Compreso in: Basilica di S. Ambrogio - complesso, Milano (MI)
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Basilica di S. Ambrogio
Milano (MI)
Indirizzo: Piazza Sant'Ambrogio - Milano (MI)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: La basilica ambrosiana tripartita, rappresenta il prototipo delle basiliche paleocristiane padane e poi romaniche (longitudinale,volte a crociera sostenute da pilastri con capitelli decorati ed archia tutto sesto) con matronei interni e cappelle; all'esterno facciata con loggiato e quadriportico d'ingresso
Epoca di costruzione: fine sec. IV - sec. XII
Autori: Bramante, Donato, ampliamento e ricostruzione; Canonica, Luigi, ampliamento e ricostruzione
Descrizione
La basilica di Sant'Ambrogio a Milano è senza dubbio il più celebre edificio romanico lombardo, di cui rappresenta, almeno nella coscienza comune, il monumento-simbolo e il cantiere-guida. Essa si pone in tal modo a interprete, e al più alto livello espressivo, del senso profondo dell'esperienza architettonica romanica, riassumendone le principali soluzioni tecniche, dalle grandi volte costolonate all'orchestrazione ritmata per campate del congegno spaziale, all'articolazione dei sostegni, agli spessori murari e al complemento plastico.
Il paesaggio in cui sorse la basilica era, nella tarda antichità, un'area esterna della città, costellata di tombe, edicole funerarie e piccoli edifici di culto. Si trattava infatti della necropoli fuori porta Vercellina (il coemeterium ad martyres), luogo ben noto ad Ambrogio, vescovo di Milano dal 374 e successore dell'ariano Aussenzio, perché, come scrive lui stesso in una lettera alla sorella Marcellina vi si recava spesso a pregare. Su questo fatto e grazie alla sua importanza assunta nel corso dei secoli oggi ci viene restituita la più importante delle basiliche ambrosiane.
Tre grandi campate coperte con volta a crociera costolonata (con costoloni a sezione rettangolare) a monta cupoliforme (sorta di "baldacchini", secondo la terminologia di Hans Sedlmayr) frazionano la navata centrale, cui corrispondono quattro campate minori laterali. La quarta campata, che precede il blocco absidale, è sormontata dal grande tiburio. L'impossibilità di aprire un piano finestrato al di sopra dei matronei ha imposto di traforare la facciata con le tre grandi arcate che formano la loggia soprastante il nartece. Lo spazio interno attuale è piuttosto distante dall'assetto originario. I secoli trascorsi e le diverse campagne di restauro hanno inciso significativamente.
I restauri ottocenteschi hanno soppresso con inconsulte demolizioni quasi per intero la decorazione in stucco che invadeva fastosamente l'abside maggiore; il poco che si è salvato dallo scempio, troppo tardivamente interrotto, è stato ricoverato nel museo della basilica, il primo creato su modello francese a Milano, purtroppo da molti anni inaccessibile e smembrato (parte delle opere è oggi esposta nel cosiddetto "capitolino", parte è stata affidata in deposito al Museo Diocesano). La sua datazione potrebbe risalire al X secolo, anche se i fornici sommitali esterni (confrontabili con quelli di San Nazaro) indicano piuttosto la prima metà del XII secolo, in fase dunque con la ricostruzione delle navate. Il semicatino absidale è interamente occupato dal grande mosaico di iconografia complessa e collocazione cronologica altrettanto controversa. Al centro, su fondo d'oro, sormontato da un ombracolo policromo, è Cristo in trono benedicente, con nella sinistra il libro su cui è la scritta EGO SUM LUX MUNDI. Ai lati sono gli arcangeli Michele e Gabriele, alati e in volo che recano corone, e più sotto i santi Gervasio e Protasio riccamente vestiti. Si induce a collocarlo tra la fine del VI e gli inizi del VII secolo ed è stato oggetto di una serie di restauri estremamente invasivi.
Al centro del presbiterio, a protezione dell'"altare d'oro" realizzato da Vuolvinio per l'arcivescovo Angilberto II (824-859) e della sepoltura del santo vescovo e dei martiri Gervasio e Protasio, si erge il grande ciborio, a base quadrata, con quattro colonne angolari di porfido e quattro frontoni cuspidati decorati in stucco. Nella zona presbiteriale i restauri e gli scavi della seconda metà dell'Ottocento hanno inciso profondamente, stravolgendo un assetto plurisecolare. Il ciborio in particolare costituiva una testimonianza eccezionale dell'orientamento dell'antica basilica, restando in lui impresso, fossilizzato, il discostamento di alcuni gradi che quella presentava rispetto alla ricostruzione romanica.
Notizie storiche
La datazione dell'insigne monumento è stata, almeno sino agli inizi del Novecento, estremamente tormentata, con oscillazioni tra il IX e l'XI secolo, sia perché le principali soluzioni architettoniche sono frutto di una specifica storia edilizia e del dialogo continuo che lega la basilica al suo precedente tardoantico.
Accanto ad una necropoli fuori porta Vercellina (il coemeterium ad martyres), Ambrogio, intorno al 380, fondò una basilica dedicata ai martiri (basilica martyrum), consacrata nel 386 con la deposizione delle reliquie dei santi martiri Gervasio e Protasio rinvenute casualmente pochi giorni prima presso la vicina basilica dei Santi Nabore e Felice. Probabilmente nel 378, Ambrogio aveva deposto nello stesso cimitero il corpo del fratello Satiro, la cui iscrizione sepolcrale ricordava come fosse stato sepolto "alla sinistra" di un martire, quasi certamente Vittore. Anche la sorella Marcellina venne sepolta "confidando nella compagnia del riposo dei fratelli", chiudendo così il cerchio di una serie di depositi funebri di carattere accentuatamente parentale.
La notizia della sua consacrazione è sempre fornita dallo stesso Ambrogio, che rievoca il ritrovamento dei corpi dei martiri ante cancellos Felicis et Naboris, la basilica dei Santi Nabore e Felice (su cui venne in seguito costruita San Francesco Grande). Già durante la vita del vescovo la basilica aveva dunque, almeno nella voce popolare, assunto il suo nome. Alla morte del fondatore, avvenuta nel 397, le sue spoglie furono collocate sotto l'altare maggiore, a fianco di Gervasio e Protasio, così come aveva lui stesso disposto. Di questa prima basilica si conosce molto poco, ma comunque a sufficienza per poterne ricostruire la planimetria, soprattutto grazie alle esplorazioni condotte nel corso dei restauri della seconda metà dell'Ottocento e ai rilevamenti di Gaetano Landriani (1889), cui hanno fatto seguito nel Novecento le ricerche di Ferdinando Reggiori (1942, 1966). Si trattava di una basilica colonnata, ad andamento longitudinale, con due file di tredici colonne per parte che la ripartivano in tre navi, di cui la centrale, maggiore, ampia il doppio delle laterali (12,50/6,22 m).
Dall'inizio del XII secolo si vede l'avanzamento dei lavori così schematicamente riassumibili: a) dal 1100 circa, costruzione del corpo longitudinale delle navate, agganciato al preesistente blocco orientale (X secolo?), sino alla facciata con loggia e nartece; rimodellazione esterna dell'abside maggiore; b) ante 1128, costruzione del campanile dei canonici (che si addossa al corpo longitudinale già edificato); c) aggiunta dei tre bracci dell'atrio porticato (che si addossa alla facciata); d) 1140 circa, arredo liturgico (coro e ambone). La relativa omogeneità della struttura e del complemento plastico assicura della rapidità delle opere e della ragionevole vicinanza e consequenzialità delle diverse tappe, che si dovettero esaurire nelle parti essenziali.
Tra il 1192 e il 1194 tutto l'edificio venne ricoperto di piombo (lo stesso che Petrarca vedeva rilucere dalla finestra della sua abitazione milanese).
La principale novità strutturale è costituita dall'adozione, nell'articolazione spaziale, del sistema alternato, fondato cioè sul ritmo alterno di sostegni "forti" e "deboli" in relazione a quattro grandi campate quadrate centrali, alle quali si collegano con gerarchica subordinazione quelle delle navate laterali, coperte da volte a crociera costolonata.
La sua estensione al matroneo ha comportato la rinuncia, per evidenti funzioni statiche, alla creazione di un ulteriore piano finestrato, controbilanciato dalla grande loggia traforata di facciata a doppio spessore, forse l'invenzione più straordinaria dell'anonimo architetto. Sulla quarta campata, sorta di "camera di compensazione" tra il corpo delle navate e il precedente blocco orientale, si impostò il grande tiburio con cupola interna.
Uso attuale: intero bene: chiesa
Uso storico: intero bene: chiesa
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Percorsi tematici:
Credits
Compilazione: Ribaudo, Robert (2009)
Descrizione e notizie storiche: Cassanelli, Roberto
Fotografie: Barbalini, Fabio
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00055/
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