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Carta venditionis
998 gennaio 15, Pavia.
Liutefredo, vescovo di Tortona, di legge longobarda, vende al duca Ottone del fu Conone, al prezzo di trecento lire d'argento, la metà di due porzioni della c u r t i s d o m u i c o l t i l i s di Cornate, del c a s t r u m e della chiesa di S. Giorgio, nonchè di altro c a s t r u m detto R a u c a i t e m C o r o n a t e presso il fiume Adda, unitamente ai beni spettanti ai predetti c a s t r a e alla predetta chiesa, siti in Cornate, V a l l e, S u m m o v i c u m, Mezzanuga, V i l l a B u l g a r i, Colnago, Sulbiate, Passirano, Verderio, Bellusco, S a l i i n p u t e u m, Trezzo, Concesa, Imbersago, Busnago; la metà di due porzioni di beni in Curnasco, T e r r e n t i x i, Bolgare e Quintano; la metà di due porzioni di beni in C a s a l e V i g a r i, Voghera, Pignolo, M o r e n i s e, F a n i g a s i, Sale, B i b i a n u m, S p a r o a r i a, Bassignana, B e r t e r a s s i; la metà di due porzioni di beni nel c a s t r u m dell'isola Madre sul lago Maggiore, in Stresa, Baveno, Carciano, nel c a s t r u m di Lesa e nella c u r t i s L e o c a r n i; la metà di due porzioni delle chiese pavesi dedicate al Salvatore, a S. Maria e a S. Romano, nonché di altri beni all'interno della città; ed infine la metà di due porzioni di una c u r t i s in Angera e di un'altra in Cittiglio, e di altri beni in P a n i a n u m: beni tutti appartenuti alla defunta Betana, madre di Liutefredo, intorno ai quali era sorta lite fra il vescovo ed i coniugi Riccardo e Vualdrada, composta alla presenza dell'imperatore Ottone <III> nel p a l a t i u m di Pavia, con un duello tra l'avvocato del vescovo e il predetto Riccardo.
Copia autentica coeva alla stesura del documento, ASMi, MD, cart. 10, n. 191 [B].
Nel verso di B, di mano coeva: Donatio quam fecit Liutfredus Terdon[en]s|is ep[iscopu]s Ottoni imperatori in manu | Ottonis ducis et advocati | imperialis, que postea donatio | O[tt]o imperator monasterio Sancti Felicis |[[...]] tum concessit.; numerose annotazioni moderne fra cui segnature archivistiche: E E, n. 6 n. 34. Annotazione del 1708.
MURATORI, Antiquitates Italicae, III, col. 741; DOZIO, Cartolario Briantino, p. 48, n. 39 (parziale); PORRO-LAMBERTENGHI Codex Diplomaticus Langobardiae, n. 940, col. 1652; CAVAGNA SANGIULIANI, Documenti vogheresi, p. 18, n. 3; MORONI STAMPA, Codex Helvetiae, n. 43. Regesto: Indices Muratoriani, n. 1325.
GIULINI, Memorie, II, p. 448; ROBOLINI, Notizie, II, pp. 88-89 e 291; NESSI, Memorie storiche di Locarno, p. 43; DE VIT, Il Lago Maggiore, I, parte I, passim.; MAZZI, Corografia bergomense, p. 372; LODI, Sommario della storia di Voghera, pp. 68-69; DARMSTÄDTER, Das Reichsgut, pp. 91, 148, 233; MANFREDI, Storia di Voghera, p. 80; SCHWARTZ, Die Besetzung, p. 127; GABOTTO, Per la storia del novarese, p. 32 ss.; GABOTTO, Per la storia di Tortona, pp. 74 ss.; CASALIS, Dizionario geografico, pp. 133-134; SERGI, Declino del potere marchionale, pp. 481 n. 152, 482, 489; SCHNEIDER, Le origini dei comuni, p. 29 nota 109, p. 34 nota 134, 232; PAULER, Das Regnum Italiae, p. 52; SETTIA, Monferrato, p. 66; AMBROSIONI-LUSUARDI SIENA, Trezzo e le terre, pp. 179-181; MERLONE, Cronotassi dei vescovi, pp. 524-525; RADDING, The origins, passim; SERRA, Continuità nel medioevo, passim.
La pergamena, profondamente usurata lungo le antiche piegature, presenta una lacerazione nella parte centrale che rende impossibile la lettura di alcune lettere. Macchie di umidità e piccole lacerazioni diffuse.
La datazione della copia si basa, oltre che su dati paleografici, sul fatto che alcuni fra i giudici che sottoscrissero la carta furono i medesimi che poi ne autenticarono l'exemplum: si tratta di Gerolimo, Ebbo, Lanfranco e Tado (l'estensore materiale dei due atti). Sui primi tre e sul periodo, a cavallo fra X e XI secolo, in cui furono attivi, cf. anche RADDING, The origins, rispettivamente p. 219 n. 263, p. 230 n. 350, pp. 218-219 n. 258.
Sulle note tachigrafiche che seguono la sottoscrizione del notaio Tado cf. SCHIAPARELLI, Tachigrafia sillabica, p. 30, n. 93. Su quelle che seguono la sottoscrizione di Ebbo giudice cf. SCHIAPARELLI, Tachigrafia sillabica, p. 22, n. 33.
Circa Liutefredo vescovo di Tortona (997-1001) cf. MERLONE, Cronotassi dei vescovi, pp. 524-525, il quale, rifacendosi a SERGI, Il declino del potere marchionale, pp. 486 ss., ipotizza che la famiglia di Liutefredo appartenesse a quei gruppi di potere alternativo all'interno dei distretti tradizionali dipendenti dagli Anscarici. Cf. anche SCHWARTZ, Die Besetzung, pp. 127-128, benché numerose informazioni da esso fornite risultino fondate su luoghi comuni ormai smentiti.
Il MURATORI, Antiquitates Italicae, III, col. 743 ss., identifica Ottone duca, destinatario della vendita, con Ottone, figlio di Corrado duca di Lorena, duca di Carinzia e marchese di Verona, padre di Bruno, papa con il nome di Gregorio V, e zio di Ottone III. Tale identificazione è invece confutata da SERGI, Movimento signorile, p. 157 ss., il quale ritiene che Ottone duca sia figlio di Corrado Conone, a sua volta figlio di Berengario II e marchese anscarico della marca d'Ivrea. Considero questa identificazione molto più attendibile della precedente, in quanto le motivazioni addotte dal MURATORI sono piuttosto vaghe, e, soprattutto, i beni alienati sono localizzati in un'area lombardo-piemontese in cui la famiglia anscarica sembra meglio inserita di quella lorenese.
Il GABOTTO, Per la storia del novarese, pp. 32 ss., ritiene Riccardo, qui citato come contendente di Liutefredo, figlio di Ildeprando di Lumellogno, e gli attribuisce il titolo di conte d'Ossola, dal momento che in un documento del 1015, edito in GABOTTO-LIZIER-LEONE-MORANDI-SCARZELLO, Le carte di S. Maria di Novara, p. 235, n. 140, egli viene definito commite Richardo. Più cauto nell'attribuirgli tale titolo è il SERGI, Declino del potere marchionale, pp. 488-489, il quale definisce Riccardo un ricco possidente che, insieme alla moglie Vualdrada, della famiglia longobarda dei conti di Seprio, cadrà successivamente in disgrazia presso Enrico II per essersi schierato con Arduino. Il SERGI aggiunge che non esistono comunque prove sufficienti per ritenere Riccardo titolare di qualche comitato, né per assegnarlo ad una famiglia di detentori del comitato di Lomello o di quello di Vercelli.
Secondo quanto afferma il GABOTTO, Per la storia di Tortona, pp. 75-76, i beni qui menzionati sarebbero pervenuti alla famiglia di Liutefredo in seguito all'estinzione di un ramo dei discendenti di Ermenefredo, conte di Lodi, figlio di Eremberto de comitatu Hastensi. Il conte Riccardo avrebbe partecipato alla successione a motivo della sua discendenza da Aimone conte di Vercelli; tuttavia, come affermato in precedenza, non esistono prove per sostenere l'esistenza di una simile parentela, né tantomeno di un legame di consanguineità fra Liutefredo ed i discendenti di Eremberto.
I problemi di toponomastica che il documento pone non sono pochi né di poco conto. Una volta preso atto che i beni oggetto della donazione sono elencati secondo una scansione territoriale puntualmente riferita ad aree omogenee, corre l'obbligo di un esame ordinato di ciascuna di esse, sia per delimitarne i confini sia per discutere la controversa collocazione di alcuni toponimi, in particolare di quelli indicati nel regesto con il carattere spaziato.
1. Il primo nucleo di beni facenti capo al castrum di Coronate, alla chiesa di S. Giorgio (cf. Liber notitiae sanctorum, col. 142 B) e all'altro castrum qui nominatur Rauca item Coronate si estende lungo l'Adda, in grande maggioranza al di qua del fiume, in area milanese, tra Brivio (a nord) e Pozzo (a sud). Non facilmente superabili sono le difficoltà riguardanti la fisionomia di alcune località qui menzionate. Innanzitutto conviene specificare che il nome completo del castrum qui nominatur Rauca, identificato da AMBROSIONI-LUSUARDI, Trezzo e le terre, pp. 203 ss., con il castello di Trezzo, è in realtà, come risulta evidente esaminando il formulario e la sintassi del testo, castrum qui nominatur Rauca item Coronate: tale specificazione, pur non invalidando l'ipotesi di Ambrosioni-Lusuardi, la rende più problematica in quanto sembrerebbe individuare un castrum situato nelle vicinanze di Cornate. Valle è toponimo così largamente diffuso da rendere possibile, ma tutt'altro che sicura l'identificazione con Valle, nel comune di Villa d'Adda. Peraltro le ragioni geografiche che giocano a favore di tale accostamento (Imbersago è località citata nel documento, Villa d'Adda si colloca nelle vicinanze degli altri toponimi) sono le stesse che ci portano ad escludere sia Valle Averte in comune di Casatenovo sia Valle Guidino in comune di Besana (per quest'ultima segnalazione, cf. MORONI-STAMPA, Codex Helvetiae, doc. 43, nota 4). Summovico va probabilmente identificato con Sumvicum, ora scomparso, sito oltre l'Adda, nel territorio di Carvico, ancora largamente attestato nella documentazione del sec. XII (cf. MENANT, Entre Milan, p. 471, nota 1). Parrebbe da escludere, perché spostato troppo ad occidente rispetto alla zona qui considerata, l'assimilazione all'attuale Sovico, presso Seregno (MORONI-STAMPA cit. nota 5). Il toponimo Bulgari (Villa), ben presente seppure con diverse accezioni nella Padania (sulla vexata quaestio intorno alla sua origine, cf. CAVANNA, Fara, sala, arimannia, pp. 98 ss.), va certamente situato nel territorio brianzolo, e forse accostato a Villa d'Adda come suggerisce AMBROSIONI cit., p. 202; è comunque priva di fondamento la sua collocazione nel vogherese (CAVANNA cit., pp. 101-102, nota 85). Il toponimo Saliinputeum allude (cf. AMBROSIONI cit., p. 201, e p. 202, nota 182) alla presenza di un pozzo salato o a fosse collocate lungo le direttrici fluviali padane e riservate all'ammasso del sale: la sua sistemazione in una zona assai prossima a Trezzo e Cornate è credibile; il MORONI STAMPA cit., nota 13, lo identifica con Pozzo d'Adda. La sequenza delle località si chiude con i seguenti toponimi: Ambreciacum, Ambeciacum, Bugenacum, Bosonacum. Che si tratti di due località soltanto (Imbersago, frazione di Robbiate, e Busnago) sembra emergere dalla stretta parentela linguistica tra i nomi della prima coppia e quelli della seconda. Già il MORONI-STAMPA (cit., note f, g) ha sostenuto che in ambedue i casi si tratta della ripetizione in altra forma del medesimo toponimo, voluta dallo scrittore, forse già anche nell'originale, per determinare con maggiore sicurezza il sito . Ma tale prassi non trova riscontri nella documentazione. Forse, più verosimilmente, dobbiamo supporre che il rogatario pavese Tado abbia recuperato da antigrafi diversi l'elenco dei possessi del vescovo; in tal caso, essendo del tutto estraneo alla toponomastica dell'area in questione, avrebbe potuto accreditare a differenti località toponimi attestati con semplici varianti. Non si può tuttavia escludere con sicurezza, tenuto conto della larghezza con cui il suffisso -asco frequenta la toponomastica padana, che i quattro nomi, e in particolar modo gli ultimi due, si riferiscano ad altrettante località, due delle quali oggi scomparse.
2. Per quanto attiene al secondo elenco di località oggetto della donazione, nessuna ragione plausibile pare opporsi alla collocazione della prima nel circondario di Bergamo (Curunassco = Curnasco, frazione di Treviolo, cf. DEL BELLO, Indice toponomastico, p. 68) e delle ultime due nella bergamasca orientale (Bulgaro = Bolgare, cf. DEL BELLO cit. pp. 37-38; Quintanum = Quintano, frazione di Castelli Calepio, cf. MAZZI, Corografia, p. 372). Non persuade del tutto l'identificazione di Terrentixi con Terno d'Isola (cf. MORONI-STAMPA cit., nota 19), poiché la lezione attestata nel documento qui edito non trova riscontri nella pur variegata storia documentaria del toponimo fra VIII e XII secolo (cf. MAZZI cit., p. 429).
3. Del successivo elenco di località, tutte o quasi (qualche dubbio sussiste per Sparoaria) sulla destra del Po, individuate da oriente a occidente tra il territorio di Voghera e quello di Bassignana (cf. SETTIA, Monferrato, p. 66, nota 53), sono riconducibili ad agglomerati tuttora esistenti: Viqueria = Voghera, Pinioli = cascina Pignolo, nel territorio di Voghera a sud-est della città, Sale Roderadi = Sale: CAVANNA, Fara, sala arimannia, pp. 480 ss.; SETTIA, Monferrato, p. 66, nota 53) e Baseniana Grassa = Bassignana. La scelta di accreditare a Baseniana l'appellativo Grassa, invece di considerare quest'ultimo come indicatore di un sito autonomo (così MORONI STAMPA, Codex Helvetiae, n. 43, note 30 e 31), trova conforto nella menzione di una Vassinaria Grassa, quasi certamente da identificare con la nostra, in un breve nonantolano pervenutoci in copia della fine del sec. XII (Cf. TIRABOSCHI, Storia e Codice Diplomatico di Nonantola, p. 129). L'aggettivo era probabilmente usato per distinguere la località da altra omonima, situata in Val di Lemme (cf. SETTIA, Monferrato, p. 66, nota 53). Casale Vigari, pure menzionato nel breve di Nonantola, è località scomparsa, già collocata sulla sponda destra del Po, in prossimità dell'odierna Pinarolo (SETTIA, Il distretto pavese, nota 48). Non rimane traccia del toponimo Morenise nella documentazione superstite dell'area oltrepadana; il MANFREDI, Storia di Voghera, p. 83, lo segnala in territorio vogherese, nei contorni di Medassino: l'indicazione del valoroso storico locale trova conferma nell'inserimento del toponimo tra Pignolo (Voghera) e Fanigasi. Il sito ubi dicitur Fanigassium, pure scomparso, era in terratorio Viquerie et plebatu dicte plebis (doc. 1282 marzo 20, Voghera, in ACV, pergg., n. 9; ediz. LEGE', Le carte della cattedrale di Voghera, n. 10, p. 339). In tale luogo, che la storiografia vogherese colloca nella zona settentrionale della città, fuori porta Pareto (cf. MANFREDI, Storia di Voghera, p. 83), sorgeva la ecclesia Sancte Marie de Fanigaxio: cf. ad esempio, estimo del 1273, ACV, Registro A, (TALLONE, Le carte dell'archivio comunale di Voghera, n. 117, p. 243). Tutto lascia credere che Bibianum vada identificato con il toponimo omonimo anticamente attestato nel tortonese, nei pressi di Viguzzolo e della cascina Bedolla (Casalnoceto), (cf. LEGE'-GABOTTO, Documenti degli archivi tortonesi, n. 54, p. 95: doc. 1218 settembre 16, Tortona). Sparoaria è senza dubbio l'antica pieve della diocesi tortonese dedicata a S. Marziano, già situata nei pressi di Cambio (Gambarana), non sappiamo se sulla sponda destra o sinistra del Po che la distrusse in epoca moderna (cf. SETTIA, Monferrato, p. 66, note 53 e 55). La collocazione di Berterassi va individuata nella zona di Bassignana come suggeriscono i toponimi ad essa accostati qui ed in altri documenti (cf. ad esempio, SCHIAPARELLI, I diplomi di Lodovico III e di Rodolfo II, n. 4, p. 105, doc. 924 agosto 18, Pavia; cf. SETTIA, Monferrato, p. 66). Non abbiamo trovato alcuna ragione atta a corroborare la sua collocazione presso Voghera (cf. SERRA, Continuità nel medioevo, p. 177).
4. Alla sponda occidentale del lago maggiore, intorno a Stresa, rinviano i toponimi successivi: Isola Madre (castro insula que nominatur Maiore, cf. DE VIT, Il lago Maggiore, vol I, parte I, pp. 217-223 e ANDENNA, Per un censimento dei castelli, p. 315), Stresa, Baveno, Carciano (frazione di Stresa), Lesa (cf. ANDENNA cit., p. 315) Segue da ultimo il toponimo Leocarni che la storiografia più recente identifica senz'altro con la Locarno svizzera. Tuttavia le riserve a suo tempo avanzate da DE VIT a proposito di tale identificazione, anche se rigettate da SERGI, Declino del potere, p. 480, nota 146, trovano qualche conforto nello sviluppo formulare del testo che, pur nella sua tortuosità, sembra attestare una concomitanza territoriale tra Lexa Leocarni, rispettivamente qualificati come castrum e curtis. Se così fosse dovremmo per forza di cose supporre l'esistenza di una località omonima, ora scomparsa, già situata nei pressi del castrum di Lesa. Le incertezze che comunque permangono mi hanno persuaso a riportare il nome nel regesto con il carattere spaziato.
5. L'identificazione delle tre chiese, dedicate al Salvatore, a S. Maria e S. Romano, è problema tutt'altro che semplice: neppure sfiorato da HUDSON nel suo pur ampio saggio sulle chiese pavesi di fondazione longobarda e franca, fornisce elementi nuovi riguardanti gli edifici religiosi della Pavia altomedievale. L'unico dato topico fornitoci dal testo che ci permetta di localizzare con una certa approssimazione le chiese ed i beni menzionati è il riferimento al monasterium Bernardi: tale istituzione, fondata nel 976 dal conte Bernardo e dalla moglie Rolinda, conosciuta in seguito con il nome di chiesa di S. Trinità, (cf. CAPSONI, Notizie riguardanti Pavia, pp. 336-337; ROBOLINI, Notizie, II, p. 243 ss.), era situata a pochi metri di distanza dal luogo ove sorgeva S. Felice. Le tre chiese sembrerebbero dunque essere state ubicate nelle vicinanze del monastero, e ricollegabili ad esso, o forse da esso dipendenti, come attesterebbe la documentazione successiva (docc. nn. 3, 5, 6), per ragioni di contiguità. La prima chiesa menzionata dal testo, quella dedicata al Salvatore, pone un problema più complesso rispetto alle due successive, poiché la sua intitolazione la rende potenzialmente passibile di identificazione con lo stesso monastero di S. Felice, anticamente chiamato anche di S. Salvatore. Opicino de Canistris cita infatti, oltre a S. Felice, due edifici intitolati al Salvatore, ma nessuno di essi corrisponde alla chiesa menzionata dal documento: il monastero di S. Salvatore fuori le mura, fondato da re Ariperto nel VII secolo, proprio per il fatto di essere situato fuori dalla città non può essere preso in considerazione ai fini dell'indagine; la chiesa di S. Salvatore que dicitur Lianum è attestata solamente a partire dal XIII secolo (cf. GIANANI, Opicino de Canistris, p. 168). Tuttavia l'identificazione con S. Felice, anche se dal testo di Opicino non emergono altre alternative valide, è alquanto improbabile per due ragioni: innanzitutto perché i documenti parlano di una ecclesia/capella dedicata al Salvatore, e mai di un monasterium; in secondo luogo perché nei diplomi successivi (cf. docc. poco sopra cit.) questa chiesa/cappella è menzionata in qualità di dipendenza di S. Felice. Mi sembra invece più realistico ipotizzare l'esistenza di una cappella di S. Salvatore, mai citata da altre fonti, sita probabilmente nelle vicinanze del monastero e forse da esso dipendente. Per quanto riguarda la chiesa di S. Romano, Opicino de Canistris ricorda l'esistenza di due istituzioni pavesi così denominate (cf. GIANANI, Opicino de Canistris, pp. 167, 170): S. Romano Maggiore, situata nelle vicinanze dell'attuale corso Mazzini, e pertanto lontano dalla zona del monasterium Bernardi, e S. Romano Minore, di ubicazione incerta. Nell'individuazione di quest'ultimo ci soccorrono però le informazioni del PESSANI, Dei palazzi, p. 159, che collocano l'ente in porta Marenga, e per conseguenza non molto lontano da S. Felice. L'identificazione della chiesa in onore s. Romani con S. Romano Minore sembra dunque la più plausibile, anche se sono d'obbligo alcune riserve: il documento infatti localizza le tre chiese e gli altri beni pavesi tam ad locus ubi monasterio Bernardi dicitur quamque reliquas locas intra anc urbem, non permettendo di inferire con sicurezza quali edifici si trovassero effettivamente presso il monasterium Bernardi e quali invece in altri luoghi. Infine, a proposito dell'ultima chiesa, quella dedicata a s. Maria, i dati forniti dalle fonti documentarie sembrerebbero avallare un'identificazione con lo xenodochio di S. Maria Britonum: due diplomi attestano infatti la contiguità di tale xenodochio rispetto a S. Felice, nonché l'originaria, comune dipendenza dei due enti dal S. Salvatore di Brescia (diploma di Desiderio del 760 ottobre 4, in BRÜHL, CDL, vol. III, 1, n. 33, p.208; diploma di Ludovico II dell'868 aprile 28, in BENASSI, CDP, n. X, p.120.).
6. Alla sponda orientale del Lago Maggiore conduce la curtis de Stazona, sicuramente identificabile con Angera (cf. DE VIT, Il lago Maggiore, pp. 112 ss., 215, 332; BOGNETTI, S. Maria di Castelseprio, p. 396, nota 140; SERGI, Declino del potere marchionale, pp. 479-482). La località, capoluogo dell'omonimo contado, non esiste più in quanto tale, essendo stata distrutta da un terremoto nel 1117 (GABOTTO, Per la storia del novarese, p. 7). L'accostamento, proposto da MORONI-STAMPA cit., nota 7, tra Cistellum e l'attuale Cittiglio, poco distante da Angera, trova conforto nelle varianti con le quali il toponimo risulta tradito nella documentazione posteriore. Dunque un Ulricus ambaxator comunis Mediolani, in due documenti del 1246 aprile 24 e 1246 aprile 28 è attestato rispettivamente come Ulricus de Cistello e come Ulricus de Citilio, (cf. BARONI, Gli atti, docc. n. 472, p. 6949 e n. 473, p. 6951). Ragioni geografiche sembrano escludere l'accostamento di Panianum a centri in provincia di Como: Pagnano, frazione di Merate, e Pagnano, frazione di Asso. Ha forse ragione il MORONI STAMPA cit., nota 8, nel supporre che si tratti di località scomparsa, sita nei pressi di Angera e di Cittiglio.
Le varianti del MORONI STAMPA sono indicate con la sigla MS.
(SN) In nomine domini dei et salvatoris nostri Iesu Christi. Tercius Otto (1), gr(ati)a Dei imperator augustus, anno imperii eius Deo propicio secundo, quinto decimo die mens(is) genuarii, indic(ione) undecima.
Constad me Liutefredus, ep(iscopu)s sancte Terdonens(is) Ecclesie, qui professo sum ex nacione mea legem vivere Langobardorum, accepisem, sicuti et in presencia testium accepi, ad te domnus Otto dux, filius (a) bone memorie Cononi, argentum den(arios) bonos libras trecenti finitum precium pro medietatem de duas porciones de corte una domuicoltile que nominatur Coronate et de castro uno inibi abente et de ecclesia infra ipso castro constructa in onore sancti Georgii, seu et medietatem de duas porciones de casis et omnibus rebus illis seu capellis, servis et ancillis, aldiones et aldianas ad ipsam (b) cortem et ad eadem ecclesia pertinentibus; seu et medietatem de duas porciones de castrum qui nominatur Rauca item Coronate que est iusta fluvio Adua, et de casis et rebus seu capellis, servis et ancillis, aldiones et aldianas ibidem abitantibus vel exinde pertinentibus, quibus esse videntur ipsis casis et rebus ad ipso castro et ad predicta ecclesia Coronate seu ad iam dicto castro qui dicitur Rauca item Coronate pertinentibus tam in (c) ipsis locis et fundis Coronate et in Coronate seu in Valle, Summovico, Mezanuga, Villa Bulgari, Colonaco, Sebiate, Paseriano, Verderio, Belussclo, Saliinputeo, Trecio, Concisa, Ambreciaco, Ambeciaco, Bugenaco, Bosonaco; [seu][et] medietatem de duas porciones de casis et rebus territoriis illis, quibus esse videntur in locis et fundis Curunassco ubi dicitur ******** (d), Cocorecio(e), Terrentixi, Bulgaro, Quintano, atque et medietatem de duas porciones de casis et rebus territoriis illis cum servis et anc[illis], aldiones et aldianas seu capellis inibi abitantibus vel exinde pertinentibus, quibus esse videntur in locis et fundis Casale Vigari, Viqueria, Pinioli, Morenise, Fanigasi, Sale Roderadi, Bibiano, Sparoaria, Baseniana Grassa, Berterassi; verum eciam medietatem de duas porciones de casis et rebus illis et de ser[v]is et ancillis, aldiones et aldianas seu capellis inibi abitantibus vel exinde pertinentibus, quibus esse videntur in loco et fundo ubi dicitur Castro insola que nominatur Maiore, infra lacum Maiore, et de casis et rebus territoriis illis, servis et ancillis, aldiones [et][aldi]anas inibi abitantibus et exinde pertinentibus, quibus esse videntur in vicis et fundis Strixia, Bavena, Cariciano, et de castrum inibi constructum que (f) clamatur Lexa, Leocarni cum domuicoltilem, seu de casis et masariciis et omnibus rebus sive capellis, servis et ancillis, aldiones et aldianas per singolis locis ad ipsa corte et castro pertinentibus, omnia ipsa medietas de ipsas duas porciones inintegrum; seu et medietatem de duas porciones de casas illas cum areas suarum et de ecclesias tres cum areas suarum, una in onore domini Salvatoris, alia in onore sancte Dei genetricis virginis Marie, tercia in onore sancti Romani, et de curtes et ortoras seu puteis inibi abentibus quibus esse videntur intra anc Ticinense civitate tam ad locus ubi mon(ast)erio Bernardi dicitur quamque reliquas locas intra anc urbem; atque medietatem de duas porciones de corte una in loco et fundo Stazona et de alia corte in loco et fundo Cistelli, seu de castris et capellis sive de casis et rebus, servis et ancillis, aldiones et aldianas in eodem loco et fundo Paniano atque de predictis rebus per singolis locis sive casis, sediminibus seu (g) servis et ancillis inibi abitantibus et exinde pertinentibus et de castellis et eccl(esi)is seu capellis, sediminibus, ortis, pummiferis, clausuris, pratis, pascuis, gerbis, silvis, castaneis, stallareis, montibus, vallibus, alpibus et planiciebus, ripis, rupinis, pistregis, molandinis episcacionibus (h) in concilibis locis, que fuer(unt) iure et (i) proprietatem quondam Betani que fuit genetris mea, nominative ipsa medietate ex ipsas duas porciones de s(upra)s(crip)tas cortes et ecclesias seu capellas atque de casis et masariciis universisque rebus seu servis et ancillis, aldiones et aldianas inibi abitantibus et exinde (j) pertinentibus, umde inter me quem supra Liutefredus ep(iscop)us et Richardus seu Vualderada iugalibus intencio fuit et ipsa intencio difinita fuit per pugna inter meus avocatus et predictus Richardus, presencia predicto dom(n)i Ottoni imperatori in palacio uius Ticinens(is), omnia ipsa medietas inintegrum. Que autem s(upra)s(crip)ta(m) medietat[em] de iamdictas (k) duas porciones easdem cortes, ecclesias seu capellas atque casis, masariciis universisque rebus super (l) nominatis una cum accessionibus et ingressoras earum seu cum superioribus et inferioribus earum rerum qualiter super co(m)preensis legitur, una cum ipsa medietatem ex ipsas duas porciones de ipsis famil[ii]s inintegrum ab ac die tibi cui supra, dom(n)i Ottoni duci, pro s(upra)s(crip)to argento vendo, trado et mancipo, nulli alii (m) venditis, donatis, alienatis, opnu(n)siatis vel traditis nixi tibi, et facias exinde a presemti die, tu et eredibus tuis aut cui vos dederitis, iure proprietario nomine, quidqui (n) volueritis sine omni mea et eredum meorum contradic(ione). Quidem et spondeo atque promitto me ego qui supra Liutefredus ep(iscopu)s una cum meos eredes tibi cui supra Ottoni duci tuisque eredibus, aut cui vos dederitis, s(upra)s(crip)tam (o) medietatem (p) de iamdictas cortes et castris seu ecclesias et capellas atque casis et masariciis et omnibus rebus seu servis et ancillis, aldiones et aldianas in ipsis abitantibus vel exinde pertinentibus, qualiter super co(m)preensis decernitur inintegrum, ab omni omine sint defensatis, quit si defendere non potuerimus aut si vobis exinde aliquit per covis genium subtraere quexierimus, tunc in dublum (q) s(upra)s(crip)ta vendita vobis restituamus sicut pro te(m)pore fuerint melioratis aut valuerint (r) sub estimacione ipsam medietatem de ipsis rebus in consimilibus locis cum predictis familiis et pro onore episcopati mei, nec m(ih)i licead ullo te(m)pore nolle quod volui set quod a me semel factum vel conscriptum est inviolabiliter conservare promitto cum stipulacione subnix[a] et nihil m(ih)i ex ipsum precium aliquit redeberis disi.
Actum civit(at)e Ticinum feliciter.
Liutefredus Dei gr(aci)a ep(iscopu)s in ac car(ta)(s) vendicionis a me facta s(ub)s(crips)i et s(upra)s(crip)to precio accepi.
Gerolimus iudex sacri palacii rog(atu)s s(ub)s(crip)si.
Vualta[ri](t) iudex dom(n)i inperatoris rogatus s(ub)s(crips)i.
Andreas iudex sacri palacii interfui et rogatus s(ub)s(crips)i.
Ebbo iudex dom(n)i imperatoris (u) rogatus s(ub)s(crips)i.
Lanfrancus iudex sacri palacii rogatus s(ub)s(crips)i.
Ego Tado notarius et iudex dom(n)i imperatoris [[........]][anc] car(tam) vendicionis post tradita conplevi et dedi (v).
(a) MS fil(io).
(b) ipsa(m) corr. su tale(m).
(c) in nel sopralineo.
(d) Nello spazio bianco si intravvedono tracce di scrittura erasa.
(e) Cocorecio depennato da mano posteriore.
(f) MS q(ui).
(g) seu nell'interlineo.
(h) MS e piscacionibus.
(i) et nel sopralineo.
(j) -i- corr. su altra lettera.
(k) ia(m)dictas nell'interlineo.
(l) MS sup(erius) qui e nel caso seguente.
(m) -i corr. su a.
(n) Così.
(o) MS s(upra)s(crip)ta.
(p) Primo gambo della seconda t corr. su l parzialm. erasa.
(q) -b- nel sopralineo.
(r) -t nel sopralineo.
(s) MS car(tula) qui e nel caso seguente.
(t) MS Vualto.
(u) -m- corr. da n.
(v) Seguono note tachigrafiche per Ta-do no-ta-(rius).
(1) Ottone III di Sassonia (983-1002).
Edizione a cura di
Marina Milani
Codifica a cura di
Andrea Bedina