Compreso in: Monastero di S. Abbondio - complesso, Como (CO)
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Basilica di S. Abbondio
Como (CO)
Indirizzo: Via Regina 35 (Nel centro abitato, distinguibile dal contesto) - Como (CO)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: Venne costruita su una basilica paleocristiana 1000 metri circa fuori le mura, oltre il fiume Cosia, lungo la Via Regina. La basilica presenta cinque navate assai slanciate e due campanili gemelli posti nella zona absidale, soluzione piuttosto comune nella zona renana, ma eccezionale in Italia. Il coro sembra sporgere tra le due torri per terminare in un'alta abside.
Epoca di costruzione: 1050 - 1095
Autori: Piotti, Giovanni Antonio detto da Vacallo, rifacimento volte e finestrature; Giussani, Antonio, restauro
Descrizione
La basilica di Sant'Abondio, contraddistinta dagli alti campanili gemelli (uno dei quali di restauro), sorge poco fuori dalle mura urbiche, in posizione appartata rispetto allo sviluppo odierno della città di Como. In età medievale tale collocazione risultava invece strategica, a presidio del tracciato dell'antica via Regina che, costeggiando la sponda occidentale del Lario, metteva in comunicazione Milano con le regioni del nord Europa attraverso i passi alpini.
Il rilancio della basilica e la restituzione della basilica nelle condizioni in cui è arrivata a noi è dovuto al crollo del campanile del 1784, che venne ripristinato secondo un criterio storicistico imitativo. Sono proprio i criteri di ripristino dell'ipotetico stile originario (secondo i dettami di Viollet-le-Duc), che guidarono l'imponente intervento effettuato dal prelato comasco, Serafino Balestra, tra il 1863 e il 1874. Durante gli scavi vennero rinvenuti, oltre a quelli già ricordati d'età carolingia, materiali lapidei d'epoca romanica, come l'incorniciatura di una finestra, il fronte di un ambone e alcuni capitelli. Una successiva campagna di restauri che interessò la copertura delle navate, del coro e delle absidi, venne intrapresa dal 1928 al 1936 sotto la guida dell'ingegner Antonio Giussani. Durante il rifacimento degli intonaci si ritrovarono gli affreschi della prima campata del coro e si restaurarono completamente quelli trecenteschi dell'abside.
La basilica si presenta come un'imponente struttura, caratterizzata da un profondo coro e dai campanili gemelli. La facciata, a salienti, è spartita da contrafforti e richiama la divisione interna in cinque navate. Lungo il sottotetto corre una serie di archetti ciechi; in ogni specchiatura laterale si apre una piccola monofora, mentre quella centrale è divisa in due parti da una cornice marcapiano e presenta tre aperture in quella superiore e una in quella inferiore, in asse con il portale. Quest'ultimo, di elegante fattura, presenta nella ghiera una decorazione a intreccio che si interrompe al secondo concio. Anche nell'arco il motivo decorativo è di tipo geometrico, mentre la modanatura torica è caratterizzata da un tralcio vegetale che si sviluppa a spirale. I capitelli sono di tipo figurato con aquilotti angolari, colombe e una testa di felino. Le figure sono molto plastiche ed eseguite con dovizia di particolari.
Lungo i fianchi si aprono a distanza regolare delle ampie monofore prive di decorazione. Il lungo coro è percorso orizzontalmente da una fascia marcapiano a dente di sega sormontata da una decorazione a matassa e verticalmente da semicolonne addossate. In esso si aprono finestre riccamente decorate. Anche la parete muraria dell'abside è divisa con la stessa regolarità e presenta, inoltre, a filo della gronda una cornice a dente di sega e una doppia ghiera di archetti scolpiti in un unico blocco.
Anche qui le finestre hanno un importante apparato decorativo e sono distribuite alternando gli spazi.
Varcato il portale ci si immette nel grande spazio interno della chiesa, che ci accoglie con l'endonartece a doppia volta. Lo spazio è suddiviso in sei campate rettangolari nella navata centrale, a cui ne corrispondono sei quadrate in ciascuna navata laterale, nelle quali il quadrato di base è la metà del rettangolo. La copertura è lignea lungo le navate, mentre è a crociera nel coro e nell'abside. Al termine delle navate si aprono due absidiole per lato, ricavate in spessore di muro e precedute da piccoli vani coperti a volta. La navata centrale è delimitata da imponenti colonne in cotto, mentre sostegni più slanciati spartiscono le navate laterali. I capitelli prevalentemente impiegati nella navata centrale sono di tipo cubico ad angoli smussati, mentre quelli del nartece e delle navate sono di tipo corinzieggiante: alcuni più legati al modello classico con foglie aggettanti, altri più semplificati con foglie nervate e privi del fiore sull'abaco.
Notizie storiche
La storia dell'edificio è particolarmente complessa, e solo a partire dalle ricerche del XIX secolo è stato possibile fare luce sulle sue fasi più antiche. Grazie infatti ai resti murari rinvenuti durante i restauri iniziati nel 1863 sotto la guida di don Serafino Balestra e ampiamente documentati da Camillo Boito, si è potuto dimostrare che la basilica venne costruita sulle fondamenta di una precedente chiesa di origini paleocristiane: la Basilica Apostolorum. Il ritrovamento del tracciato della chiesa precedente e di alcune lapidi funerarie (datate tra il 485 e il 584) ha consentito di fissare il termine ante quem per l'ultimazione dell'edificio, che si presentava a croce latina, con navata unica e breve presbiterio. Un ampio nartece a U, da cui era possibile accedere all'interno tramite cinque aperture, si sviluppava lungo la facciata, avvolgendo il braccio inferiore della croce. L'abside e il coro avevano un pavimento in opus sectile con esagoni in marmo nero di Varenna e bianco di Musso, mentre le pareti erano intonacate. La critica non è concorde nel fissare la data di fondazione della struttura, oscillando tra la fine del IV e la metà del V secolo. Nel primo caso si individua come fondatore Felice, il primo vescovo di Como, ordinato da sant'Ambrogio, sottolineando così lo stretto legame tra il padre della Chiesa ambrosiana e l'artefice della diffusione e organizzazione del cristianesimo nella città lariana, nesso che si concretizzerebbe anche nelle opzioni architettoniche. Nel secondo invece, sostenuto dall'erudito comasco Benedetto Giovio (XVI secolo), il fondatore fu il vescovo Amanzio che l'avrebbe eretta per custodirvi le reliquie dei santi Pietro e Paolo portate da Roma.
Le fonti documentarie tacciono fino all'818, anno del privilegio di Ludovico il Pio, in cui si nomina per la prima volta la chiesa con la sua attuale dedicazione, anche se è presumibile che avesse assunto questo titolo già dalla seconda metà del V secolo, quando vi venne sepolto il vescovo Abondio.
In età carolingia l'edificio fu arricchito da un ricco arredo liturgico, costituito da lastre marmoree decorate con motivi geometrici e vegetali che testimoniano l'esistenza di uno (o più) recinti presbiteriali. I materiali vennero rinvenuti durante i restauri ottocenteschi. Alcuni vennero riutilizzati nell'edificio romanico. Nel 1010 la chiesa ospita una comunità benedettina e riceve un'ingente donazione, arricchita da ulteriori rendite negli anni immediatamente successivi. Tale disponibilità di denaro fu, probabilmente, alla base della decisione assunta dai monaci di ricostruire l'edificio, consacrato nella sua veste attuale da papa Urbano II nel 1095, e realizzare il primo nucleo del monastero. L'abbazia venne data in commenda nel 1475. Tra gli abati commendatari si distinse il cardinale Tolomeo Gallio che a partire dal 1586, sotto la guida dell'architetto ticinese Giovanni Antonio Piotti, si fece promotore di un radicale restauro della basilica in chiave classicista. Questo comportò l'abbattimento della tribuna della navata centrale e della relativa scala di accesso, l'apertura di un finestrone lunettato in facciata, con la conseguente demolizione dell'atrio, la costruzione di volte a crociera nelle navate laterali e di una volta a botte in quella centrale. Si intervenne anche sulle finestre del coro che furono allargate, mentre se ne aprirono due all'estremità delle navate laterali per dare luce ai nuovi altari. Nel 1616 la chiesa e l'annesso monastero vennero ceduti alle monache agostiniane di San Tommaso di Civiglio. Ciò comportò l'adeguamento dell'edificio ai canoni monastici e all'osservanza dettata anche dalle Instructiones fabricae et supelectilis ecclesiasticae di san Carlo Borromeo. La chiesa venne divisa in due parti (una per i fedeli e l'altra per le monache), da un tramezzo citato in un documento del 1645.
Uso attuale: intero bene: chiesa
Uso storico: intero bene: chiesa
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Credits
Compilazione: Catalano, Michela (2004)
Aggiornamento: Ribaudo, Robert (2009); Galli, Maria (2010); Margutti, Stefano (2014)
Descrizione e notizie storiche: Rurali, Elisabetta
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Margutti, Stefano
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO180-00073/
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