Compreso in: Palazzo Marino, Milano (MI)
Palazzo Marino
Milano (MI)
Indirizzo: Piazza della Scala - Milano (MI)
Tipologia generale: architettura per la residenza, il terziario e i servizi
Tipologia specifica: palazzo
Configurazione strutturale: Edificio, collocato in piazza della Scala , è libero sui quattro lati, ha una copertura a terrazzo, secondo l'uso genovese ed è organizzato attorno a due ambienti principali. Il primo ambiente è il grande salone, elevato su due piani e posto, insolitamente, al piano terreno, mentre il secondo è il cortile d'onore
Epoca di costruzione: metà sec. XVI
Autori: Alessi, Galeazzo, costruzione
Descrizione
Apparteneva, Tommaso Marino, a una spregiudicata famiglia genovese di banchieri che era in affari con la città di Milano già nei primi anni del Cinquecento. Al culmine della sua fortuna personale, attorno al 1550, Tommaso decise di costruire un grande palazzo, di inedita magnificenza, che doveva consacrare davanti a tutta la città l'alta posizione sociale raggiunta. Risalgono al 1553 i primi acquisti di proprietà da famiglie milanesi (Robbiani, 1969), in previsione dell'inizio dei lavori, ma solo nel 1557 i documenti annotano riferimenti sicuri alla costruzione del palazzo, e al nome dell'architetto scelto: Galeazzo Alessi, perugino d'origine, ma da tempo ormai a Genova, al lavoro per ville e palazzi della nobiltà locale.
La zona dove il palazzo era destinato a sorgere diventerà, nel volgere di pochi anni, tra le più importanti per la Milano del secondo Cinquecento: poco lontano, Leone Leoni costruirà, dal 1565 circa, la sua abitazione milanese, la Casa degli Omenoni; e i Gesuiti, dal 1569, la chiesa di S. Fedele.
Il palazzo disegnato da Galeazzo Alessi era di un tipo del tutto nuovo per Milano. Libero sui quattro lati, coperto non da tetti, ma da terrazze, secondo l'uso genovese, era organizzato attorno a due ambienti principali: il grande salone, elevato su due piani e posto, insolitamente, al piano terreno, e il cortile d'onore (Scotti, 1977). Per l'esterno, Alessi usa un partito sobrio, d'impronta romana, e michelangiolesca soprattutto, con qualche citazione da palazzo Farnese (Frommel, 1975); e ugualmente sobrio è, al piano terreno, il cortile d'onore.
Le cose cambiano nel loggiato del piano superiore, dove Galeazzo Alessi dispiega tutto il suo talento di sapiente decoratore, alimentato forse dagli esempi pittorici delle ultime opere romane di Perin del Vaga (Scotti, 1977): erme, mascheroni, sfingi, mensole zoomorfe, festoni a motivi vegetali coprono ogni spazio libero disponibile; una serie di bassorilievi racconta le imprese di Ercole al primo ordine e, al secondo, storie mitologiche tratte dalle Metamorfosi di Ovidio (Scotti, 1977). Una strada scelta proprio per sottolineare la distanza dalla tradizione costruttiva lombarda di età sforzesca. Il repertorio decorativo proposto da Galeazzo Alessi, e si veda, ad esempio, la fortuna del motivo delle erme, segnerà le sorti dell'architettura lombarda del secondo Cinquecento.
Nelle intenzioni di Tommaso Marino, il palazzo doveva essere il fulcro di una vera opera di rinnovamento urbanistico. Non se ne fece nulla, soprattutto per le gravi difficoltà finanziarie del banchiere, che nello stesso anno fu costretto a sospendere la costruzione del palazzo.
Superato il momento difficile, i lavori ripresero nel 1561, ma quando, nel 1572, morirono, a pochi mesi di distanza, Galeazzo Alessi e Tommaso Marino, il palazzo non era ancora compiuto. Ceduto allo stato dagli eredi per porre rimedio alla disastrosa situazione finanziaria lasciata dal banchiere, il palazzo sarà completato solo alla fine dell'Ottocento, con un intervento di restauro di Luca Beltrami (1886) che scatenò polemiche violente: per la fronte nuova, totalmente ricostruita, su piazza della Scala, e soprattutto per l'apertura di un nuovo ingresso che dalla piazza doveva consentire un accesso diretto al cortile. L'intervento di Beltrami alterò irrimediabilmente, così, il progetto di Alessi, e l'orientamento che l'architetto aveva previsto per l'edificio.
I bombardamenti che nell'agosto del 1943 colpirono duramente Milano provocarono danni gravissimi anche al palazzo, e particolarmente al salone d'onore: è perduto il grande affresco della volta con le Nozze di Cupido e Psiche, che avevano eseguito i genovesi Andrea ed Ottavio Semino, con la collaborazione di Aurelio Busso, attorno al 1570; perduti i bassorilievi a stucco con storie di Perseo; e perduti, soprattutto, i sontuosi interni che Galeazzo Alessi aveva ideato per il suo ambizioso committente, di cui resta il ricordo solo in qualche vecchia fotografia.
Notizie storiche
Tale edificio tardo rinascimentale era stato concepito nel 1558 sia dalla committenza (il banchiere genovese Tommaso Marino) che dall'architetto (Galeazzo Alessi) per essere collegato col Duomo, sull'asse che passava davanti alla facciata principale (quella che prospetta su San Fedele e non quella su Piazza Scala che non c'era), da Via Case Rotte alla trasversale dell'odierna Via Marino: anticipazione, seppur spostata di un isolato, della Galleria Vittorio Emanuele. Anche il cortile d'onore era stato concepito come sala aperta con accesso dalla stessa asse.
Le leggende segnano l'inizio e la fine del palazzo: la prima vuole la sua costruzione legata all'amore del conte Marino per Ara, una nobil donna veneziana incontrata in S. Fedele, degna di una abitazione di pari fasto ad un edificio veneziano, come dettavano le condizioni del padre per poter ottenere la sua mano. In quei giorni venne composta una canzone che a Milano ancora qualcuno ricorda: "Ara, bell'Ara discesa Cornara, de l'or fin, del cont Marin strapazza bardocch, dent e foeura trii pitocch, trii pessitt e ona massoeura, quest l'è dent e quest l'è foeura" (Ara, bell'Ara della famiglia Cornaro, dai capelli di oro fino, appartieni al conte Marino strapazza preti, dentro e fuori di casa ci sono tre bravi, con la mazza e i tre pesciolini, questo e dentro e questo e fuori).; l'altra la vuole legata ad una maledizione lanciata da un detrattore dell'usuraio Marino, per cui il frutto delle sue rapine si sarebbe trasformato in rovine (così fu dopo la bancarotta del conte, lasciandolo incompiuto, requisito prima dagli spagnoli e infine confiscato dagli Austriaci nel 1706)
Secondo la tradizione qui nacque la monaca di Monza (Marianna de Leyva) di manzoniana memoria.
Durante il Regno italico, il Palazzo fu sede del Ministero delle Finanze e del Tesoro e dell'Intendenza di Finanza; poi fu l'Emporio del Dazio e la Cassa Generale dello Stato fino al 1848, quando divenne sede del Governo Provvisorio.
al 1860, dopo la permuta del Broletto e in seguito ad un generalizzato restauro, diviene sede del Comune.
Nel 1858, rendendosi esecutivo il piano del 1855 per la demolizioni delle catapecchie antistanti il Palazzo, per fare spazio alla nuova Piazza della Scala, si scopre il fronte secondario del tutto disomogeneo, privo di qualsiasi abbellimento per via della sospensione dei lavori, avvenuta nel sec. XVI. Le discussioni si protrarranno per parecchi anni, ma solo nel 1886 viene approvato un progetto del Beltrami per dare una degna facciata alla nuova sede del Municipio: proponeva semplicemente di riproporre l'architettura dell'Alessi per la facciata principale (su Piazza S. Fedele) anche per quel fronte, essendo gli assi perfettamente rispettati. I lavori ebbero inizio nel 1889 con la creazione di uno scalone diretto al piano superiore e nel 1892 si curava il restauro della vecchia fronte su Piazza San Fedele.
Per gli interni, già dal 1871, l'arch. Colla aveva predisposto sistemazioni per gli uffici comunali e restauri, specie per la Sala Alessi, sede del nuovo Consiglio Comunale. Questa al piano terreno, si distingue per gli stucchi e per le decorazioni pittoriche, magistralmente restaurate dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale.
Nel 1879, nell'antisala del palazzo viene posto l'impianto di regolazione degli orologi elettrici cittadini.
Nel periodo successivo alla fine del I conflitto mondiale vi si attua una generale sistemazione e un parziale sopralzo.
Tra il 1920 e il '25 ritorna di proprietà dello Stato, in cambio di Palazzo Reale. Nel 1926, ceduto definitivamente al Comune, si approfittò per eseguire una razionalizzazione logistica, lasciando al suo interno solo gli uffici di rappresentanza e inerenti al funzionamento del Consiglio, e portando fuori la macchina burocratica.
Uso attuale: intero bene: municipio
Uso storico: intero bene: palazzo gentilizio
Condizione giuridica: proprietà Ente pubblico territoriale
Accessibilità: Solo su appuntamento o per particolari ricorrenze e manifestazioni.
Percorsi tematici:
Credits
Compilazione: Ribaudo, Robert (2009)
Aggiornamento: Alinovi, Cristina (2015)
Descrizione e notizie storiche: Monaco, Tiziana; Ribaudo, Robert
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Barbalini, Fabio
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00036/
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