Chiesa di S. Pietro Apostolo
Provaglio d'Iseo (BS)
Indirizzo: Via Monastero 5 (Fuori dal centro abitato, isolato) - Monastero di San Pietro in Lamosa, Provaglio d'Iseo (BS)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: Il complesso dell'ex monastero di San Pietro sorge in posizione sopraelevata a ovest dell'abitato di Provaglio d'Iseo, lungo la strada statale che scende verso il lago, dominando la campagna e la distesa delle Torbiere. La piccola chiesa romanica, che in origine era preceduta da un porticato e si articolava in tre navate concluse da absidi, ha subito nel tempo parecchi ampliamenti ed oggi è formata da una navata centrale coperta da tetto a falde e conclusa da abside e da una navata minore a nord coperta da volte. I pilastri e le pareti della chiesa sono parzialmente coperti da affreschi tre-quattrocenteschi in buono stato. Tracce della struttura originaria della chiesa si trovano nel campanile e nella zona absidale, dove si è mantenuta una delle due absidi minori. Addossata alla facciata di San Pietro sorge l'oratorio di Santa Maria Maddalena, di pertinenza dei Disciplini; conserva al suo interno un interessante ciclo di affreschi. A sud della chiesa si apre il chiostro
Epoca di costruzione: 1083 - sec. XVI
Descrizione
Lo scavo diretto da A. Breda nel 1988 ha rinvenuto sotto la struttura di xv secolo le fondazioni della chiesa romanica a tre navate absidate, edificata su terreno vergine e collocabile nell'orizzonte di coevi cantieri cluniacensi quali S. Salvatore a Capodiponte, S. Egidio a Fontanella, S. Giovanni a Vertemate. Pur non potendo escludere una preesistente cappella in luogo diverso dall'attuale, è quasi certo che la chiesa cui si riferisce l'atto di fondazione sia quella scavata, che in alzato conserva l'abside nord, parte dell'abside e del perimetrale sud, compreso il campanile. Rimane da stabilire se la chiesa preesistesse o meno al cenobio, poiché la morfologia delle strutture, circoscrivibili entro il secolo XI, non consente precise scansioni: nel primo caso, "hedificanda" si riferirebbe a modifiche dettate da esigenze liturgiche cluniacensi; nel secondo, la compresenza di "consacrata" ed "hedificanda" si spiegherebbe con la consuetudine di consacrare le chiese a cantiere aperto, bastando la copertura dell'area attorno all'altare maggiore.
Il presbiterio triabsidato romanico era verosimilmente voltato a crociera e rialzato (lo suggerisce la soglia della porta che immette al campanile), mentre il corpo delle navate, coperto da falde lignee, doveva svilupparsi su due livelli, così da consentire l'illuminazione diretta della navata centrale. Dell'avancorpo quadrangolare di facciata restano le fondazioni: poteva trattarsi di una sorta di protiro, ma non è da escludere una struttura più articolata. Intorno alla fine del secolo xii al perimetrale nord furono addossate due campate voltate (sopra l'arcata di collegamento con la navata, aperta o solo ampliata nel secolo XV, è visibile l'originaria monofora tamponata), poi rivestite da un rigoglioso tralcio a palmette in ocra rossa e gialla su fondo bianco, che sulla ricaduta nord-est si trasforma in una mascherone umano-vegetale. Sulla parete nord si intravede un ulteriore sviluppo del tralcio e, all'angolo orientale, il profilo di un cane ritto sul collo di un'anfora. Nella lunetta della parete est si conservano due tondi figurati. Quello a sinistra mostra due monaci: a sinistra un probabile san Benedetto, con pastorale e rotolo della Regola; a destra forse san Bernardo, con libro aperto additato. Quello a destra racchiude la Vergine con il Bambino, a rafforzare l'ipotesi di P. Piva che la cappella fosse destinata al culto della Vergine, in ossequio a consuetudini cluniacensi. Il successivo ampliamento verso ovest obliterò il San Cristoforo con il Bambino, già visibile dalla strada e ridotto a frammento nel sottotetto. Delle strutture monastiche romaniche si conserva parte di un corpo di fabbrica sul lato ovest del chiostro, in attesa di un'indagine che sveli eventuali tangenze con gli analoghi ambienti di Canzanica, Gorlago e Castelli Calepio.
Notizie storiche
L'ex priorato cluniacense, la cui autonomia è già attestata dalla bolla del 1095 di Urbano ii in favore di Cluny, deve il suo appellativo alle lame, torbiere paludose che giungono fino al lago e che la chiesa domina da un'altura a ovest dell'abitato. Nel 1083 Ambrogio figlio di Teobaldo e Oprando figlio di Alberto "loco Tocingo", donarono a Cluny "ecclesiam unam, que est in loco qui dicitur Provallio, et est consecrata in honore sancti Petri [¿] pro remedio animarum nostrarum et earum que ibi sepulte sunt vel sepeliende erunt" (Piva 1998). Oltre però la medesima fonte si riferisce alla chiesa come "hedificanda in jam nominato loco Provallio", facendo ipotizzare l'ampliamento o la ricostruzione di un edificio preesistente, che la tradizione locale voleva eretto sopra un tempio pagano.
I Cluniacensi rimasero in S. Pietro fino al 1476, quando il monastero passò in commenda e fu istituita la parrocchia (pur se fin dalla fondazione fu prevista la cura d'anime). Successivamente fu avviato un vasto rimaneggiamento strutturale, che trasformò la chiesa in un'aula unica su arconi trasversali. Soppresso nel 1768 e ceduto a privati, dal 1983 il complesso è di proprietà della parrocchia di Provaglio, che grazie all'associazione Amici del Monastero ha trovato le risorse necessarie al recupero delle strutture.
Uso attuale: intero bene: chiesa
Uso storico: intero bene: chiesa
Condizione giuridica: proprietà Ente pubblico territoriale
Credits
Compilazione: Morandini, Lucia (2004)
Aggiornamento: Ribaudo, Robert (2013); Marino, Nadia (2016)
Descrizione e notizie storiche: Scirea, Fabio
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/BS280-00405/
NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).