Compreso in: La Pliniana - complesso, Torno (CO)
La Pliniana - complesso
Torno (CO)
Indirizzo: Via Cesare Poggi, 29 - Torno (CO)
Tipologia generale: architettura per la residenza, il terziario e i servizi
Tipologia specifica: villa
Epoca di costruzione: 1574 - post 1577
Comprende
Descrizione
Per impronta stilistica, linguaggio e uso di stilemi architettonici ricorrenti anche in palazzo Natta di Como e palazzo Gallio di Gravedona, l'ipotesi attributiva più significativa voleva i nomi di Pellegrino Tibaldi o Galeazzo Alessi legati alla progettazione della villa. Alcuni anni or sono, anche grazie alla scoperta di una interessante traccia documentaria, si è invece sempre più radicata l'ipotesi che vuole architetto della Pliniana Giovanni Antonio Piotti da Vacallo.
La villa, edificata intorno alla celebre fonte, sorge lungo un'insenatura al confine orientale del Comune di Torno. La facciata è scandita da quattro ordini di finestre; quelle del piano nobile sono sormontate da timpani spezzati, quelle dell'ultimo piano da eleganti lesene quadrate.
Il piano nobile, con affaccio sul lago, è articolato in due corpi, con grandiosi saloni separati da una loggia dorica a tre arcate sostenute da colonne binate. Sul lato orientale di questa loggia trova posto una lapide con il testo latino della lettera di Plinio a Licinio, dove è descritta la celebre fonte; sul lato opposto un'altra lapide ne riporta la traduzione in italiano. I quattro timpani spezzati che sormontano le porte d'accesso alla loggia, contenevano in origine i busti di Carlo V, di Filippo II, dell'Anguissola e della sua terza moglie, Delia Spinola.
Al centro della loggia, nel mezzo di un'aiuola, si erge la statua di Nettuno col tridente affiancato da un delfino. Poco sopra il livello del lago si apre un lungo corridoio, illuminato e arieggiato da aperture quadrate senza vetri, da cui si accede agli scantinati dove si possono ancora osservare le strutture portanti del fabbricato le cui fondamenta poggiano direttamente sulla roccia; subito al di sotto di questo primo piano un'apertura ad arco consente lo sbocco delle acque che scaturiscono dalla fonte pliniana. Alle spalle della loggia, oltre la corte, la fonte intermittente si fa strada attraverso una nicchia in tufo che copre la parete a monte della villa; subito al di sopra si estende un verde pianoro cui si può comodamente accedere dai saloni. Da qui la strada si inerpica nel bosco dove sorge un piccolo eremo.
Dopo il trasferimento degli arredi a Masino, nel 1983, la villa è rimasta completamente vuota, ma le testimonianze fotografiche antecedenti a quella data ci mostrano di quale sfarzo e ricchezza fosse adorna. Nel primo salone del piano nobile uno splendido soffitto a cassettoni è tutto ciò che rimane dell'originale decorazione; lungo i bordi delle pareti una fascia dipinta con quattordici ritratti di foggia seicentesca ricorda i primi proprietari della villa mentre in fondo al salone è scomparsa ogni traccia dell'antico marmo di scuola canoviana raffigurante Giotto pastorello nell'atto di ritrarre una pecora. Qui era anche conservato il celebre piccolo stipo che Napoleone nel 1797, aveva regalato ai suoi ospiti, per ringraziarli della loro accoglienza; qui trovava posto il pianoforte su cui Rossini, in tre giorni, aveva composto la sua opera Tancredi.
Nel secondo salone le venature cromatiche blu del soffitto a cassettoni si accompagnano ad una fascia dipinta su cui spiccano sedici stucchi ovali raffiguranti scene mitologiche. Sui pavimenti a mosaico si possono ancora ammirare gli emblemi araldici delle antiche famiglie proprietarie.
Tutta l'area della villa è circondata da una fitta vegetazione di alberi secolari in mezzo ai quali, in primavera, occhieggiano i rododendri in fiore.
A breve distanza dal palazzo sorge la cappella i cui arredamenti sono oggi nella chiesa di S. Giovanni. All'interno sono ancora visibili quattro lapidi a ricordo dei defunti della famiglia Canarisi.
Notizie storiche
"Di fronte, fra i cipressi, del lago la sovrana/ superba di memorie, compare la Pliniana": così il poeta inglese Shelley descriveva villa Pliniana: "essa deve il suo nome a una sorgente¿che presenta un flusso e riflusso ogni tre ore e venne descritta da Plinio il Giovane¿è costruita su terrazze che sorgono dal fondale del lago e, con il suo giardino, si trova ai piedi di un precipizio semicircolare, ombreggiata da folti castagneti¿Dall'alto, come provenisse dalle nuvole, discende una cascata d'immani dimensioni che le rocce boscose frammentano in mille rivoli sfocianti nel lago". "In questo punto - scriveva Stendhal scorgendone il profilo navigando sul Lario - il lago diventa cupo e selvaggio e i monti scendono quasi a picco nelle acque".
Il terreno su cui sorge la villa fu acquistato nel 1573 dal conte Giovanni Anguissola, governatore di Como, che in tre anni vi fece erigere l'edificio che deve il suo nome a Plinio che per primo descrisse la fonte intermittente che scaturisce nelle immediate vicinanze le cui acque precipitano nel lago dopo un salto di 80 metri. Alla repentina morte dell'Anguissola, nel 1578, la villa passò in eredità al nipote Giulio che la vendette al conte Pirro Visconti Borromeo (1590). Costui si prodigò nel tentativo di renderla più sfarzosa e accogliente; al contrario i suoi eredi la lasciarono in uno stato di desolante abbandono fino poi a venderla a Francesco Canarisi (1676). Con i Canarisi la villa raggiunse il massimo splendore: quasi un sacrario famigliare, venne arricchita da lapidi e steli commemorative e ritratti degli illustri antenati del casato; al piano nobile, in memoria dei due Plinii, furono allestite due sale, ornate di fregi.
Fra Sette e Ottocento la Pliniana fu la dimora prediletta di artisti e personaggi di grande spicco: Giuseppe II, Napoleone, Stendhal, Alessandro Volta, Bellini, Rossini, Byron, Foscolo e Fogazzaro che vi si ispirò per la composizione del celebre romanzo "Malombra" che nel 1942 fu soggetto dell'omonimo film di Mario Soldati, girato nella stessa villa con Isa Miranda e Andrea Checchi.
Ai primi dell'Ottocento, Francesco Canarisi decise di alienare tutti i beni di famiglia: la Pliniana fu acquistata dal Principe Emilio Barbiano di Belgioioso che l'adornò sontuosamente restituendola all'antico splendore. Il Belgioioso aveva sposato nel 1824 la principessa Cristina Trivulzio, animatrice di salotti politici e letterari; l'unione era presto fallita: Cristina, attivamente impegnata nei circoli mazziniani, aveva abbandonato l'Italia alla volta di Parigi, mentre Emilio continuò a frequentare la dimora sul lago. Qui, tra il 1843 e il 1851, egli visse il celeberrimo e travolgente amore per Anna Berthier, principessa di Wagram e moglie del duca di Plaisance. La coppia di amanti, la cui fuga da Parigi nell'aprile del 1843 destò grave scandalo, trovò rifugio fra le mura della villa che divenne uno dei luoghi simbolo della cultura romantica dell'epoca. Nella Pliniana cominciò presto a raccogliersi anche un'élite di nobili lombardi (Melzi, Sommariva, Arconti¿) e di ardenti patrioti, come Carlo Bellerio. Durante il viaggio verso il suo villino di Loveno, qui amava soffermarsi Massimo d'Azeglio del quale Emilio aveva avuto modo di condividere le preoccupazioni per il dilagare del radicalismo carbonaro e mazziniano.
Passata la tempesta rivoluzionaria del '48, gli eventi mondani della Pliniana si moltiplicarono; poco tempo dopo però l'unione tra Emilio di Belgioioso e Anna Berthier si ruppe. Rimasto solo, il nobile si dedicò con più interesse alla dimora e soprattutto al parco che in breve tempo mutò il suo carattere animandosi di variopinte aiuole.
Dopo la morte del Belgioioso la villa passò al marchese Lodovico Trotti-Bentivoglio, genero della defunta principessa Cristina Trivulzio, e, nel 1890, ai Valperga di Masino che nel 1983 la rivendettero agli attuali proprietari dopo aver trasferito gli arredi nelle stanze del Castello di Masino, in Piemonte, ora proprietà del F.A.I.
Condizione giuridica: proprietà privata
Percorsi tematici:
Credits
Compilazione: Catalano, Michela (2005)
Aggiornamento: Galli, Maria (2010)
Descrizione e notizie storiche: Limonta, Tommaso; Paci, Giovanna
Fotografie: Leoni, Marco
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO180-00182/
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