Chiesa di S. Maria
Cantù (CO)
Indirizzo: Via Manzoni - Cantù (CO)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Epoca di costruzione: 1665 - 1680
Descrizione
L'edificio, a pianta circolare, è scandito internamente da otto colonne isolate che sostengono il tiburio cilindrico e delimitano gli spazi destinati alla cappella maggiore e ai due altari laterali; viene in tal modo proposta, attraverso l'introduzione di due assi ortogonali, una soluzione cruciforme, così che la chiesa rappresenta "un tentativo di conciliare il fascino e i profondi significati della pianta cruciforme e della pianta circolare" (Della Torre, 1982). Nella costruzione, "forse la pagina pellegriniana più autentica e più robusta che la Brianza conservi" (Bossaglia, 1971), sono evidenti i riferimenti a modelli milanesi del Tibaldi, dal San Sebastiano al primo progetto per il San Fedele, come pure del Richino (il San Giuseppe). In seguito alla soppressione del monastero nel 1798, la chiesa rimase chiusa al culto fino al 1839, con una conseguente dispersione degli arredi. Oggi sull'altar maggiore è posta una grande pala, firmata e datata 1596, del pittore bresciano Grazio Cossali (1563-1629), proveniente dalla distrutta chiesa domenicana di San Giovanni in Pedemonte di Como (Grigioni, 1982; Frangi, 1994). Vi è raffigurata la Vergine col Bambino in gloria con i santi Giacinto, Adalberto vescovo di Como, un frate domenicano e due offerenti. Le reliquie di sant'Adalberto, sicuramente identificabile in base ad un'iscrizione, erano state traslate in San Giovanni in Pedemonte nel 1590, circostanza che è all'origine della commissione della pala, unitamente alla canonizzazione, avvenuta nel 1594, del domenicano Giacinto, alla cui vita e miracoli sono dedicate le diciotto storiette che inquadrano la scena principale, mentre il frate domenicano che fa da tramite tra la Vergine e i due devoti è con buona verosimiglianza un ritratto. L'eclettico linguaggio manieristico del Cossali combina elementi veneti e bolognesi, raggiungendo gli esiti più riusciti nella vivacità narrativa delle Storie di san Giacinto. Dagli atti di visita del 1764 del vescovo Giuseppe Pozzobonelli apprendiamo che l'altar maggiore era dedicato alla Natività della Vergine, e che i due altari laterali, splendidissime ornata erano dedicati alla Vergine deipara (quello verso oriente) e a san Benedetto (quello verso occidente); sulla base di tale informazione, è divenuto possibile identificare la pala del secondo in un dipinto raffigurante San Benedetto riceve in monastero i giovani Mauro e Placido, conservato oggi nella chiesa di San Michele di Cantù, e recentemente riconosciuto come opera di Filippo Abbiati (Coppa, 1996), uno dei protagonisti della pittura milanese fra Sei e Settecento. La documentata cronologia delle vicende costruttive della chiesa, ultimata nel 1683, consente di collocare l'esecuzione del dipinto entro la prima metà del nono decennio del Seicento, o poco oltre, in un momento in cui l'Abbiati, tornato in patria dopo il tirocinio veneziano e un soggiorno a Vienna, si era pienamente affermato nell'ambiente milanese ed aveva ottenuto commissioni di prestigio da famiglie nobili (i Borromeo, i Crivelli) e da chiese importanti. Se il rutilante neoveronesismo dei giovinetti e l'ariosa dilatazione scenografica del fondale architettonico profilato sul cielo striato di nubi ricordano analoghi effetti dei Fasti Borromeo dipinti per la rocca di Angera fra il 1673 e il 1684, e se i violenti contrasti chiaroscurali risentono visibilmente della tradizione dei "tenebrosi" veneziani, l'impaginazione compositiva, con l'impiego di caratteristiche figure-quinta, e la dimensione corale del racconto, indicano una riflessione sui quadroni di san Carlo nel Duomo milanese, qui riproposti in chiave più enfatica e teatrale, secondo il linguaggio tardobarocco dell'Abbiati, che seppe rinnovare quella tradizione con l'Entrata solenne di san Carlo a Milano e con il ciclo novarese di Storie di san Lorenzo al pozzo.
Notizie storiche
Anticamente annessa a un monastero benedettino cluniacense femminile, attestato a Cantù a partire dall'XI secolo e soppresso nel 1798, la chiesa attuale sorge sull'area di un edificio preesistente di epoca romanica, probabilmente a tre navate, su cui si possiedono scarne notizie e testimonianze grafiche. Attribuita dalla tradizione a Pellegrino Tibaldi, è in realtà di costruzione seicentesca, su progetto di Gerolamo Quadrio (1625-1679), di cui costituisce una delle opere più importanti e meglio documentate. Allievo di Carlo Buzzi, dal 1649 iscritto al Collegio degli ingegneri e architetti di Milano, alla morte del maestro nel 1658 Gerolamo gli subentra nelle cariche di ingegnere civico e architetto della Fabbrica del Duomo. Dopo la morte del Richino nel 1661, oltre a succedergli nell'incarico di ingegnere dei seminari, si afferma come la personalità di maggior rilievo nell'architettura milanese; a lungo operoso nelle cattedrali di Milano e di Como, è ricercato per numerosissime commissioni pubbliche e private, soprattutto di edilizia religiosa (Della Torre, 1992). Lavora per prestigiose famiglie nobili: a Milano per gli Arese nella cappella di famiglia in San Vittore al Corpo (1667-69), forse ancora per gli Arese nella villa di Cesano Maderno, a Como per gli Odescalchi nella cappella del cardinale Benedetto (poi papa Innocenzo XI) nella distrutta chiesa di San Giovanni in Pedemonte (1672-76), a Monza per i Durini nella Villa Mirabello. Un viaggio a Roma nel 1667 gli consentì un aggiornamento sui modelli del Barocco berniniano, tuttavia rimase fondamentale per il suo linguaggio architettonico, contraddistinto da una costante predilezione per gli organismi a pianta centrale, il radicamento nel la tradizione lombarda. Il monastero di Santa Maria nei secoli XVII e XVIII possedeva estesi beni fondiari e godeva della protezione di famiglie della nobiltà milanese e comasca, da cui provenivano le monache che formavano una comunità numericamente consistente (nel 1665 le professe erano circa 51, nel 1721 erano 56). Questa favorevole congiuntura spiega la decisione di erigere una nuova chiesa, in sostituzione di quella più antica già riformata durante l'episcopato di Carlo Borromeo. Al 18 settembre del 1665 risale il capitolato fra le benedettine di Santa Maria di Cantù e il capomastro Giampietro Fontana per la costruzione della nuova chiesa, "conforme la misura e modelli [...] dati dall'ingegniero Quadrio", incaricato altresì della supervisione del cantiere e dei periodici collaudi. Alla morte di Gerolamo Quadrio nel 1679 la fabbrica era ben avanzata, come risulta dalla data MDCLXXX apposta sulla parete anteriore del tamburo; al figlio di Gerolamo, Giovan Battista, subentrato al padre, spetta il disegno del portale di linea sobria, sormontato da una grande conchiglia da cui si dipartono due ghirlande, mentre la facciata rimase incompiuta; nell'ultima stima dei lavori, redatta da Giovan Battista il 23 maggio del 1683, la chiesa è definita "perfecionata" (Della Torre, 1982).
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Credits
Compilazione: Leoni, Marco (2005)
Aggiornamento: Galli, Maria (2009)
Descrizione e notizie storiche: Coppa, Simonetta
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO190-00092/
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