Compreso in: Palazzo Besta - complesso, Teglio (SO)
Palazzo Besta - complesso
Teglio (SO)
Indirizzo: Via Besta, 4 - Teglio (SO)
Tipologia generale: architettura per la residenza, il terziario e i servizi
Tipologia specifica: palazzo
Configurazione strutturale: L'edificio ha tre piani fuori terra che si articolano intorno ad un cortile quadrato con due ordini di logge. La facciata principale fiancheggia la strada di accesso al paese. È divisa in due piani da un'alta fascia decorata a rombi. Le finestre di dimensioni variabili, sono sormontate da timpani triangolari, al centro dei quali sono dipinti tondi con profili di uomini illustri. Nelle lunette del sottogronda sono affrescati gli stemmi di alcune importanti famiglie telline. Si accede all'androne voltato da un ampio portale cinquecentesco in marmo bianco, non centrato, ma posto in prossimità dello spigolo meridionale. Il cortile quadrato è il vero cuore della casa. Una fascia decorata a grottesche e medaglioni che racchiudono i ritratti di personaggi abbigliati all'antica, in cui molti vogliono riconoscere i ritratti dei Besta, separa i primi due piani.Sul muro del secondo piano sono affrescate a monocromo storie dall'Eneide. Un ampio giardino chiuso da un muro lo circonda su tre lati.
Epoca di costruzione: 1490 - 1508
Autori: Perrone Luigi e Beltrami Luca, rifacimento
Comprende
- Palazzo Besta, Teglio (SO)
- Ala est di Palazzo Besta, Teglio (SO)
- Ali sud e est di Palazzo Besta, Teglio (SO)
Descrizione
Ha origini assai antiche la potente famiglia dei Besta, che a Teglio è ben documentata già nel XIII secolo. Della residenza di famiglia, però, i documenti non parlano mai: le indagini condotte sull'edificio hanno accertato che le parti più antiche della struttura risalgono al XIV secolo; a quel tempo, probabilmente, il palazzo era assai simile al tipo di residenze medievali che si usa definire mans, una via di mezzo tra la dimora fortificata e la villa rustica (Galletti, 1983). Una ricostruzione convincente dell'aspetto che il palazzo doveva avere nel Medioevo è comunque impossibile: troppo gravi, infatti, sono le alterazioni subite nel corso del tempo, a cui si sono aggiunte, poi, le altre introdotte dal restauro 'filologico' del Perrone, nel 1912.
Non sappiamo esattamente quando il palazzo assunse la forma attuale, che mostra chiari stilemi rinascimentali nella facciata, nettamente spartita, in orizzontale, da un fregio marcapiano; nel portale all'antica, con arco inscritto in una struttura formata da due paraste che sostengono la trabeazione e, nei capitelli delle doppie lesene, una serie di quattro medaglioni con profili di teste virili; e, infine, nel cortile quadrato, a due loggiati sovrapposti, di perfetta simmetria e regolarità, immaginato, evidentemente, come centro del palazzo. Non conosciamo neppure il nome dell'architetto: secondo Galletti (1983), apparteneva forse all'area culturale dei Rodari, per il vago sentore classicista di alcuni dettagli, particolarmente del portale.
È probabile che i lavori siano iniziati all'epoca di Azzo i Besta, attorno al 1490, quindi, ed entro il 1508, anno della morte di Azzo, e che si siano compiuti entro il secondo decennio del XVI secolo, quando reggeva la castellania di Teglio Andrea Guicciardi, che aveva sposato Ippolita degli Alberti, vedova di Azzo (Galletti, 1983).
L'inizio della campagna decorativa è da assegnare, probabilmente, agli anni di Azzo II, attorno al 1540 circa (Galletti, 1983). I cicli più antichi del palazzo sono certamente gli affreschi del cortile centrale, le Storie dell'Eneide dipinte a monocromo sull'intera parete del loggiato superiore, con un'insolita soluzione a fascia narrativa continua, priva di partiture architettoniche a separare i vari episodi; il fregio con motivi decorativi e medaglioni che racchiudono profili di personaggi maschili e femminili, posto a marcare la divisione tra il loggiato superiore e quello inferiore; e infine, le Storie dell'Orlando Furioso del salone d'onore, e le lunette a monocromo del registro superiore, dove è ripetuto il motivo dei medaglioni con busti e profili di personaggi vestiti all'antica o in abiti contemporanei.
Simonetta Coppa, per prima (1985), ha proposto di attribuire entrambi i cicli a Vincenzo de Barberis e alla sua bottega: è pittore bresciano d'origine, De Barberis, e forse d'educazione condotta tra Brescia e Milano; ma la parte meglio conosciuta della sua produzione è certo quella svolta in Valtellina, dove si trasferisce nel 1521, e dove resta fino alla morte, tra il 1550 e il 1551. La data proposta, verso il 1545, potrebbe trovare conferma in una osservazione di Birolli che ha riconosciuto la fonte iconografica di una scena del salone d'onore, Astolfo in viaggio verso la Luna, in una delle incisioni che illustravano l'edizione dell'Orlando Furioso pubblicata a Venezia nel 1542 dal tipografo Gabriel Giolito de' Ferrari.
La partecipazione della bottega di De Barberis è stata, probabilmente, assai ampia soprattutto nel ciclo delle storie ariostesche del salone, che rivelano qualche goffaggine d'esecuzione nelle prospettive incerte, e nelle figurette esili, quasi senza peso, che affollano le scene.
Ugualmente ampio dovette essere l'intervento di collaboratori dell'artista bresciano nei medaglioni delle lunette del salone d'onore.
La campagna decorativa del palazzo proseguì nei decenni successivi, per volontà di Carlo i Besta, figlio di Azzo II, intorno al 1580.
Notizie storiche
Posto all'ingresso dell'abitato, le prime notizie certe della presenza del palazzo risalgono al 1240.
La trasformazione del preesistente castello medievale in palazzo residenziale avvenne tra la fine del XIV sec. e il secondo decennio del XVI sec., sotto la castellania di Andrea Guicciardi, per desiderio di Azzo Besta, che impegna cospicui mezzi per un'opera di promozione sociale e che testimonia di un periodo particolarmente favorevole per il casato e per i commerci e per l'economia valtellinese.
L'apparato decorativo è invece databile alla metà del XV sec, per volontà del figlio Azzo II.
Altre decorazioni nei saloni al secondo piano sono eseguiti dal bresciano Arrigio Arrigoni per conto di Carlo I Besta nel 1580.
Del Seicento risultano le inferriate poste alle finestre.
Nel 1911 il palazzo venne acquistato dallo Stato italiano e si mise mano ad un primo ampio intervento di restauro protrattosi fino al 1927.
Per tutto il XX secolo si sono succeduti interventi di restauro sul palazzo in vista dell'apertura a museo.
Uso attuale: corpo principale: museo
Uso storico: cantine: cantina vinicola; corpo principale: difensivo; intero bene: abitazione gentilizia; intero bene: abitazione collettiva rurale
Condizione giuridica: proprietà Stato
Accessibilità: Aperto al pubblico. Per maggiori informazioni consultare il sito ufficiale: https://museilombardia.cultura.gov.it/musei/palazzo-besta/
Percorsi tematici:
Credits
Compilazione: Tonali, M.E. (2001)
Aggiornamento: Ribaudo, Robert (2009)
Descrizione e notizie storiche: Monaco, Tiziana; Ribaudo, Robert
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1n120-00087/
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