492. La Lucciola
Sottotitolo | Gazzettino del contado poi Gazzettino di provincia poi nessuno, poi Gazzettino del contado e di cose scientifiche e letterarie. |
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Luogo | Mantova. |
Durata | 16 aprile 1855 (a. I, n. 1) - 1857 (a. III, s. II, vol. I). |
Periodicità | Settimanale poi mensile. |
Direttore | Luigi Boldrini (redattore responsabile) poi codirettore Paride Suzzara-Verdi poi Paride Suzzara-Verdi. |
Stampatore | Mantova, Tipografia Negretti poi Tipografia Ditta Giovanni Agazzi. |
Pagine | 8 poi 4. |
Formato | [microfilm] |
Nata su iniziativa di Luigi Boldrini, agiato proprietario terriero mantovano e studioso di scienze naturali, nonché ammiratore di Carlo Cattaneo, la «Lucciola» vuole essere fin dal suo apparire "un centro di convergenza" per quelle valide forze sociali ed economiche che egli ritiene già esistano nel territorio ma che gli appaiono "latenti" e "dissociate", al fine di divenire "un modo di manifestazione ai varj fatti sui quali si informa la speciale fisionomia della provincia nostra, prendendo avviamento e colore dalle cose agricole, che sono di essa elemento sostanziale e primitivo" (Introduzione, 16 aprile 1855).
Riconosciuto come organo ufficiale della Camera di commercio e dell'industria della provincia di Mantova e inviato gratuitamente a medici, chirurgi e coltivatori della zona, il «Gazzettino» ricerca inizialmente un filo diretto con le deputazioni comunali e con gli altri enti locali affinché facciano pervenire alla redazione tutti i loro atti, avvisi e bandi di concorso. Di fatto, però, il foglio travalica gli angusti limiti di un bollettino ufficiale, offrendo subito le sue pagine a una vasta gamma di argomenti e interventi, "chiamando in soccorso i lumi di quanti e solerti agricoltori conta il nostro paese, e caldamente esortandoli anzi a volerci fornire in qualunque tempo, e sotto qualunque forma dei frutti delle loro quotidiane esperienze". Fra i suoi intenti pone inoltre un'attenzione particolare "a quella classe povera e laboriosa" dei campi, alla quale il direttore promette di volgersi con i suoi collaboratori "naturalmente amorevoli".
Se da un lato, dunque, trovano spazio fisso una rassegna bibliografica di opere italiane e straniere sull'agricoltura, articoli sul sistema irrigatorio, "gli strumenti, le costruzioni, e tutto quanto può cadere nel dominio della tecnologia agricola", saggi sulla zootecnia e ciò "che si collega alle industrie, alle utili invenzioni e scoperte, alla sanità, ai negozi e ai traffici" e un bollettino commerciale comprendente "i prezzi correnti delle derrate sui mercati di Mantova, e i corsi degli effetti pubblici sulle Piazze principali d'Europa", dall'altro non mancano "trattatelli" riservati alla morale, all'igiene, all'alimentazione, ai salari, all'istruzione e idealmente rivolti al ceto contadino perché comprenda che "il lavoro non è condanna che pesi su di una stirpe diseredata, ma anello di congiunzione fra due termini che non si escludono, purché non si osteggino".
Lo spirito filantropico della rivista è ribadito in più sedi: "smettiamo quel mal vezzo che domina pur troppo nel nostro contado, di maledire alla classe dei poveri villani [...] provvediamo ai loro bisogni, ed essi avranno rispetto alle nostre proprietà" (Istruzione nelle campagne, 30 aprile 1855); "Bisogna che le orgogliose prevenzioni - onerosi legati del passato - che gravitano sul contadino si dileguino alla luce di più equi costumi e di sentimenti più sublimi" (I contadini, 1° gennaio 1856); e si veda con quale fermezza Fermo Bellini chiedeva l'abolizione nelle campagne dei privilegi di origine feudale (La decima e l'agricoltura nella traspadana, 15 maggio 1857). Tale disposizione non verrà mai meno nelle colonne del giornale: nell'autunno del 1855 eccolo bandire una colletta per le vittime del colera e pubblicare in più elenchi i nomi dei sottoscrittori, mentre nell'ultimo numero pubblica un servizio di Giovanni Arrivabene sulle indicazioni giunte da Bruxelles per migliorare le condizioni materiali delle classi lavoratrici (Congresso di beneficenza, 15 maggio 1857). Ma questo atteggiamento risponde all'interesse dei proprietari terrieri, promotori e destinatari del giornale, di evitare che si creino nelle campagne diffusi malumori e tensioni sociali fino all'esplodere di violente agitazioni, com'era avvenuto in anni troppo recenti per essere già dimenticati.
Accanto agli statuti delle società di mutuo soccorso, ai testi delle sentenze processuali raccolti nella rubrica "Dibattimenti penali" e alla modulistica per registrare produzione e bilanci, fra le materie puntualmente trattate vi sono pure le belle arti, la letteratura, il teatro, l'archeologia e la storia. Ma è nelle materie economiche e sociali, le quali costituiscono la vera sostanza del giornale, che risalta l'attenzione ai fatti, il pragmatismo preferito dalla direzione ai dotti e vuoti contributi accademici: "Formandoci una chiara idea dei fatti quali realmente sono [...] noi verremo ad incorrere più difficilmente in quegli abusi dottrinareschi, in quel fallace argomento tanto più fatale, quanto meglio condito, che sempre ha radice in osservazioni incompiute, in un concetto vago ed approssimativo della realtà" (Aspetto generale della provincia di Mantova, 28 maggio 1855).
Competente e variegato lo staff di collaboratori che Boldrini raccoglie intorno a sé: Carlo e Luigi D'Arco si occupano rispettivamente di lettere e scienze naturali, il conte Arrivabene e Raffaello Lambruschini di ogni tema concernente l'agricoltura e la pastorizia, Viviano Guastalla di recensioni letterarie e scienze economiche e civili e penali, Bellini di tematiche sociali e veterinaria, Cesare Potellini di igiene e medicina; particolarmente eclettico è il contributo di letterati quali Paride Suzzara-Verdi e Ippolito Nievo.
Del primo è da segnalare un lungo saggio di impronta vichiana Del progresso - Bozze di dottrina civile, uscito in dodici puntate tra il giugno del '56 e l'aprile successivo. Quanto a Nievo, ebbe proprio alla «Lucciola» uno dei periodi più fecondi della sua breve ma intensa carriera giornalistica: l'autore delle "Confessioni d'un Italiano" arricchisce le pagine del settimanale di alcune delle sue novelle campagnuole e di recensioni bibliografiche per la rubrica "Libri nuovi", ma soprattutto affronta in talune occasioni temi di carattere giuridico e sociale da un punto di osservazione tanto competente - Nievo era laureato in legge e la sua famiglia possedeva tenute agricole proprio nel mantovano - quanto avanzato.
Nella serie di puntate dedicate ai furti campestri, Nievo esamina compiutamente le cause e i rimedi in relazione a questa "piaga funesta", le ruberie di prodotti agricoli compiute impunemente da contadini senza scrupoli a danno dei possidenti e degli altri coltivatori del suolo (I furti campestri, 11 e 18 novembre, 16 e 23 dicembre 1856, 13 e 20 gennaio 1857). Favoriscono i ladri la natura stessa dei prodotti oggetto del saccheggio, facili da nascondere fra quelli di lecita provenienza e per di più deperibili; la paura delle vittime di denunciare i colpevoli ed esporsi così a facili vendette; l'inefficienza di istituzioni arretrate quali le guardie campestri; la pratica dell'espulsione di "incomodi parassiti" da parte dei comuni a tutto svantaggio delle comunità limitrofe; e l'inefficacia dei processi in caso di cattura del reo, a causa dell'impossibilità di raccogliere prove convincenti. Per ovviare a questi problemi l'autore dell'inchiesta suggerisce una "rifusione sociale", un rimborso collettivo dei danni subiti dai coltivatori, da liquidare ad esempio tramite una società di assicurazioni; un potenziamento delle guardie campestri, che nella loro opera di repressione dei furti andrebbero incentivate con la prospettiva di una percentuale sulle pene pecuniarie inflitte ai ladri; "nuovi e più restrittivi" provvedimenti di polizia; e una radicale riforma del processo penale a carico degli imputati di furto. Irremovibile nel considerare la proprietà privata come un diritto, Nievo in conclusione polemizza con i garantisti, la cui morale "troppo larga ed elastica [...] apre uno sbocco ad ogni sozzura", e auspica "in via eccezionale" l'introduzione di un' "inquisizione sommaria, dove la teoria degli indizj e in generale le forme concedano qualche cosa alla comune convinzione dei giudici".
Con il secondo anno di pubblicazione la «Lucciola» cambia sia la grafica della testata che il formato e annuncia ai lettori l'aggiunta, "quanto prima" di una "rassegna di notizie politiche" (Il nuovo anno, 15 aprile 1856). Tale rubrica, però, concepita da Boldrini allo scopo di "tenere in porto gli associati" e nell'intento di far assumere cadenza bisettimanale al giornale, non vedrà mai la luce. Intanto il «Gazzettino» imbocca una lenta parabola discendente. Boldrini si farà in seguito affiancare alla direzione da Suzzara-Verdi, il quale rimarrà unico responsabile della testata nel tentativo di trasformarla da settimanale a mensile. Il giornale chiude improvvisamente all'inizio del suo terzo anno di vita. Ignote le cause; nessuna ammonizione o altro provvedimento delle autorità austriache aveva intralciato l'attività della redazione: è da pensare piuttosto a una crescente disaffezione del pubblico o al sorgere di problemi tanto imprevisti quanto insormontabili, magari di natura economica.
A. Ac.
Raccolte: MI120: 1855-1857.
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/pereco/schede/492/