Chiesa dei SS. Benedetto e Simone

San Benedetto Po (MN)

Indirizzo: Piazza Teofilo Folengo - San Benedetto Po (MN)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: L'interno si presenta a tre navate con transetto e deambulatorio, dietro l'abside. Durante il Manierismo fu aggiunta la cupola e le volte della navata centrale. In corrispondenza delle ultime due cappelle si sviluppa il presbiterio. Dal braccio destro del transetto si accede alla sagrestia.

Epoca di costruzione: post 1539 - ante 1547

Autori: Giulio Romano, rifacimento

Descrizione

Era a tre navate, divise da due file di sei colonne interrotte a metà da un pilastro per parte. Otto colonne sono ancora in opera, incorporate nella chiesa attuale. Mentre le colonne, in pietra rossa e bianca di Verona, reggevano archi longitudinali a doppia ghiera o "doppio strato", i due pilastri centrali reggevano un arcone trasversale, leggibile nel sottotetto e gettato attraverso la copertura a capriate della navata centrale (per un arcone analogo nella cattedrale di Reggio Emilia: Grassi, Severi 2007). Quest'ultimo connotava le due zone liturgiche della chiesa: coro a est, spazio dei laici a ovest, probabilmente separati anche da un setto murario. La zona ovest della navata grande era una sorta di "chiesa" a se stante, con l'altare della Santa Croce (attestato nelle Consuetudines polironiane come frequente stazione processionale), consueto in ambito monastico come polo cultuale per le messe dei laici, fin da età carolingia (Saint-Riquier a Centula, San Bonifacio a Fulda, pianta di San Gallo). L'altare della Croce esisteva anche a Cluny ed era diffuso nelle chiese cluniacensi. Monofore illuminavano la navata maggiore solo a sud, certo per escludere i venti di settentrione. Un'alta fascia di muro a vista sovrastava gli archi longitudinali, secondo Autenrieth 1988 in funzione delle cortinae appese alle pareti nelle festività.
Le Consuetudines (Biblioteca Universitaria di Padova, ms. 959) e altri documenti attestano che le navate erano precedute da un vestibulum e da un paradisus, funzionali rispettivamente alle processioni monastiche e alla sosta dei visitatori laici. A est delle navate il transetto collegava la chiesa maggiore a quella di Santa Maria e mascherava forse gli assi direzionali divergenti delle due chiese preesistenti (Quintavalle 1991). Quello che fu inteso come vestibolo della chiesa di Santa Maria è invece da considerare in primo luogo il braccio nord del transetto della chiesa maggiore, sul quale Santa Maria si apriva con una doppia arcata. Il braccio nord risultava così di fatto anche una specie di vestibolo di Santa Maria. Esso comunicava verso ovest con il chiostro. Il transetto era di tipo "basso" e forse diviso trasversalmente in due navate. Il braccio sud, dotato di due absidi (una ancora leggibile in un sotterraneo), aveva dimensioni maggiori e pareti più robuste, essendo prevista l'inclusione della torre campanaria nel suo "quadrante" sud-ovest. Al piano terra del campanile si vedono le due possenti arcate lievemente acute che lo mettevano in comunicazione col transetto, monofore rettangolari e l'originaria volta a crociera; all'esterno i marcapiani degli archetti pensili, interrotti dalla cella campanaria di età moderna. L'incrocio (sede dell'altar maggiore) era individuato da quattro pilastri e delimitato a nord e a sud da un doppio arco per parte, in continuazione degli archi longitudinali della navata. Inoltre, era probabilmente coperto da semplice travatura lignea come la navata stessa. La chiesa era conclusa dal "doppio guscio" di un deambulatorio: l'abside interna aveva quattro archi su colonne a semicerchio, l'abside esterna cinque cappelle radiali absidate. Le colonne interne - due delle quali rimesse in luce - poggiavano su una muratura continua, alta circa centimetri 130, che si agganciava ai pilastri orientali dell'incrocio.

Notizie storiche

Il pellegrino/eremita armeno Simeone trascorse due anni presso l'abbazia polironiana, prima di morirvi il 26 luglio 1016. Fu allora l'erede designato di Tedaldo, il figlio Bonifacio, a farsi promotore di un nuovo culto e di una nuova chiesa. A una sua richiesta di canonizzazione di Simeone e di edificazione di una chiesa in cui collocare il venerabile corpus rispose positivamente un papa Benedetto: forse l'VIII di questo nome (1012-1024) o, con più probabilità, il IX (1033-1045/47). Leone IX (1049-1054) ingiunse in seguito ai vescovi di Mantova e Modena di consacrare la nova ecclesia, ma la disposizione venne ripetuta da Alessandro II (1061-1073), forse dopo il 1067. La consacrazione era probabilmente già avvenuta nel 1076, quando Pietro è detto abate monasterii Sancti Benedicti et Sancti Simeonis (Codice Diplomatico Polironiano 1993, 143), fatto che comproverebbe la coincidenza dell'edificio con la chiesa principale del monastero, e non con un tempio di pellegrinaggio eventualmente sorto sul luogo dell'eremo di Simeone (che esisteva in età moderna). Anche in questo caso manca attualmente la possibilità di un riscontro archeologico, ma appare molto plausibile che la chiesa sorgesse nel luogo della chiesa maggiore romanica del XII secolo (ristrutturata ancora nel XV e nel XVI secolo). Il disassamento fra questa e l'annesso oratorio di Santa Maria si spiegherebbe con la preesistenza di altre due costruzioni: la chiesa di Bonifacio e quella di Tedaldo. Si può ragionevolmente ipotizzare che, dopo l'annessione dell'abbazia a Cluny (1077), la chiesa di Tedaldo funzionasse come secondo coro rispetto a quella di Bonifacio, nello stesso "rapporto" successivo fra chiesa di Santa Maria e chiesa maggiore "cluniacense". Peraltro fin dal giugno 1007 la chiesa di Tedaldo aveva come titolo principale quello di Santa Maria. Nell'arco di un secolo circa la chiesa polironiana sarebbe stata rinnovata due volte, in conseguenza certo dell'aumento progressivo del numero dei monaci, ma anche del desiderio (al tempo di Bonifacio) di "lanciare" un santuario di pellegrinaggio. Possediamo documenti relativi alle chiese più antiche, ma nessun documento delle chiese sopravvissute o restituibili: quella di Santa Maria e la chiesa maggiore, che sono state infatti periodizzate con troppo anticipo. Si può invece essere ormai certi che entrambe non siano anteriori al XII secolo e rientrino in un programma unitario di rinnovamento edilizio, anche se con tempi di cantiere protratti, se non "varianti" in corso d'opera. La chiesa maggiore, di cui restano elementi importanti è incorporata nell'edificio attuale (del XV secolo, ristrutturato da Giulio Romano nel 1540-1544).
Tuttavia, verso l'anno 1300, la fascia superiore delle pareti della navata centrale (e le relative monofore a sud) venne dipinta con cornici a mensole, "falere", motivi fitomorfi, forse dalla stessa maestranza che dipinse in Santa Maria le arcate di collegamento con il transetto della chiesa maggiore.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: chiesa

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Riferimenti bibliografici

Mantova storia, Mantova : la storia, le lettere, le arti, Mantova 1958

Dall'Ara R., Mantova, passeggiando per i 70 comuni, Mantova 1984

Credits

Compilazione: Comin, Isabella (2004)

Aggiornamento: Ribaudo, Robert (2009)

Descrizione e notizie storiche: Piva, Paolo

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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