Chiesa di S. Stefano di Bizzozero
Varese (VA)
Indirizzo: Via Porto Rose - Bizzozero, Varese (VA)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: Da sempre discosto dal nucleo abitato, sorse forse come tempio pagano dedicato appunto al dio Silvano. L¿odierno edificio che, anche se con numerose significative modifiche, risale all¿ XI secolo e presenta una pianta rettangolare con abside di foggia romanica. Il campanile invece è del X secolo, e affiancava dunque la costruzione precedente.
Epoca di costruzione: fine sec. X - sec. XI
Descrizione
La chiesa, nel cimitero di Bizzozero a sud di Varese, è un semplice edificio ad aula unica absidata con copertura lignea. Sul fianco sud sono due monofore allungate a strombo appena accennato e una porta, caratterizzata da un archivolto complesso a tripla ghiera e bardellone laterizio. Il settore di facciata, preceduto da un portico, è quasi completamente di ripristino. L'abside è decorata da una frangia continua ad archetti pensili di andamento irregolare e ha tre finestre, la centrale e la nord ancora di tipo romanico, a doppio strombo. Il fianco nord è privo di aperture e vi si innesta, nei pressi dell'abside la torre campanaria, decorata su ogni lato, al di sopra di un alto zoccolo liscio, con due lunghe e strette arcate cieche affiancate, che inquadrano piccole monofore. Il motivo decorativo si sviluppava in origine su più registri ma risulta ora interrotto dalla cella campanaria moderna.
Il motivo decorativo ad arcate cieche è tipico di un gruppo di campanili protoromanici del territorio varesotto come quelli di S. Cassiano di Velate (il più bello e forse il più antico), Ss. Nazario e Celso di Comerio, S. Maria Maddalena a Capronno, S. Pietro di Cardano al Campo. Lo stesso tipo di decorazione caratterizzava, fuori dal Varesotto, il campanile di prima fase della S. Giustina di Sezzadio, e si ritrova a Bobbio,
nel campanile di S. Colombano, nel Novarese ai Ss. Pietro e Paolo di Trobaso, e in area alpina occidentale nel Saint-Jaqueme di Aosta e a Clans (alpi provenzali).
Per Bizzozero spiace non poter disporre di precisi dati di scavo sulla piccola cappella absidata rinvenuta, all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso, sotto il pavimento della chiesa attuale, per valutare la possibilità di una sua maggiore coerenza, architettonica e quindi cronologica, con la torre campanaria.
Frutto di una committenza importante, che potrebbe identificarsi con quella della famiglia capitaneale da Bizzozero-da Cittiglio, era, insieme alla chiesa, la sua decorazione pittorica, di cui sopravvivono piccoli brani nei risvolti angolari dell'abside (a sinistra una figura coronata in trono, a destra una santa) e soprattutto l'altare a blocco, dipinto sui lati con due santi seduti (a destra un vescovo, forse
S. Ambrogio, a sinistra un martire, presumibilmente S. Stefano). Per quanto limitati si tratta di testimoni di grande rilevanza della pittura romanica nel Seprio, a noi nota solo per frammenti, come quelli della cappella di S. Maria a Torba, del S. Michele di Gornate, di S. Maria in Monticello ad Arsago Serprio, dei più tardi affreschi della cappella di S. Giacomo a Jerago. Si riconosce la persistenza di moduli figurativi allungati di matrice ottoniana come per il S. Maurizio proveniente dalla S. Maria del Bosco di Cuveglio, ma per la costruzione cromatica dei volti sembra di poter vedere già echi della pittura del S. Pietro di Civate.
Notizie storiche
Non esistono dati documentari certi sulla costruzione del S. Stefano che appare fabbrica stratificata e di incerta determinazione cronologica.
Il S. Stefano aveva già richiamato l'attenzione di W. Arslan, che assegnava l'abside alla medesima fase costruttiva della torre, entro la fine del x secolo. Secondo
M. Magni, invece, l'abside starebbe ad attestare una fase successiva di alcuni decenni rispetto al campanile, dovendosi considerare la decorazione a frangia uno stilema non pertinente agli anni attorno al Mille. Stringente per la studiosa il raffronto con la piccola chiesa di S. Salvatore di Caltignaga, nel Novarese assegnata da P. Verzone all'ultimo quarto del secolo. Per una datazione agli ultimi anni del x secolo propendeva A. Finocchi, in virtù di alcuni indizi di arcaicità come la morfologia delle monofore meridionali, il cui profilo irregolare e fungato, e la sezione a spalle quasi dritte verso l'interno e dal lieve strombo verso l'esterno, avrebbero documentato una fase di passaggio verso la matura configurazione della monofora romanica a doppio strombo le cui prime risolte attestazioni si dispongono attorno al Mille. Dopo i restauri del 1975 Silvano Colombo ha riproposto l'idea di una contemporaneità, entro la fine del x secolo, tra aula e campanile, data anche, a suo dire, l'identità di muratura, ma ha suggerito di riconoscere nella frangia di archetti pensili un'aggiunta del "pieno secolo xi", a seguito di un evento traumatico che coinvolse l'abside primitiva. La copertura del catino approntata con materiale disomogeneo su un invaso di dimensioni considerevoli avrebbe causato la parziale rovina dell'abside, ritessuta "su una curva rettificata" con un aggiornamento stilistico nella veste decorativa, appunto l'archeggiatura continua, e nelle monofore riconfigurate secondo moduli formali avanzati. La decorazione a sequenza continua di archetti ha una ampia e duratura applicazione nel Varesotto: si pensi all'abside del S. Matteo di Malnate (1050-1075), alla coeva abside minore di Sesto Calende, a quelle più tarde dei Ss. Cosma e Damiano ad Arsago Seprio e di S. Michele a Voltorre. L'analisi del Colombo è sostanzialmente condivisibile. Va ribadita la piena uniformità tra la muratura dell'aula e quella dell'abside: muratura eterogenea ma abbastanza ordinata per corsi orizzontali, con prevalenza di ciottoli di piccole e medie dimensioni, e con brevi tratti a spina pesce. Un simile apparecchio murario è però da assegnare non già prima del Mille, bensì alla prima metà dell'xi secolo: S. Maria di Torba (v.), S. Imerio di Bosto, nel Varesotto, S. Vincenzo di Pombia, S. Marcello di Paruzzaro, S. Pietro di Marzalesco, S. Michele di Oleggio nel Novarese. L'incerta definizione delle finestre, confrontabili nel territorio con quelle del muro meridionale della navata centrale di Gemonio (v.), anche per le tracce residue di decorazione pittorica e per la resa ornamentale geometrica dell'intonaco tra le ghiere bardellonate dell'archivolto, non è in disaccordo con una datazione simile. Si può considerare valida l'idea di un rifacimento parziale dell'abside, nella seconda metà-fine dell'xi secolo, con aggiunta degli archetti pensili e rifacimento delle finestre, anche per via di un consistente inspessimento della spalla sinistra dell'abside visibile dall'interno. Non sembra così uguale a quella dell'aula la muratura, di più arcaica compattezza, del campanile, che anche per il brusco innesto nel perimetro della chiesa va giudicato anteriore di qualche decennio.
Per gli affreschi interni, ci si deve orientare verso una cronologia distinta da quella della chiesa e successiva al restauro dell'abside, dunque attorno al 1100 o poco dopo.
Uso attuale: intero bene: chiesa
Uso storico: intero bene: chiesa
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Credits
Compilazione: De Lorenzo, A. (1999)
Aggiornamento: Ribaudo, Robert (2013)
Descrizione e notizie storiche: Schiavi, Luigi Carlo
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1d010-00131/
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