Chiesa dei Ss. Bartolomeo e Stefano
Bergamo (BG)
Indirizzo: Via Torquato Tasso (Nel centro abitato, distinguibile dal contesto) - Sentierone, Bergamo (BG)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: Fa' da quinta al braccio orientale del Sentierone con la sua facciata monumentale di imtazione barocca, perchè rifatta nel 1897. Notevole il coro, decorato da tarsie cinquescentesche e abbellito da opere di lorenzo lotto. Fu costruita sul sito di una più antica chiesa appartenente ad un convento di Umiliati, passato nel 1562 ai Domenicani e demolito nel 1937, di cui rimangono frammenti sotto il moderno portico sulla sinistra.
Epoca di costruzione: sec. XVII - sec. XIX
Descrizione
In San Bartolomeo l'impegno del Riva Palazzi, particolarmente apprezzato dai contemporanei e dallo stesso Bortoloni, che ne elogia l'operato in una lettera indirizzata al conte Carrara, contribuisce in modo decisivo a quell'effetto unitario, vaporoso e fresco che caratterizza la decorazione. Particolarmente efficace è l'invenzione dell'arco della campata - in trompe l'oeil - al centro della volta del presbiterio: è un effetto illusionistico forte che, complice l'uso accorto dei contrasti di luce, accentua l'energia vorticosa di questa grande apoteosi cristiana.
In San Bartolomeo l'intervento del Riva Palazzi si estese oltre la parte absidale toccando le parti architettoniche distribuite lungo la navata (arcate e pilastri), tutte trattate illusionisticamente con una decorazione in marmorino. L'intervento, proseguito da Giuseppe Mazza dopo la morte del Palazzi (avvenuta alla fine del 1749), complice l'uso accorto di tonalità luminose e vivacizzate da striature più chiare, costituisce un esempio significativo di quella robusta leggiadria di origine bolognese che qui si accorda alla sensibilità del barocchetto lombardo. Allo stesso tono e con l'eleganza e lo stile pungente che lo contraddistinsero lungo l'intero arco della sua carriera, si accorda l'impresa di Mattia Bortoloni circoscritta invece alla sola volta della parte absidale. Le scene raffiguranti il Sacrificio di Isacco, eseguito a monocromo (al centro del catino dell'abside) e la Gloria del Santissimo Sacramento (sulla volta del presbiterio) si evidenziano per la soave leggerezza delle figure celestiali, dalle tinte rischiarate. Tutte insieme si librano sul fondale celeste dalla profondità illimitata, capace di restituire - seguendo gli insegnamenti del Tiepolo - le qualità atmosferiche appropriate all'evento narrato. Oltre a costituire il vertice del virtuosismo pittorico del Bortoloni, per la spregiudicatezza compositiva e cromatico- disegnativa apprezzabile nei tratti insolitamente nervosi dei panneggi e nelle nubi stracciate e dinamiche che solcano il cielo, la sua impresa rappresenta uno degli apici della pittura decorativa barocchetta lombarda, non priva di affinità con le opere bergamasche di Giovan Battista Pittoni e di Carlo Innocenzo Carloni (il primo in Sant'Alessandro della Croce, l'intelvese nella chiesa dei Santi Maria e Marco). Tuttavia, il Bortoloni, con le sue figure sempre definite da contorni precisi e costruite su masse cromatiche, rispetto al tratto più nervoso e spezzato dei suoi illustri colleghi, in San Bartolomeo resta fedele alla sua cifra abituale espressa da una notevole sensibilità decorativa che qui evidenzia un tono misurato e un po' meno sdolcinato rispetto alle imprese - di poco precedenti .
La sua morte improvvisa (avvenuta a Milano il 9 giugno 1750) interruppe i lavori. Ripresero l'anno successivo con l'arrivo a Bergamo del bellunese Gaspare Diziani, approdato sui ponteggi di San Bartolomeo con la mediazione del conte Giacomo Carrara. A cambiare non fu solo l'artista ma anche il soggetto dell'affresco centrale e al posto delle Quattro parti del mondo, previste nel progetto originario in omaggio al modello realizzato da padre Andrea Pozzo in Sant'Ignazio a Roma, come tramandato da Francesco Bartoli (1775), al Diziani venne commissionata la rappresentazione del Cielo domenicano.
Viene meno l'incisività vaporosa del barocchetto e la volta invece di aprirsi in un'altra illusione di infinito tende a richiudersi trasmettendo un senso di pesantezza già rilevato dai commentatori contemporanei (Bartoli, 1775). Nei decenni successivi il tono sferzante e intenso del barocchetto troverà in altri interpreti declinazioni più convincenti e di qualità.
Notizie storiche
Dai settecenteschi Annali della Chiesa e Convento di Santo Stefano e Bartolomeo redatti da Clemente Zillioli e resi noti dalla Tellini Perina (1979), si raccolgono tutti i dati documentari utili a ricostruire le tappe salienti relative all'edificazione e all'abbellimento della chiesa domenicana collocata nei quartieri bassi della città orobica. Di origine antichissima, venne rifondata a partire dal 1603 su progetto dell'architetto comasco Antonio Maria Caneva (Porlezza 1550-Bergamo 1610). Ricostruita entro il 1642, la facciata venne ultimata soltanto a fine Ottocento e decorata negli anni successivi con statue di Luigi Pagani e Giovanni Avogadri. L'interno è più omogeneo e ha conservato meglio il suo assetto originario sei-settecentesco.
Ad eccezione delle opere più antiche, quali la pala d'altar maggiore di Lorenzo Lotto (Pala Martinengo, 1513) o la Madonna del Rosario con san Domenico di Enea Salmeggia (1605), l'origine seicentesca della chiesa è poco evidenziata rispetto alle imprese decorative settecentesche, che coincisero con lo straordinario fervore artistico condiviso dalla committenza religiosa sia a Bergamo (la chiesa di Sant'Alessandro della Croce ne costituisce un esempio, con il Duomo e la Basilica di Santa Maria Maggiore) sia in altri edifici ecclesiastici dislocati nel territorio, ad esempio ad Alzano e a Gandino. In tutte queste iniziative fu determinante l'apporto dei nobili, mercanti e collezionisti, degli intellettuali e dei musicisti che, come evidenziato dagli studi di Francesco Frangi (1998) e di Roberta Paccanelli (1999), erano pienamente consapevoli della condizione precaria delle arti e della debolezza qualitativa dell'offerta peculiari alla Bergamasca del tempo. Per questo motivo, le migliori risorse artistiche destinate a soddisfare le ambizioni del capoluogo orobico e del territorio limitrofo le committenze andarono a prenderle soprattutto in quelle formidabili fucine di talenti dislocate in particolare a Venezia e nel Veneto, in altre regioni italiane o all'estero. I Domenicani di San Bartolomeo in quanto a intraprendenza vantavano una discreta consuetudine. Già nel Seicento, in almeno un caso, si avvalsero di un pittore "foresto" incaricato della decorazione di uno degli altari della chiesa. Nel quinto decennio l'incombenza toccò all'eccentrico lucchese Pietro Ricchi che dipinse la pala dedicata al santo domenicano spagnolo San Raimondo da Pennafort.
Uso attuale: intero bene: chiesa
Uso storico: intero bene: chiesa
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Accessibilità: Consultare il sito www.domenicanibg.it
Credits
Compilazione: Bigoni, Federica (2007)
Aggiornamento: Ribaudo, Robert (2011); Morandini, Lucia (2014)
Descrizione e notizie storiche: Bianchi, Federica
Fotografie: Morandini, Lucia; photo BAMS Rodella/ Jaca Book
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/BG020-00542/
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