Santo Monte di pietà (1545 - 1796)
sottoserie | livello: 3
Produttore fondo: Salò, Comune di Salò (sec. XIV - )
Consistenza: Unità archivistiche 25 (regg. 17, voll. 3, fascc. 4, atto sing. membr. 1)
Contenuto: Fondato, come già ricordato, con delibera del consiglio generale di Salò il 1545 marzo 27, che mette in atto decisioni assunte alla fine del secolo precedente (1498), il monte Vecchio funge anche da tesoreria comunale.
Al monte, infatti, governato da un massaro e da presidenti, era affidata la custodia, oltre che dei suoi, dei redditi, derivanti da legati, del comune, dell'ospedale, della Carità e delle cause pie, come Agostino Grattarolo, cancelliere e "rationator" del comune di Salò, scrive il 1587 agosto 4 (reg. n. 653.1, cc. 11-11v).
Tenuto presente che le carte di seguito inventariate non costituiscono l'archivio del monte, per i motivi ai quali si è accennato nella scheda precedente, in questa sottoserie si rileva con immediatezza come fra le prime decisioni operative del consiglio generale rientrino la scelta di otto questuanti, due per quartiere, delegati alla raccolta di elemosine per il monte testé fondato, l'ordine ai rettori dell'ospedale di contribuire con lire 700 alle necessità della nuova istituzione e la richiesta ad Annibale Grisoni, vicario generale nell'episcopato bresciano, di fornire consigli in merito al consolidamento e alla gestione del monte.
Le parti del consiglio generale qui contenute sono generalmente di carattere istituzionale e normativo, riferendosi alla gestione del monte, ai requisiti e compiti degli officiali preposti con incarico annuale a "governar li pegni": sette governatori o presidenti , un notaio, salodiano e ammesso al collegio, con il compito della corretta tenuta dei registri di donazioni, prestiti e pegni, e un massaro.
Una cura particolare è per la "cassa (...) buona et forte", n. 350 c. 7v, e per le sue tre chiavi assegnate a tre diverse persone; si pone anche il problema della ricerca di una sede adatta al monte, prima allocato presso l'ospedale, poi, nel 1554, trasferito nella sede, scelta già nel 1550, in Piazza del comune in relazione alla richiesta alla santa sede di conferma dei capitoli del monte.
Le riforme dei capitoli portano a una sempre più precisa definizione dei compiti degli addetti al monte che, sinteticamente, possono essere così riassunti, sia per il monte Vecchio sia per il Guizzerotti o monte Basso: i massari, eleggibili fra i membri del consiglio generale o, in caso di assoluta necessità, ballottabili anche fuori dal consiglio, devono dare idonea pieggeria, che il consiglio generale deve approvare prima dell'inizio del loro mandato, non possono avere "ingerenza o intelligenza alcuna nei pegni da farsi o da levarsi", come del resto gli altri officiali, né possono concedere prestiti e ricevere pegni senza la stima dell'orefice o del catapegno.
Il notaio, di buona fama, deve occuparsi della rigorosa e fedele tenuta dei registri, dirigere i salariati dei monti, essere presente e ratificare le consegne fra i massari, presenziare agli incanti, così come i presidenti che, fra l'altro, devono dare immediata informazione al consiglio di disordini nella gestione, sia complessiva che particolare.
L'orefice, che deve dare pieggeria, stima e registra i preziosi, risarcisce il monte in caso di sovrastime di pegni che, incantati, non facciano rientrare il monte nel suo capitale; il catapegno, pure con pieggeria, si occupa analogamente dei beni non preziosi, avvisa il massaro delle scadenze dei pegni da incantare iniziando dai più vecchi.
Le difficoltà economiche derivate anche dalla gestione talora approssimativa del monte (scarso rispetto delle norme statutarie negli incanti, nelle stime, nelle pieggerie, insufficienti salari per i non sempre rigorosi addetti, ecc. ), a fronte di una migliore condizione economica del Guizzerotti (dotato di un più ampio giro di capitali che gli consentiva officiali più zelanti perché meglio retribuiti), pare portino alla riduzione complessiva degli addetti e, più precisamente, all'elezione di un solo massaro e di due presidenti, con incarico biennale, che dirigono entrambi i monti, mantenuti distinti fra loro de iure e de facto, con maggior efficacia e rigore nel rispetto delle norme statutarie relative alle stime, agli incanti, ecc., spesso prima disattese. Così pare avvenga anche per le altre figure (orefice, catapegni, notaio) che, numericamente ridotte, ma meglio pagate e sottoposte a più severi controlli sono destinate a occuparsi delle due istituzioni.
La documentazione è stata suddivisa come segue:
Statuti e ordinamenti del monte di Pietà (8.1.1)
Amministrazione del monte di Pietà (8.1.2)
Contabilità del monte di Pietà (8.1.3)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/archivi/complessi-archivistici/MIBA01B4F3/