Chiesa di S. Giorgio - complesso

Como (CO)

Indirizzo: Via Borgovico, 136 - Como (CO)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: Costruita in prossimità del lago, architettonicamente molto diversa dalla chiesa attuale, aveva l'aspetto di una tipica costruzione romanica lombarda a tre navate, terminante verso est con tre absidi: una centrale più ampia, nel cui interno si aprivano cinque nicchie, e due meno profonde ai lati. Dalla seconda metà del XVI secolo, le descrizioni rivelano già profonde alterazioni nella struttura originaria, preludio di un'imponente opera di ricostruzione della chiesa, condotta nel secolo seguente, che ha prodotto un notevole innalzamento del livello della pavimentazione, reso necessario dalle frequenti esondazioni del lago, e un complessivo ampliamento del tempio, dove, pur mantenendosi la suddivisione dell'aula in tre navate, si introdussero massicci pilastri quadrati a sostegno delle volte a crociera della nave centrale e del transetto, alle cui estremità furono definitivamente sistemate le cappelle laterali.

Epoca di costruzione: sec. XVII

Comprende

Descrizione

Degli affreschi strappati negli anni Sessanta del Novecento e ricomposti dal 2003 in due sale della Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi, si riconoscono una serie di santi.
Le figure, i cui tratti del volto si individuano solo per sant'Abondio, sono riccamente abbigliate e reggono il pastorale e un libro con legatura di pietre preziose. Le nicchie sono separate da una colonnina tortile e sono occupate nella parte inferiore da un velarium. Sul lato destro dell'abside si trova un'ulteriore iscrizione che menziona altre reliquie di santi martiri conservate nell'altare.
Sulla lesena che collega l'abside centrale con quella di sinistra è dipinta una figura inginocchiata con le braccia alzate, vestita di bianco e con un mantello dall'ampio panneggio sulle spalle, interpretata dalla critica in vario modo: un sacerdote orante, Eliseo che contempla Elia, il committente Vualteramus, il cui nome compare in un'iscrizione visibilmente ritoccata al centro dell'abside sinistra (vualteramus xpi famulus diaconus hanc picturam fieri fecit), un monaco benedettino o camaldolese.
L'ultimo brano pittorico è quello della lesena che congiunge l'abside centrale a quella di destra, scena ripartita in tre fasce, di difficile lettura anche per il cattivo stato di conservazione. Nella parte superiore, ora mutila, Barelli aveva riconosciuto un vescovo che parlava alla folla. Nella fascia mediana si intravvede una figura inginocchiata contro cui un'altra sembra rivolgere una spada; in quella inferiore è rappresentata la Crocifissione. Secondo una recente interpretazione (Casati) si tratterebbe del martirio di Thomas Becket (ucciso nel 1170), il cui culto è testimoniato dalla presenza di un altare e da una statua a lui dedicata sull'attuale facciata.
L'emiciclo dell'abside di sinistra è affrescato con sei vergini, stanti in posizione frontale, oranti e con nelle mani un vaso di unguento o una croce. Sono tutte acefale, ad eccezione di una, caratterizzata da un ovale regolare, occhi profondi e guance rosate. L'identificazione è possibile grazie ad un'iscrizione posta sulla parete meridionale che delimita l'abside stessa. Si tratta di Afra, Aldegonda, Liberata, Faustina, Paola, Laurenzia, Veronica e Cristina. Strettamente legate al culto locale sono Liberata, Faustina e Paola, le cui reliquie sono conservate nel duomo. Queste si differenziano dalle altre sante per una ricercatezza maggiore negli abiti impreziositi da ricami, in sintonia iconografica con un altro, più tardo ciclo di affreschi che le raffigura, anch'esso conservato in Palazzo Volpi. Nell'iscrizione si leggono anche alcune lettere che potrebbero suggerire il nome del vescovo di Como Rainaldo (eletto nel 1061 e morto nel 1084). Sulla parete di sinistra sono leggibili lacerti in cui si alterna una decorazione a meandro su fondo grigio e un riquadro ocra con un suonatore di tuba. Al di sotto di esso si intravede il profilo a monocromo di un unicorno con il titulo che lo identifica.
Nell'abside di destra la porzione di affresco visibile non è di agevole interpretazione, in quanto i personaggi raffigurati sono tutti acefali. Sulla parete piana di sinistra ci sono due personaggi: uno disposto diagonalmente, l'altro, in piedi, con un mantello e una spada. È stato proposto di riconoscervi Cristo che appare in sogno a san Martino di Tours. Nel catino vero e proprio, ai lati della monofora incorniciata da racemi, si sviluppano due scene. Nella prima due persone avvolte in una toga rossa, sono sedute dietro ad una grata, nei pressi della quale si erge una terza figura vestita di bianco. Nella seconda, i medesimi due personaggi stanno camminando, seguendo con molta probabilità l'altro personaggio, come si deduce dal particolare riconoscibile del lembo del mantello. Questo episodio potrebbe essere interpretato come l'angelo mandato da Dio a liberare dal carcere Pietro e un altro apostolo.

Notizie storiche

La chiesa prende il nome dal sobborgo nei pressi del lago, lungo la strada che porta a Cernobbio. A causa della vicinanza al lago è stata spesso insidiata dalle piene del Lario, che ne hanno compromesso la staticità e la decorazione, in particolare quella pittorica. Per ovviare al primo problema sono stati intrapresi nel corso dei secoli diversi interventi, il più rilevante dei quali è quello eseguito nel 1644, che comportò il rifacimento quasi totale dell'edificio, con l'innalzamento di circa un metro del pavimento che gli ha conferito l'aspetto attuale. Della fase romanica rimangono leggibili, all'esterno, parti della muratura dell'abside centrale e due frammenti marmorei decorati con animali fantastici; all'interno, grazie ai restauri che si sono susseguiti dal 1876 al 1925, è apprezzabile l'abside centrale articolata in cinque nicchie decorate con affreschi strappati negli anni Sessanta del Novecento e ricomposti dal 2003 in due sale della Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi. In ognuna delle nicchie è raffigurato, in posizione frontale, un santo vescovo, identificabile dal nome che lo accompagna, leggibile ora solo in quelli centrali: Abondio, Eutichio e Martino. L'identificazione dei due santi alle estremità è più incerta, perché l'iscrizione che precede la teoria ricorda come l'altare contenga il corpo del vescovo Eutichio, reliquie della Croce e dei santi già ricordati, ai quali si aggiungono quelle di Eustorgio, Winibaldo e Remigio.
Fin dal primo rinvenimento degli affreschi l'iscrizione riferibile al vescovo Rainaldo aveva condizionato la datazione del ciclo alla fine dell'xi secolo. Solo alcuni anni dopo il dibattito critico fu riaperto, con una proposta che li posticipava di quasi un secolo (Caldarulo). Ora, non solo grazie ai confronti stilistici con opere milanesi (S. Celso e S. Lorenzo), ma anche paleografici con le iscrizioni del duomo di Modena, è stato suggerito di collocare gli affreschi nella prima metà del xiii secolo (Rossini), ritenendo la frontalità dei corpi, i tratti distintivi dei volti e il sontuoso panneggio forme di un arcaismo voluto. Il riferimento al vescovo comasco viene spiegato, come già suggerito da Toesca, non come contemporaneo all'esecuzione degli affreschi, ma come commemorativo dell'avvenuta deposizione delle reliquie da parte del prelato stesso.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: chiesa

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Credits

Compilazione: Catalano, Michela (2004)

Aggiornamento: Galli, Maria (2010); Ribaudo, Robert (2013)

Descrizione e notizie storiche: Rurali, Elisabetta

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