia il posto a una dichiarazione di ortodossa appartenenza alla chiesa ambrosiana. Nel complesso gli affreschi di S. Michele al Monte, ancora in gran parte da recuperare sotto gli intonaci moderni, presentano un programma angeologico molto particolare, ancora da decifrare, e la cappella si dimostra piccolo ma suggestivo centro del culto micaelico in area lombarda.
Notizie storiche
Solo negli ultimi anni, con un restauro, il recupero di preziosi affreschi, e un accurato studio storico architettonico di P. Frigerio, il S. Michele al Monte ha ripreso il posto che gli spetta nel quadro dell'architettura romanica del Verbano. Ricordata dalle fonti per la prima volta nel Liber Notitiae, alla fine del xiii secolo, come "in plebe Traualia ecclesia sancti Michaelis", la chiesa, eretta forse attorno al Mille, doveva costituire una cappella d'alpeggio in terre di proprietà dell'arcivescovo milanese, ed era mantenuta da un custos che godeva di un piccolo beneficio, come documentato per la vicina S. Antonio (Frigerio).
La muratura delle pareti d'ambito e dell'abside, in materiale lapideo eterogeneo e disordinato, differisce sensibilmente da quello dei pilastri, in conci ben squadrati e di dimensioni medio-grandi. L'ipotesi della successione di due tappe costruttive, con aula absidata coperta a tetto di i fase (prima metà dell'XI sec.) seguita molto dopo, nella prima metà del XII secolo dall'introduzione delle volte, sembra anche confermata dalla morfologia "evoluta" delle volte, dalla traccia di una monofora tamponata di circa 60 x 90 cm, a metà del fianco nord della cappella, in una posizione non compatibile con le crociere, e, infine, dalla chiusura delle finestre dell'abside per la stesura, attorno alla metà del XII secolo o poco prima, e quindi in stretta relazione con la riconfigurazione architettonica dell'edificio, di un interessante ciclo pittorico. Già una visita pastorale del 1569 ricordava nell'abside la Maestà al centro, con i simboli degli Evangelisti ai lati, una teoria dei dodici apostoli e un velario nel catino, e nella navata gli affreschi di san Michele e della Vergine.
Uso attuale: intero bene: chiesa
Uso storico: intero bene: chiesa
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Credits
Compilazione: Ribaudo, Robert (2013)
Descrizione e notizie storiche: Schiavi, Luigi Carlo
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00999/
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