Compreso in: Villa Arconati - complesso, Bollate (MI)
Villa Arconati - complesso
Bollate (MI)
Indirizzo: Via dei Leoni (Fuori dal centro abitato, distinguibile dal contesto) - Castellazzo, Bollate (MI)
Tipologia generale: architettura per la residenza, il terziario e i servizi
Tipologia specifica: villa
Configurazione strutturale: La Villa è ancora oggi affiancata, come in origine, da un Borgo rurale e dalla chiesa di San Guglielmo. Considerata una rivisitazione all'italiana della Versailles di Luigi XIV. La Villa oggi si presenta nella struttura completata dalla famiglia Arconati sul finire del XVIII secolo ed espressione del barocchetto lombardo. La villa presenta una pianta con schema ad "H" che definisce la corte d'ingresso e la corte nobile. La struttura verticale è in muratura portante in laterizio intonacato; il portico affacciato verso il giardino è sostenuto da colonne binate in pietra. Le strutture orizzontali sono realizzate con solai lignei o volte, prevalentemente a padiglione. La copertura è a falde articolate con rivestimento in coppi. Lo scalone principale, situato nel corpo settentrionale e affacciato sul portico, si sviluppa su due rampe appoggiate
Epoca di costruzione: inizio sec. XVII - sec. XIX
Autori: Ruggeri, Giovanni, progetto; Galliari, Bernardino, decorazione; Galliari, Fabrizio, decorazione; Galliari, Giovanni Antonio, decorazione
Descrizione
Carattere generale
Due statue di leoni da secoli vigilano sul viale alberato che conduce al complesso di Castellazzo: lasciato il traffico della strada Varesina, il visitatore è accompagnato alla facciata d'ingresso della villa, che gradualmente si rivela. Inserita nel verde e affiancata dalla chiesetta e dal borgo rurale (ancora oggi parzialmente abitato), la "piccola Versailles" continua a stupire, seppure lo stato di conservazione palesi inesorabilmente il passare del tempo e la necessità di preservare "una delle più belle e maestose delizie" dello Stato di Milano, a giudizio di Marc'Antonio Dal Re, autore di incisioni a colori, che ne 'ritraggono' interni ed esterni, restituendo immagini e atmosfere del XIX secolo.
La villa si sviluppa su un impianto planimetrico ad H, definito da due corti: quella d'ingresso, ad ovest, e la corte nobile, ad est, affacciata su uno degli assi del giardino, verso il quale si allungano il corpo delle limonaie e la torre delle acque. La semplicità delle linee architettoniche seicentesche, riconoscibile nei tre lati della corte nobile, sulla quale si apre il portico sostenuto da colonne binate, si arricchisce, nei prospetti disegnati o completati nel Settecento, di forme del tardo barocco lombardo, attraverso cornici e frontoni dalle linee dinamiche e spezzate, nicchie con statue e mensole decorate.
Entrando, si scoprono pavimenti in mosaico alla veneziana, infissi dipinti, affreschi e stucchi, di epoche diverse, un' "antologia dell'evoluzione del gusto", anticipata dal monumentale scalone a due rampe che porta al piano nobile: le pareti scompaiono nelle finte prospettive architettoniche aperte sul cielo, come nel salone principale, trasformato in esuberante 'scenografia' dai fratelli Galliari.
La villa vive in sintonia con l'impianto del parco, con il quale condivide l'orientamento dei viali principali, culminanti in fontane, "teatri" (quinte vegetali o in muratura che inquadrano statue o gruppi scultorei), cancelli e nel padiglione della voliera. Poco leggibili oggi, ma conservati nell'impianto, il giardino all'italiana, i labirinti, i viali coperti da volte verdi e il giardino strutturato alla francese con parterres, che, con i boschetti e il "parco dei cervi", ospitavano la vita della nobiltà lombarda: "Noia, tristezza ed affanno, risse, livore e frode lungi da qui si stanno", scriveva Felice Leonardi, autore dei versi che accompagnano le incisioni di Dal Re.
Il barocco in villa
L'ampliamento e la rimodellazione settecentesca della villa, con la costruzione dell'ala sud-ovest simmetrica alla "galleria" seicentesca, e la formazione di una corte a U intorno al giardino minore, detto "giardino dei fiori", rivolta al viale d'ingresso e allo stradone che conduce a Milano, risalgono alla iniziativa di Giuseppe Antonio Arconati (1698-1763). L'attribuzione di tale risistemazione, e più specificatamente dell'"ornato" della facciata sul "giardino dei fiori" a Giovanni Ruggeri da parte di Marc'Antonio Dal Re, cui si deve un'ampia illustrazione delle "delizie della Villa di Castellazzo" (1743), ha trovato indiscussa accoglienza nella storiografia, fino al ridimensionamento contenuto nella monografia di Patrizia Ferrario (1996). Il Ruggeri, morto nel 1729, si sarebbe limitato a fornire un disegno di massima per la rettifica di una facciata preesistente, dal momento che gli interventi documentati di Giuseppe Antonio Arconati nel complesso risalgono al quinto decennio del Settecento. In particolare, nell'ala sud-ovest, di cui il Dal Re scrive: "nell'altro braccio alla destra che guarda sul giardino, stendonsi altri nobili appartamenti, tutti superbamente, e con rara dilicatezza di gusto, addobbati", forse, secondo la sua accomodante consuetudine, anticipando in ossequio al proprietario i tempi di conclusione della costruzione, una stima del giugno 1742 redatta dall'ingegnere collegiato Carlo Antonio Pessina attesta invece che a quella data i lavori erano ancora in una fase iniziale; risale inoltre al 5 aprile 1749 il contratto con lo scalpellino Pietro Pirovano per la balaustra dello scalone d'onore con le armi degli Arconati. Tali notizie costituiscono un indiretto supporto alla datazione intorno al 1750 proposta dalla Bossaglia (1962) per la decorazione del salone principale dell'appartamento nobile, firmata dai "fratelli Galliari", firma collettiva che va sciolta nei nomi di Fabrizio e Bernardino Galliari. Le quadrature rivestono interamente le pareti del salone, articolandosi nella porzione inferiore in zoccoli e nicchie, espandendosi poi in balaustre sormontate da edicole rette da colonne tortili, per assottigliarsi infine, sulla volta, in arconi trasversali con cupole e semicupole in forte scorcio, oltre i quali, sullo sfondo libero del cielo, il mito di Fetonte viene presentato nei due episodi di Fetonte che implora Apollo perché gli conceda di guidare il carro del Sole da una parte e, dall'altra, di Fetonte che precipita, composizioni che risentono dei modelli tiepoleschi di Palazzo Archinto a Milano, dai quali Bernardino Galliari, il figurista della coppia, si mostra largamente suggestionato. Il salone è un esempio di finzione illusionistica di altissimo livello, in cui i Galliari riescono a fondere organicamente elementi architettonici, decorativi e figurativi.
Notizie storiche
Carattere generale
La storia del Castellazzo origina dalla trasformazione in "villa di delizia" della casa da nobile edificata alla fine del XVI secolo dalla famiglia Cusani: il primo artefice è Galeazzo Arconati, divenuto, nel 1610, proprietario dell'area. Amante dell'arte e del "bello", interviene sull'edificio ampliandolo, con l'intento di "nobilitarne" gli aspetti rustici e di allestire spazi per la sua famosa collezione, una delle più importanti del capoluogo lombardo: "leggendaria" l'imponente statua di Pompeo, trasferita da Roma, così come il Codice Atlantico di Leonardo, poi donato alla Biblioteca Ambrosiana. La volontà di Galeazzo si manifesta anche nell'impianto del giardino e nelle strutture che lo popolano, dalle quali zampillavano gli scherzi d'acqua e si intravvedevano fiere e animali selvatici, che incuriosivano e divertivano i visitatori, già numerosi all'inizio del XVII secolo.
L'opera non prosegue secondo un progetto unitario, ma attraverso interventi successivi, in sintonia con le ambizioni degli eredi. Giuseppe Maria realizza l'ala sud ovest, terzo lato della corte d'ingresso, progetta nuovi elementi nel parco e riordina il "gabinetto" di Gastone de Foix, costituito dai preziosi frammenti del monumento funerario.
E', però, nella prima metà del XVIII secolo che si definisce l'immagine attuale della villa con la regia del secondo grande committente della famiglia, Giuseppe Antonio. Sono settecenteschi, infatti, il completamento dei prospetti ad occidente e la realizzazione della grande facciata meridionale, come la decorazione del maestoso salone principale, affrescato dai maggiori scenografi attivi in Lombardia e Piemonte. "Ordine ed artificio regnano" nel giardino alla francese, disteso, con parterres e aiuole geometriche, di fronte alla nuova facciata sud, a completare i giardini all'italiana e i boschi voluti da Galeazzo.
Estinti gli Arconati, dal 1772 subentrano i Busca, che, nonostante l'idea iniziale di cedere il Castellazzo, progettano interventi a villa e giardino, e realizzano, alla metà del XIX secolo, le decorazioni di alcune sale, tra le quali il trompe l'oeil dello scalone.
Dispersi arredi e collezioni alla fine degli anni Ottanta, l'ultimo erede vende villa e parco. Dal 2000 l'intero complesso è stato acquistato da una società privata, che sta avviando un progetto di restauro e riuso: oggi il Castellazzo si anima, infatti, solo d'estate, in occasione del festival musicale, al quale fa da scenario lo splendido parco.
Il barocco in villa
Seicentesco è l'impianto dell'edificio e dei giardini della "Regia Villa" del Castellazzo, dovuto a Galeazzo I Arconati (morto nel 1649) e ai suoi discendenti, in particolare il nipote e genero Luigi Maria II (morto nel 1671). Galeazzo Arconati, figlio di Giacomo Antonio Arconati e di Anna Visconti, cugino per parte di madre del cardinale Federico Borromeo, è una figura importante nella storia della cultura milanese del suo tempo. Annoverato nel 1619 da Girolamo Borsieri fra i collezionisti emergenti della città, acquisì a Roma una raccolta di antichità classiche (fra cui una statua colossale di Pompeo Magno); si aggiungevano pezzi medievali e rinascimentali, e particolarmente i frammenti del monumento funerario del condottiero francese Gastone di Foix, capolavoro del Bambaja, esponente della corrente classicista nella scultura milanese del Cinquecento. La raccolta di sculture, oggi dispersa (i pezzi del Bambaja sono approdati nel 1990 nelle Civiche Raccolte d'Arte antica del Castello Sforzesco), era ospitata al Castellazzo in una serie di sale adibite a museo. La fama di Galeazzo Arconati è però soprattutto legata all'acquisto di un gruppo di codici leonardeschi, fra cui il celebre Codice Atlantico, lasciati nel 1637 all'Ambrosiana in onore del suo fondatore, il cugino Federico, con l'intesa tuttavia che i manoscritti rimanessero presso la famiglia Arconati fino alla sua morte.
Il committente, Giuseppe Antonio Arconati, ricoperse importanti cariche pubbliche, e le missioni ufficiali compiute a Parigi (1743) e a Vienna (1745) gli consentirono di conoscere le maggiori residenze di corte dell'Europa settecentesca. Uomo di cultura, fu amico ed estimatore di Goldoni, di cui sostenne la riforma teatrale, come attesta il carteggio intercorso con quest'ultimo e con l'impresario Gerolamo Medebac fra il 1749 e il 1758. In una lettera da Torino del primo maggio del 1751, Goldoni (che nel 1748 aveva dedicato all'Arconati la sua Putta onorata) rievoca l'ospitalità ricevuta nella precedente estate al Castellazzo, e ricorda "la vastità del palazzo, la ricchezza delle suppellettili, l'estensione del gran Giardino, in cui si vedono variamente architettati e distinti i più bei verdi d'Italia".
Uso attuale: intero bene: servizi: spettacoli all'aperto
Uso storico: intero edificio: abitazione
Condizione giuridica: proprietà privata
Accessibilità: Come arrivare:
In auto da Milano: Strada Statale Varesina- all'altezza di Arese, a destra (Via Torretta) e poi di nuovo a destra (Via dei Leoni)
Ferrovia: FNM linea Milano-Saronno, fermata Bollate centro.
informazioni:
tel: 02 8692287
e-mail: info@villaarconati.it
http://www.villaarconati.it/
Note:
Villa Arconati è la suggestiva cornice di eventi e iniziative culturali, oltre che di percorsi nel verde, dal Festival di Villa Arconati - che porta ogni anno il grande pubblico ad ascoltare i protagonisti dello scenario musicale internazionale - alle giornate aperte, con visite guidate, laboratori, iniziative per bambini e adulti.
Fondazione Rancilio
Villa Arconati
Castellazzo di Bollate 20021 Bollate (MI)
tel: 02 8692287
Riferimenti bibliografici
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Fonti e Documenti
ASMi, Catasto, Mappe del Catasto Teresiano, 3303, f. 4 (1722)
ASMi, Catasto, Mappe del Catasto Lombardo Veneto - allegato, 5171, f. 1 (1855-57)
ASMi, Catasto, Mappe del Catasto Lombardo Veneto, 2877, f. 4 (1865-87)
ASMi, Catasto, Mappe, Nuovo Catasto Terreni, 129, f. 4 (1897-1902)
ASMi, Catasto, cart. 3339 (processo verbale, 1722)
ASMi, Catasto, cart. 2466
ASMi, Catasto, cart. 2251(registri, 1730)
ASMi, registri catastali, cart. 2693 ("Tavola del Nuovo Estimo", 1726-54)
ASMi, Catasto, cart. 3061 (risposte ai 45 quesiti, 1751)
ASMi, Catasto, cart. 1850 ter (fondi di seconda stazione)
ASMi, registri catastali, cart. 1868 (trasporti)
ASMi, registri catastali, cart. 3350 (trasporti)
ASMi, Catasto, cart. 1869 (trasporti)
ASMi, Catasto, cart. 9282 (catasto terreni e fabbricati)
ASMi, Catasto, cart. 436/17 (petizioni per trasporti d'estimo, 1871-73)
ASMi, registri catastali, cart. 1519 (rubrica dei possessori, 1887)
ASMi, registri catastali, cart. 2054, bobina 330 (libri delle partite d'estimo, 1887)
ASMi, registri catastali, cart. 991 (catasto terreni e fabbricati, 1887)
ASMi, Fondi camerali parte antica, cart. 78
Archivio Soprintendenza ai Beni Architettonici e per il Paesaggio, cartelle U/6/10373 e U/6/10373 bis
scheda di valutazione
Percorsi tematici:
Credits
Compilazione: Cunietti, Adele (1993)
Aggiornamento: Laviscio, Raffaella (2001); Piccolo, Olga (2006); Varalli, Francesca (2006); Alinovi, Cristina (2015)
Descrizione e notizie storiche: Coppa, Simonetta; Piccolo, Olga; Varalli, Francesca
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
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