Villa Mirabello

Milano (MI)

Indirizzo: Via Villa Mirabello 6 (Nel centro abitato, distinguibile dal contesto) - Milano (MI)

Tipologia generale: architettura per la residenza, il terziario e i servizi

Tipologia specifica: villa

Configurazione strutturale: Situata in origine in aperta campagna, è oggi inserita in un quartiere urbano a cui dà il nome. Nonostante le manomissioni avvenute nel dopoguerra su progetto dell'architetto Ambrogio Annoni, rappresenta la tipologia della villa-cascina quattrocentesca. Il nucleo originario corrisponde, in parte, all'edificio a L su strada con il loggiato sulla corte interna, la scala e il balcone sul fronte. A questo corpo di fabbrica è affiancata la chiesa dedicata alla Mater Amabilis con affreschi del Quattrocento. La corte è chiusa dall'ala dei rustici, aggiunta al nucleo originario così come il camminamento coperto che collega i due edifici. La villa si affaccia inoltre su un hortus conclusus cinto da un robusto muro

Epoca di costruzione: seconda metà sec. XV

Autori: Michelozzi, Michelozzo, collaborazione alla costruzione e ampliamenti; Fra Bartolomeo, sovrintendente alle decorazioni

Descrizione

Villa Mirabello è uno degli esempi di maggior interesse per quanto riguarda la tipologia della villa-cascina suburbana quattrocentesca, e tra gli edifici meglio conservati nell'area prossima al centro urbano di Milano insieme alla Bicocca degli Arcimboldi, entrambe sulla direttrice nord di Milano e poste a breve distanza l'una dall'altra, e la Cascina Bolla in zona San Siro.
Legata alla famiglia Mirabello, ai quali si deve probabilmente l'inizio della costruzione dell'edificio, la villa entra nel 1445 in possesso di Pigello Portinari, nobile fiorentino incaricato di gestire a Milano il Banco Mediceo e committente della cappella Portinari in S. Eustorgio affrescata da Vincenzo Foppa, e successivamente del fratello Azareto. Dopo essere stata possedimento dei Landriani e di Giovanni Marino alla metà del Cinquecento, per la villa, relegata alla sola funzione agricola, inizia una fase di decadenza interrotta solo all'inizio del Novecento grazie ad una serie di restauri, anche di carattere stilistico (Perrone, Annoni).
Il complesso, in mattoni a vista, si struttura secondo una disposizione ad L, con finestre ogivali con cornici in cotto incorniciate da fasce intonacate e graffite. Sul piccolo cortile si apre un triportico con loggiato al piano nobile con colonne lignee ottagonali. Del nucleo originario però rimane però il solo corpo a L su strada, anche se interessato dalle manomissioni dell'Annoni, soprattutto con il loggiato sulla corte interna, la scala e il balcone sul fronte.
L'edificio è fiancheggiato da una piccola chiesa dedicata alla "Mater Amabilis" con affresco quattrocentesco raffigurante un santo che innalza la croce.
A chiudere la corte, l'ala dei rustici, che non sono parti originali del complesso come d'altronde il camminamento coperto, che mette in comunicazione i due diversi organismi costruiti, oltre che dare un senso di compiuta chiusura al cortile interno. Al di là si estende l'hortus; il tutto cinto da un robusto muro.

Internamente, una grande sala conserva una fascia con decorazioni araldiche dei Landriani e dei Brivio, inoltre sono visibili tracce di affreschi a motivi araldici e decorazioni con fiori e melograni, nonché un affresco nel sottotetto di carattere cortese con la raffigurazione di un musico che suona la mandola ed una dama col tamburello.
All'esterno, nel centro del cortile, la vasca, detta del "mangia bagaj". Si tratta di una copia del Beltrami, fatta alla fine del XIX sec., dell'originale visconteo conservato a Bellinzona, e proveniente dal Castello di Vigevano.
Dal 1916 è sede della Casa di lavoro e patronato per i ciechi di guerra di Lombardia.

Notizie storiche

Alcuni documenti dei primi anni del XV sec., attestano qui una proprietà, già di Filippo Maria Visconti, acquisita dal nobile Giovanni Mirabello, che da' il nome alla successiva villa, che doveva già avere qualche manufatto architettonico ad uso agricolo.
Dai registri ducali si deduce che a metà del XV sec. si ha la trasformazione in residenza di campagna, grazie all'acquisto di Pigello Portinari, il banchiere fiorentino a Milano per conto dei Medici. Il suo intento è quello di creare in una località amena, un complesso a metà tra un casino di caccia e una piccola villa di delizia. E' attestato in questo periodo nei cantieri del nobile toscano la presenza di Michelozzo, che deve aver dato nella realizzazione del complesso almeno un contributo nell'impostazione generale.
Alla morte di Pigello Portinari, nel 1468, il fratello Azareto incarica un discepolo di Foppa, il pittore Bartolomeo da Prato, di sovrintendere alla conclusione dei lavori.
Alla fine del XV sec. è registrato la proprietà alla famiglia filo-sforzesca dei Landriani-Brivio, di cui rimangono in villa parecchi stemmi. In particolare doveva essere la dimora privata del frate Girolamo Landriani, Generale della Congregazione degli Umiliati, che la deteneva anche ad uso dell'Ordine, di cui sono registrati laboratori lanieri all'interno della proprietà. Di quì passa anche Lodovico il Moro, durante il suo breve ritorno in Milano, successivo all'interegno dei Trivulzio, come si evince da una lettera del duca del 1500, alla cognata Isabella d'Este
Intorno alla metà del XVI sec. è indicata come proprietà di Giovanni Marino, fratello del banchiere genovese Tommaso.
La dimora passa quindi da villa di campagna a semplice manufatto ad uso agricolo di una vasta proprietà dei Serbelloni, di cui se ne registra il possesso per c. duecento anni (metà del XVI sec.-metà del XVIII sec.)
Altri passaggi di proprietà, dai Busca al conte Gianfranco Suardo di Bergamo, non giovano alla villa, che continuando ad essere caratterizzata dalle
sole funzioni agricole, finisce per essere trascurata fino al completo abbandono (meta XVIII sec.- inizio XX sec.)
Agli inizi del XX sec. la villa versava in uno stato tale di abbandono, ormai insidiata dal terrapieno ferroviario adiacente, che, il conte Gianfranco Suardo di Bergamo valutata la possibilità di un radicale restauro del complesso, secondo un progetto dell'arch. Perrone, aveva invece preso in considerazione la possibilità di una totale demolizione.
Grazie all'interessamento della Società del Quartiere Industriale Nord Italia, vennero rispolverati i piani di restauro intrapresi dal Perrone, che dal 1906 al 1916, lavora per un rilancio della villa, fino allo scoppio della I Guerra Mondiale. Facciata tardogotica, in mattoni, finestre archiacute con spalle in cotto e intonaco graffito denotano superfetazioni dettate più dall'idea dell'antico e dal gusto dell'epoca, che da interventi filologici: filosofia per altro ripresa dal successivo restauro. Di questo intervento rimane memoria visiva, grazie aad un dipinto del Labò, che la immortala ancora isolata nella campagna.
Nel primo dopoguerra, si ha l'acquisto della villa da parte dei coniugi Mulatti, per farne dono ai ciechi di guerra, che intendono farne la sede della loro Casa di lavoro e patronato per i ciechi di guerra di Lombardia. Per ospitare le strutture dei ciechi di guerra, negli anni Trenta, i nuovi restauri furono affidati affidati all'arch. Annoni, che riuscì a restituirci, nonostante le ingombranti scelte di "stile", la villa nel suo aspetto quattrocentesco e sopratutto sanando i mutilamenti, le superfetazioni e l'incuria del tempo.
Il complesso architettonico così modificato, rimane un'isola entro il suo ampio giardino, all'interno di quartiere residenziale, fatto di villette liberty e tagliato già da qualche grande vialone che detta lo sviluppo dell'espansioni settentrionali della nuova città.

Uso attuale: corpo principale: casa di riposo; rustici: uffici

Uso storico: corpo principale: abitazione

Condizione giuridica: proprietà persona giuridica senza scopo di lucro

Riferimenti bibliografici

Langé S., Ville della provincia di Milano. Lombardia 4, Milano 1972, pp. 417-18

Fumagalli C./ Sant'Ambrogio D./ Beltrami L., Reminescenze di Storia e di Arte nel suburbio e nella città di Milano, Milano 1891

Moretti G., La conservazione dei monumenti di Lombardia dal 1900-1906, relazione dell'Ufficio Regionale con la collaborazione del dr. Nebbia, Milano 1908

Francar A.E., Fasti del passato: la villa Mirabello, Milano 1919, v. VIII

La casa di lavoro e Patronato per i ciechi di guerra di Lombardia e la sua opera assistenziale: ente morale, R.D. 4 marzo 1920, Milano 1920

La casa di lavoro per i ciechi di guerra, Cenni storici sulla villa Mirabello di A. Annoni, Milano 1930

Annoni A., Scienza e Arte del Restauro architettonico, La villa Mirabello di A. Annoni, Milano 1946

Perogalli C./ Bescapè G.C., Ville milanesi, Milano 1965

Bagnoli R., Passeggiate milanesi fuori porta, Da Porta Garibaldi a Porta Venezia, Milano 1966, v. II

Binaghi Olivari M.T./ Süss F./ Bagatti Valsecchi P.F., Le ville del territorio milanese, Milano 1989, v. I pp. 28, 32; v. II p. 135

Percorsi tematici:

Credits

Compilazione: Ribaudo, Robert (2008)

Aggiornamento: Marino, Nadia (2016)

Descrizione e notizie storiche: Magnani, Ada; Marelli, Paolo; Ribaudo, Robert

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