Basilica di S. Michele Maggiore - complesso
Pavia (PV)
Indirizzo: Piazza San Michele (Nel centro abitato, distinguibile dal contesto) - Pavia (PV)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: Si tratta di un'architettura assai complessa, frutto di stratificate fasi costruttive e altrettanti funzioni sacre, da leggersi all'interno della millenaria storia della città di Pavia. Il complesso oggi, liberato dal sostrato costruttivo dell'intorno che ne rendeva difficile la lettura, comprende oggi anche ciò che resta della canonica e degli edifici di servizio retrostanti.
Epoca di costruzione: fine sec. X - secondo quarto sec. XII
Comprende
- Basilica di S. Michele Maggiore, Pavia (PV)
- Campanile della Basilica di S. Michele Maggiore, Pavia (PV)
- Canonica della Basilica di S. Michele Maggiore, Pavia (PV)
- Case della Canonica di S. Michele Maggiore, Pavia (PV)
Descrizione
La basilica di San Michele Maggiore che oggi vediamo è uno degli edifici meglio conservati e intellegibili del romanico europeo, nonostante che il degrado della pietra arenaria con cui è costruito gran parte dell'involucro esterno della fabbrica abbia reso pressoché illeggibile al giorno d'oggi lo straordinario apparato plastico della facciata, di cui diremo. Il famoso, quanto contestato, restauro, di Piero Sanpaolesi del 1963-1967, illuse sulla possibilità di porre freno a un guasto già molto avanzato e che pare ad ogni modo inarrestabile. Per l'analisi iconografica delle sculture lo studioso può almeno fare affidamento su un ricco materiale iconografico ottocentesco.
Rispetto a Sant'Ambrogio, da cui alcune soluzioni discendono, in San Michele le membrature dei pilastri forti che sostengono gli archi trasversi sopra la navata centrale (lesene con riseghe angolari) e che ricevevano le nervature delle crociere originarie (sezione di colonna) salgono molto al di sopra della quota di imposta degli archi longitudinali del matroneo consentendo così l'approntamento del terzo registro finestrato: tale innalzamento delle volte fu un tentativo rischioso che fotografa bene lo sperimentalismo dei maggiori cantieri del romanico lombardo ma al contempo va visto come la causa prima della fragilità delle antiche coperture, sostituite alla fine del XV secolo. La costruzione delle volte quattrocentesche fece sparire il cleristorio poiché in corrispondenza dei pilastri deboli di navata, e previo inserimento al livello del matroneo di una lesena rettangolare, furono costruiti altri due archi trasversali necessari all'approntamento della nuova copertura. La corta navata confluisce a est in un transetto sporgente alto quasi quanto la navata centrale, e dalla forte autonomia spaziale rispetto al corpo longitudinale. La campata di incrocio è dominata da un tiburio con volta ottagonale montata su trombe, mentre i bracci sono coperti da imponenti volte a botte in senso trasversale: la chiesa, in pianta una croce latina, si rivela così in alzato "come la compenetrazione di due edifici con spazi e prospetti autonomi, intorno al perno del tiburio". La campata di incrocio, approssimativamente quadrata, appare quasi un modulo costruttivo per il transetto e per il coro che si protende verso est e termina con una monumentale abside scandita internamente da cinque arcate cieche, e illuminata da tre monofore a strombo con cordonature alternate rettilinee e circolari (di restauro). La volta della campata di coro è una crociera dotata di costoloni di sezione non rettilinea, come usuale nei cantieri lombardi della prima metà del XII secolo, ma toroidale, e se fosse originale come ipotizza Peroni, si tratterebbe di una precocissima attestazione del tipo (insieme alla campata presbiteriale del San Nazaro di Milano). Il presbiterio è rialzato sopra una cripta a oratorio seminterrata che invade parzialmente lo spazio dell'incrocio. La cripta è dotata di due accessi laterali e due frontali (questi ultimi ripristinati dai restauri di fine Ottocento) ed è scandita in tre navate da due file di sei colonne. Le pareti del transetto sono modulate da cappelle in spessore di muro (al centro dei lati est vi sono due specie di absidiole atrofiche): tra di esse colpisce certamente la cappella posizionata quasi sull'asse mediano della fronte del braccio sud, sia per l'arco che la introduce, con colonne libere addossate a un pilastro e capitelli di qualità assai alta, sia per la presenza al suo interno di una absidiola orientata. Le tracce pittoriche di una Dormitio Virginis del tardo XII secolo contribuiscono a isolare questa sorta di edicola-baldacchino rispetto allo spazio circostante.
La facciata, una delle più belle del romanico pavese, risulta costruita in modo perfettamente simmetrico da un semplice reticolo di linee verticali e orizzontali, ed è stretta da due enormi contrafforti angolari con effetto di suggestivo inquadramento dello splendido portale centrale.
Notizie storiche
Nelle fonti più antiche, nel ricordo della cronachistica bassomedievale e della storiografia erudita locale, la basilica di San Michele Maggiore appare costantemente al centro di una vicenda storica, a tratti drammatica: luogo di culto di primo piano nella realtà ecclesiastica pavese sotto i Longobardi, poi vera e propria cappella palatina in età carolingia, e quindi, dalla fine del IX secolo, con il dischiudersi del periodo dei re italici, sede di elezione e incoronazione.
Tutte queste cerimonie ebbero come teatro un edificio preromanico, forse longobardo se non addirittura precedente, di cui non sappiamo quasi nulla, mentre la sola incoronazione che ebbe effettivamente luogo nella basilica di San Michele Maggiore che oggi si ammira fu quella di Federico Barbarossa del 19 aprile 1155, dopo la distruzione di Tortona.
La basilica a quest'epoca era certamente conclusa, già in opera il suo corredo plastico e musivo. Molti sono i problemi che ostano a una precisa ricostruzione storica della basilica di San Michele Maggiore per i secoli altomedievali: le fonti sono scarse e di non agevole interpretazione, e il nodo del rapporto spaziale con il palazzo imperiale si scontra con l'assoluta mancanza di dati oggettivi circa l'esatta ubicazione e l'estensione di quest'ultimo, senz'altro un vero e proprio quartiere residenziale creato da Teodorico e di tipologia tardoantica, che prendeva una gran parte del settore orientale della città. La basilica di San Michele altomedievale si trovava certamente nella stessa posizione di quella attuale, nella medesima insula meridionale rispetto alla scacchiera della città romana,in prossimità del Ticino.
Sono da riportare alla più antica storia di San Michele Maggiore, vale a dire la basilica più importante di Pavia secondo una ineludibile "continuità tradizionale, documentaria e cronachistica" (Lanzani 1987), non solo gli episodi narrati nella Historia Langobardorum ma anche le vicende, note attraverso famose iscrizioni ritmiche, dei fratelli Barionas e Tommaso, vissuti forse nella prima metà dell'VIII secolo ed entrambi custodes della basilica di San Michele Maggiore. A loro si dovrebbero soprattutto commissioni artistiche di alto livello per la chiesa: forse addirittura una grande croce in mosaico su sfondo dorato nell'abside, la raffigurazione di un Cristo Trionfatore, e soprattutto scene dell'Apocalisse a celebrazione dell'Arcangelo, a cui poi il nipote di Tommaso, nuovo custode della basilica, avrebbe aggiunto tituli esplicativi in mosaico.
Si può riconoscere nella basilica un centro di cultura greca per i secoli dell'alto Medioevo, a convalida di un'antica officiatura mista greca e latina in San Michele.
Quanto all'origine prima della basilica, tacendo dell'antica tradizione locale che voleva la chiesa fondata nientemeno che dall'imperatore Costantino I, la prima menzione in assoluto di San Michele è quella di Paolo Diacono inerente i fatti dell'anno 662. Secondo Lanzani, non è però improbabile che la chiesa fosse di fondazione prelongobarda, e il legame storico tra il vescovo Ennodio (514-521) e la basilica, certificato dalla successiva traslazione del corpo, potrebbe anche indurre a riconoscere proprio in Ennodio il primo costruttore della chiesa, ove è ancor oggi ospitata l'epigrafe funeraria marmorea dell'antico presule, murata in cornu epistulae. Per l'età carolingia le fonti tacciono quasi del tutto, a dispetto dell'accresciuta importanza della chiesa, divenuta vera e propria cappella di palazzo, ribadita la contiguità spaziale della chiesa con il quartiere residenziale del sovrano.
Con Raffaele Cattaneo (Cattaneo 1888) si ha finalmente stabilita l'esatta cronologia del monumento, posta per la prima volta in relazione a quello che diverrà un topos della letteratura sul romanico lombardo, il famoso terremoto del 1117.
Si precisano i tempi della costruzione tra secondo e terzo decennio del XII secolo. Dunque niente di anteriore al 1100 si può vedere nell'edificio attuale.
Uso attuale: intero bene: chiesa
Uso storico: intero bene: chiesa
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Credits
Compilazione: Marino, Nadia (2004)
Aggiornamento: Marino, Nadia (2012); Ribaudo, Robert (2013)
Descrizione e notizie storiche: Schiavi, Luigi Carlo
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Marino, Nadia
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/PV240-00003/
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