Madonna col Bambino
Boltraffio, Giovanni Antonio
Descrizione
Denominazione: Madonna con Bambino
Autore: Boltraffio, Giovanni Antonio (1467-1516)
Cronologia: ca. 1495
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: tavola / pittura a tempera
Misure: 36.5 x 45.5
Descrizione: Dipinto ad olio su tavola, raffigurante la Madonna con veste in broccato e manto blu che tiene in braccio il Bambino proteso verso una rosa rossa, simbolo della Passione di Cristo. Il gelsomino è simbolo mariano.
Notizie storico-critiche: Già nella galleria del duca Litta, dove è menzionata da O. Amoretti nel 1804 (p. 157: è detta "della prima maniera di Lionardo", questa celebre tavola di Giovanni Antonio Boltraffio fu acquistata da Gian Giacomo Poldi Pezzoli verosimilmente prima del 1855, anno in cui è registrata in Der Cicerone di J. Burckhardt ([1855],1925, p. 720). Essa è dipinta su di un unico pannello levigato sul dorso che mostra, lungo il bordo superiore, la traccia originaria di battuta della cornice. Sostanzialmente in buono stato di conservazione, il dipinto fu restaurato da G. Molteni in data imprecisata tra il 1853 e il 1865 (Archivio del Museo Poldi Pezzoli, faldone 35: Elenco e rispettivo prezzo dei restauri eseguiti da G. Molteni...) e in tempi più recenti da M. Pellicioli (1951: vedi Russoli, 1955, pp. 126-127) che procedette ad unÂ'accurata pulitura rimuovendo parte delle integrazioni pittoriche che velavano (come è testimoniato da una vecchia fotografia Anderson, n. 11151) lo splendido lapislazzulo con cui fu dipinto il manto della Vergine, in basso a sinistra. LÂ'opera è stata eseguita con una tecnica accuratissima, ben percettibile negli straordinari effetti luminosi e di trasparenza del broccato dellÂ'abito della Madonna, dove il disegno decorativo a fiorami si sovrappone alle lumeggiature ad oro. Nel registro calibratissimo dei colori, particolare risalto assumono i petali bianchi dei gelsomini che la Vergine coglie da un vaso e la rosa rossa verso cui si protende il Bambino. Non è improbabile che i fiori alludano a un significato simbolico: il gelsomino è infatti uno specifico attributo mariano (Levi DÂ'Ancona, 1977, p. 195) mentre le rose sono sovente associate alla Passione di Cristo (Levi DÂ'Ancona, 1977, pp. 339-340). lI valore premonitore dellÂ'immagine trova dÂ'altra parte riscontro nel volto mesto della Madonna e nella singolare contrapposizione delle due figure, disposte nello spazio secondo piani perpendicolari. Senza eccezioni gli studiosi hanno riconosciuto in questo capolavoro della pittura leonardesca lombarda una tipica produzione di Boltraffio eseguita durante il periodo di discepolato nella bottega del maestro (dal 1491: vedi Cogliati Arano, 1969, p. 361). Come è stato osservato da B. Berenson (1938, pp. 112-113, nn. 1024,1027), il dipinto elabora un progetto leonardesco per una Madonna del gatto noto tramite vari disegni preparatori databili intorno al 1478: tra di essi, un foglio conservato al British Museum a Londra (n. inv. 1860-6-16-98) riproduce una figura di bambino che stringe un piccolo animale in una posa che offre qualche analogia con questa, dove ancora sono percettibili, nellÂ'articolazione della composizione e nella modulazione dei profili, alcune cadenze verrocchiesche. A. Venturi (VII/4, 1915, p. 1033) aveva inoltre notato che il motivo della madre che trattiene il figlio con un lembo di stoffa stretto attorno ai fianchi compare anche ne lÂ'Adorazione dei Magi della Galleria degli Uffizi a Firenze, databile intorno al 1480-1481 (n. inv. 1594). La ripresa dei temi leonardeschi antichi non è un fatto isolato nella produzione di Boltraffio: essa affiora nella composizione, simile a questa, della Madonna con il Bambino del Szèpmüvèszeti Muzeum di Budapest (n. inv. 715) che i critici concordano nel ritenere contemporanea alla tavola del Poldi Pezzoli. Per entrambe è
stato dÂ'altronde supposto da W. Suida (1929, pp. 188-189) un intervento diretto del maestro che nella Madonna milanese sarebbe soprattutto ravvisabile nellÂ'esecuzione dei tessuti: ipotesi degna di
considerazione ma di difficile verifica, che è stata recentemente ripresa da F. Mazzini (VIII, 1957, pp. 580-581). Dal punto di vista dello stile, il dipinto precede la pala eseguita da Boltraffio per la cappella della famiglia Casio nella chiesa della Misericordia di Bologna, oggi al Museo del Louvre (1500; n. inv. 103). LÂ'incidenza della luce e la tipica cadenza della composizione, in cui le figure non sono presentate frontalmente ma di scorcio, fanno ritenere che esso sia contemporaneo al Ritratto di Gerolamo Casio della Pinacoteca di Brera, e che come quello vada datato intorno al 1495. (Natale, 1982)
Collezione: Collezioni d'arte del Museo Poldi Pezzoli
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
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