Compreso in: Certosa di Garegnano - complesso, Milano (MI)
Certosa di Garegnano - complesso
Milano (MI)
Indirizzo: Via Garegnano 28 - Garegnano, Milano (MI)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: monastero
Configurazione strutturale: Ben al di fuori dalle mura cittadine, nell'allora parco del Castello, alla Certosa di Milano oggi si accede da Via Garegnano, traversa del Viale Certosa. Prima certosa della Lombardia, col tempo il complesso divenne una delle principali fabbriche ecclesiastiche della Milano rinascimentale, classicista e barocca. Dell'enorme complesso oggi rimane ben poco, se non la chiesa, il cortile dell'Elemosina, il cordile d'Onore (suggestivo vestibolo elittico movimentato da tre esedre) e qualche porzione degli edifici dei certosini intorno al chiostro della foresteria, da cui si accede all'antico refettorio monastico, ora cappella delle suore francescane missionarie. Del grande chiostro dei monaci rimane qualche frammento e le linee del portico sul lato verso l'imbocco dell'Autostrada A8
Epoca di costruzione: metà sec. XIV - inizio sec. XVII
Autori: Seregni, Vincenzo, costruzione chiostro grande e rifacimento chiesa; Tibaldi, Pellegrino (?), ristrutturazione e ampliamento basilica
Comprende
- Chiesa di S. Maria Assunta in Certosa di Garegnano, Milano (MI)
- Chiostro grande della Certosa di Garegnano (resti), Milano (MI)
Descrizione
Messo a contratto nel 1578 e collaudato nel 1582, il ciclo di affreschi e tele di Simone Peterzano nel presbiterio, scandito dagli stucchi di Marsilio de Siolis, è la prima tappa del rinnovamento figurativo controriformato della Certosa. Il programma iconografico è imperniato sulla Redenzione. La Natività coi pastori e l'Adorazione dei Magi sono i soggetti dei dipinti murali del presbiterio, mentre superiormente, sulla cupola, sono raffigurati Angeli con i simboli della Passione, Profeti, Sibille e gli Evangelisti. Nel catino absidale l'affresco della Crocifissione include ai piedi della croce la Maddalena, espressione dei valori penitenziali e ascetici caratterizzanti la spiritualità certosina.
Il pittore, che aveva già ricevuto importanti commissioni religiose a Milano, vi esibisce un linguaggio composito, in cui le radici veneziane (dalle quali traeva l'orgoglioso appellativo Ticiani alumnus di cui si fregiava) si intrecciano ecletticamente con elementi di naturalismo e luminismo lombardo, fra Brescia, Bergamo e Cremona, e di manierismo tosco-romano. Ma sotto il profilo storico l'aspetto di maggiore rilievo è costituito dal richiamo perentorio, nelle articolate disposizioni contrattuali dettate dai monaci committenti, alle esigenze del decoro e della devozione, che si affianca alle richieste di una perfetta esecuzione tecnica e formale, in tempestiva aderenza alle normative di controllo delle immagini sacre autorevolmente affermate da Carlo Borromeo. Ad esse il Peterzano si adegua (e con particolare evidenza nel deliberato neocinquecentismo dell'austera, compassata pala centrale), prendendo le distanze dalla maniera più libera ed estrosa degli esordi all'insegna del tizianismo e del tintorettismo, che nei suoi primi anni milanesi l'aveva messo in contatto con l'ambiente di fronda della lomazziana Accademia della Val di Blenio. Nei decenni successivi, un severo rigorismo controriformato accomuna le nuove pale d'altare.
In tale contesto si colloca la convocazione di Daniele Crespi per gli affreschi della navata di Garegnano, ultimati nell'aprile del 1629 (la firma e la data sono apposte sul primo lunettone del fianco sinistro, L'incontro di Ruggero di Calabria con san Bruno in preghiera) e della cappella del santo nella Certosa di Pavia, punto d'arrivo di una carriera artistica precocemente troncata dalla morte per peste nel 1630. Daniele Crespi era all'epoca indiscutibilmente il pittore di maggiore prestigio sulla scena milanese, morti da pochi anni (rispettivamente nel 1625 e nel 1626) Giulio Cesare Procaccini e il Morazzone, ancora vivo il Cerano (morirà nel 1632), che però solo nella giovinezza aveva praticato l'affresco.
Il programma iconologico è visivamente tradotto da Daniele Crespi con le caratteristiche del suo linguaggio maturo, in cui il naturalismo della tradizione figurativa lombarda si fonde con il recupero dei modelli del primo Cinquecento e con l'influenza del classicismo emiliano e, forse, si arricchisce anche attraverso "una presumibile esperienza romana con gli occhi aperti sugli affreschi del Lanfranco e del Domenichino" (Rosci, 1999) per approdare a quella "esposizione chiara ed esemplare dei contenuti devozionali, che si pone come evidente testimonianza dell'adesione dell'artista alle istanze federiciane" (Frangi, 1996).
Notizie storiche
Fondata nel 1349 da Giovanni Visconti, arcivescovo e signore di Milano, amata dal Petrarca, che fu ospite dei monaci nell'estate del 1357 e trovò nel cenobio di nuova costruzione, domus nova sed nobilis, un rifugio quieto e fresco lontano dall'agitata vita di corte, diversorium amenissimum saluberrimumque, la Certosa di Garegnano fu interessata nell'età post-tridentina da una rimodellazione che incise radicalmente sul volto architettonico e figurativo del complesso, cancellando quasi completamente (a differenza di quanto si verificò per l'altra grande Certosa lombarda di Pavia) le preesistenze gotiche e rinascimentali. Per l'attuale assetto architettonico della chiesa e degli edifici conventuali annessi, questi ultimi profondamente modificati dopo la soppressione del 1782 (è andato interamente distrutto il "chiostro grande", fiancheggiato su tre lati dalle celle-casette dei monaci), alla tradizionale assegnazione a Pellegrino Tibaldi di origine seicentesca, gli studi moderni hanno sostituito i nomi dell'Alessi e del Seregni, e il secondo sembra il più convincente sulla scorta di numerosi documenti e disegni che attestano il suo prolungato coinvolgimento nel cantiere. Al 1562 risale la nuova consacrazione della chiesa; la data del 1608 è incisa sopra il portale maggiore, pur se il decorso dei lavori, tanto per la parte architettonica quanto per gli apparati plastici e pittorici della facciata e dell'interno, si estese oltre la seconda data.
Come ha bene osservato Mina Gregori (1973), la congiuntura storico-religiosa era profondamente mutata rispetto alla prima fase decorativa post-tridentina della Certosa milanese, di cui era stato protagonista il Peterzano, durante l'episcopato di Carlo Borromeo: "La riorganizzazione della Chiesa dal punto di vista istituzionale aveva rinnovato e fortificato gli Ordini religiosi", e conseguentemente la narrazione della vita di san Bruno (fitta di episodi immaginosi, talora persino melodrammatici, come quella Resurrezione di Raimondo Diocrès che nella versione di Daniele Crespi conobbe straordinaria fortuna in età romantica, suscitando fra l'altro l'ammirazione di Byron, condotto a Garegnano da Stendhal durante il suo soggiorno milanese nell'autunno del 1816), congiunta alla presentazione dei santi, dei beati e dei martiri certosini, mirava "a rafforzare ed esaltare lo spirito dell'Ordine e a compiere un'opera di edificazione mediante la rappresentazione degli esempi di virtù, dei miracoli e, in una nuova estensione del concetto di santità, delle visioni".
Nel ciclo di Garegnano, uno dei massimi vertici del Seicento lombardo, "una nuova didascalica leggibilità basata sul classicismo naturalistico delle forme" (Bora, 1989) si combina con una forte carica espressiva, in cui affiorano memorie della tradizione leonardesca, caratteri che confermano la sintonia di Daniele Crespi con gli indirizzi di Federico Borromeo, di cui Daniele fu "il più fedele interprete [...] nella breve meteora di una vita tutta all'interno dell'età federiciana, stroncata dalla peste del 1630" (Rosci, 1999). Nella seconda metà del Settecento, la storia artistica della Certosa di Garegnano si conclude con l'ultimo capitolo degli interventi di Biagio Bellotti da Busto Arsizio nella Sala Capitolare e nella cappella dell'Annunciazione, o del Santo Rosario.
L'insieme è contraddistinto da un'assoluta coerenza stilistica, frutto della riuscita integrazione fra pittura di figura, quadrature (assegnate al milanese Antonio Agrati, collaboratore del Bellotti in altre occasioni) ed elementi architettonici ed ornamentali, che avvicina la cappella, vero e proprio Gesamtkunstwerk, alle migliori creazioni del rococò internazionale.
Uso attuale: intero bene: parrocchia
Uso storico: intero bene: certosa
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Accessibilità: Informazioni su orari e visite guidate alla Certosa disponibili sul sito internet: www.certosadimilano.it
Credits
Compilazione: Ribaudo, Robert (2011)
Aggiornamento: Uva, Cristina (2015); Zanzottera, Ferdinando (2015)
Descrizione e notizie storiche: Coppa, Simonetta
Fotografie: Bonelli, Daniele; Zanzottera, Ferdinando
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00412/
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