Monastero di S. Lanfranco, complesso

Pavia (PV)

Indirizzo: Via Beccari Lanfranco - Pavia (PV)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: Restano resti di due chiostri laterali facenti parte dell'antico monastero e la chiesa romanica. questa ha un organismo a navata unica. Al transetto settentrionale si addossa il campanile.

Epoca di costruzione: ultimo quarto sec. XII - fine sec. XV

Autori: Amadeo. Giovanni Antonio, decorazione chiostro grande e cappella del santo

Comprende

Descrizione

Il complesso sorge pochi chilometri a ovest di Pavia, sul fianco sinistro del Ticino, ed è composto dall'edificio ecclesiale tardoromanico, dalla torre campanaria e da ciò che rimane dei due chiostri rinascimentali.
Ai restauri stilistici degli anni 1915-1935 a cui si devono ampi ripristini dei sostegni di parete, delle monofore etc.
L'impianto planimetrico della chiesa, a navata unica di quattro campate lievemente oblunghe in senso trasversale, che sbocca su un transetto molto sporgente con bracci voltati a botte e campata di incrocio sormontata da un tiburio con cupola ottagonale, è a sua volta un compromesso tra le consuetudini dei vallombrosani, che prediligevano semplici chiese a croce commissa, coperte da capriate (a eccezione eventuale del presbiterio), e le tradizioni costruttive del romanico maturo pavese, che trasformano il tipo vallombrosano con l'introduzione di un tiburio lombardo e l'estensione a tutto l'invaso della volta in muratura. Le crociere della nave leggermente cupoliformi, sono sostenute da archi trasversi a doppia ghiera in laterizio, con inserimenti ritmici di conci bianchi, che ricadono su pilastri parietali formati da una semicolonna aggregata a due lesene. I pilastri, così come i semplici capitelli scantonati (misti, laterizi e lapidei) e le basi attiche unghiate, sono quasi integralmente di ripristino, frutto dei restauri di Ambrogio Annoni degli anni Trenta del Novecento. Imponenti contrafforti di sezione rettangolare rispondono all'esterno alla spinta delle crociere, secondo un'orchestrazione strutturale che a Pavia viene sperimentata negli stessi anni anche per il "restauro" tardoromanico di una chiesa di antichissima fondazione, quella dei Ss. Gervasio e Protasio. Le volte del S. Lanfranco erano in origine, come aveva già notato de Dartein, caricate anche del peso del tetto dal momento che le tegole poggiavano direttamente sull'estradosso delle volte a cui era data, tramite l'interposizione di macerie e malta, la pendenza delle falde. Il sistema, ampiamente noto e usato fin dall'inizio dell'XI secolo, aveva dissestato la struttura al punto che a seguito di alcune perizie del 1745, eseguite dagli ingegneri G.A. Veneroni e A. Ghisalberti, il sistema di copertura venne mutato innalzando i muri laterali (è evidente lo stacco di muratura) e introducendo sopra le crociere, e senza gravare su di esse, un'armatura lignea per il nuovo tetto. Contestualmente vennero armati con tiranti gli archi trasversi e si addossò una scarpa al muro nord della chiesa. Il presbiterio della chiesa venne ricostruito attorno al 1509 per volere del commendatario, il marchese Pietro Pallavicini, ed è uno dei diversi interventi che in età rinascimentale vennero ad abbellire il luogo della sepoltura del vescovo Lanfranco. Alla costruzione dello splendido chiostro piccolo voluto dall'abate Luca Zanachi nel 1467, e malauguratamente distrutto nei tre lati est ovest e sud nel 1784, fece seguito l'edificazione del chiostro grande, su progetto dell'Amadeo, la realizzazione dell'arca di san Lanfranco e infine appunto il rifacimento del presbiterio della chiesa.
Durante i restauri del secolo scorso si rinvenne la traccia dell'abside originaria, che si innestava direttamente sulla campata di incrocio senza intermediazione di campata di coro, secondo lo schema planimetrico vallombrosano, e si recuperò anche nozione delle due piccole absidiole che si aprivano in antico sul lato est dei due bracci di transetto (forse in spessore di muro come nel precedente di S. Giovanni in Borgo).
Di particolare rilevanza sono invece i bacini ceramici, ancora originali che decorano in corrispondenza degli oculi e della galleria superiore la facciata e che costituiscono rari e preziosi esempi di maiolica arcaica pavese (Aguzzi, Blake 1978). La policromia della facciata era inoltre esaltata in origine da una integrazione dipinta in rosso dei giunti e dei mattoni stessi del paramento laterizio a vista.

Notizie storiche

L'importanza del sito risiede nel fatto di costituire uno dei primi insediamenti monastici vallombrosani nel nord Italia, ma la datazione esatta della venuta a Pavia dei discepoli di Giovanni Gualberto, così come la corretta determinazione della sequenza costruttiva della chiesa, dipende dall'interpretazione, tutt'altro che agevole, di una serie di dati storici, documentari, cronachistici, spesso contraddittori.
Non semplifica la ricostruzione delle fasi iniziali dello stanziamento vallombrosano a Pavia la lettura di un testo nominato Funus Monasticum, che apparteneva alla fine del xviii secolo all'ultimo abate di S. Lanfranco, don Siro Beretta e che fu trascritto da Bertolasio, canonico della cattedrale negli stessi anni, per essere infine ripreso e analizzato da Robolini. Lanzani lo ha riconosciuto nel Rituale codice 512 dell'Archivio Storico Civico di Milano e Biblioteca Trivulziana. In esso, a parte un'indicazione cronologica sulla fondazione del monastero al 1190, che confligge con i documenti del 1123 sopra citati, si leggono altre date relative alla consacrazione della chiesa (1236), alla costruzione del campanile (1237) e al completamento della facciata (1257). L'origine del documento, anticamente di proprietà del monastero di S. Lanfranco, e l'età delle scritture in anni prossimi alle date indicate, ne fanno un documento attendibile, non per lo stanziamento dei monaci, quanto per le fasi esecutive della chiesa che oggi vediamo, o almeno di alcune sue parti. Infine, è assai probabile che a questi due "tempi" della vicenda iniziale dell'insediamento vallombrosano sulle rive del Ticino, vale a dire la prima fondazione del cenobio attorno al 1100, e la costruzione della chiesa attuale, verso lo scadere del xii secolo, corrispondessero due differenti siti. Da un documento del luglio 1174 si ricava infatti l'informazione di un prima chiesa di S. Sepolcro costruita più a ovest verso la località di S. Sofia, sul terrazzo fluviale del Ticino un tempo denominato costa Fragonaria. L'abbandono del primo stanziamento, forse a causa dei movimenti del letto fluviale, e la scelta del nuovo sito, nell'avvallamento fluviale più prossimo alle mura urbiche noto come Val Vernasca, avvenne prima del 1145, anno di un ulteriore documento che ricorda già il nuovo monastero di S. Sepolcro, insediato in un terreno concesso dai canonici della cattedrale.
L'originaria dedicazione al Sepolcro di Cristo fotografa probabilmente, oltre il culto cristocentrico dei vallombrosani, il particolare clima di entusiasmo generatosi anche in Lombardia dalla mobilitazione per la prima crociata, e in particolare a Pavia dal passaggio nell'autunno del 1096 di Urbano II. Opicino de Canistris ci dice che la chiesa conteneva ancora ai suoi tempi una imitatio sepulcri conforme nelle dimensioni all'originale di Gerusalemme, che veniva venerata il Venerdì Santo. Il Funus Monasticum ricorda la presenza nella chiesa di sei altari: S. Biagio, S. Maria, Ss. Pietro e Paolo, S. Benedetto, S. Bartolomeo e S. Sepolcro che era forse il maggiore. Se la copia architettonica della tomba di Cristo fosse stata vicina alla mensa d'altare si veniva a ricreare una situazione già attestata per gli inizi dell'xi secolo a Fruttuaria, dove gli scavi archeologici hanno permesso di ritrovare davanti all'altare maggiore una rotonda del Sepolcro certamente impiegata in particolari "giochi liturgici" del triduo pasquale. La presenza dalla fine del xii secolo della tomba del vescovo Lanfranco (1180-1198) rifugiatosi negli ultimi mesi della sua vita nel monastero vallombrosano e morto in odore di santità, portò sotto la spinta della devozione popolare alla nuova titolazione, benché il presule non fosse mai stato canonizzato.
Una datazione verso il 1200, o almeno all'ultimo quarto del XII sec. è senz'altro la più probabile.
Sul muro sud della terza campata della chiesa si trovano interessanti affreschi databili alla metà circa del XIII secolo, ultimo residuo della decorazione interna.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: monastero

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Credits

Compilazione: Ribaudo, Robert (2013)

Descrizione e notizie storiche: Schiavi, Gian Luigi

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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