Basilica di S. Pietro in Ciel d'Oro
Pavia (PV)
Indirizzo: Piazza San Pietro in Ciel d'Oro (Nel centro abitato, integrato con altri edifici) - Pavia (PV)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: Di epoca romanica, mostra una facciata a capanna in cotto, tripartita da due poderosi contrafforti asimmetrici. Elementi decorati in arenaria ornano la sua fronte che nella parte inferiore presenta tre arcate, traccia di un antico porticato che doveva essere addossato alla chiesa. La fronte è coronata superiormente da una loggia cieca sormontata da una cornice in cotto ad archetti pensili tipici dell'architettura romanica lombarda. L'interno, che si contraddistingue per il dislivello rispetto al piano della piazza, ha un impianto di tipo basilicale, a tre navate con absidi, con un sistema di copertura a crociera a volte rettangolari nella navata maggiore e quadrate nelle due minori, sostenute da poderosi pilastri polistili. All'incrocio tra il finto transetto e la navata centrale, si eleva una copertura ottagona, nascosta all'esterno da un tiburio con gallerie e coppie di bifore. Una cripta a oratorio si estende a comprendere tutta la campata centrale del presbiterio.
Epoca di costruzione: 1100
Descrizione
È insieme al S. Michele Maggiore la basilica più importante di Pavia, e anche più di quella è ricordata dalle fonti storiche, da Paolo Diacono a Opicino de Canistris, Gualla, Brevantano, Robolini. Nell'opera di Porter si trova un puntuale sunto della bibliografia sino alla fine dell'Ottocento, quando estesi restauri cercarono di restituire alla chiesa la sua forma romanica.
Il nome in Ciel d'Auro si sarebbe affermato a partire dall'età liutprandea, a significare forse un intervento sull'architettura della chiesa commissionato dal fondatore del cenobio, grande committente di edifici oggi scomparsi come S. Anastasio in Corteolona, o quantomeno dei suoi apparati decorativi e potrebbe alludere a un mosaico absidale in tessere d'oro.
Della configurazione architettonica di S. Pietro in questo periodo non si sa nulla, recentemente Segagni ha proposto di riconoscere tracce di una fase protoromanica in alcuni brani di muratura dell'abside maggiore, risparmiati dal vasto ripristino ottocentesco e caratterizzati da materiale laterizio di reimpiego per una tessitura che in effetti contrasta con quella, di qualità nettamente superiore, dell'inizio del XII secolo. Anche nella cripta, ripristinata dai restauri, sopravvivono due semipiloni cilindrici perimetrali, rozzi e dotati solo di una mensola lapidea di imposta per le volte, pertinenti forse a una fase anteriore. Solo uno scavo archeologico potrebbe confermare una simile ipotesi, che fornirebbe in parte dimensioni e tracciato di una chiesa protoromanica a cui fu vincolata la ricostruzione del 1100 circa.
Rispetto al piano architettonico di S. Michele, spesso impropriamente definito "ambrosiano", la ricostruzione di S. Pietro appare come un organismo semplificato, a tre navi con una successione uniforme di cinque campate scandite da pilastri polistili e un finto transetto, non emergente in pianta, a cui si connettono direttamente, senza intermediazione di campate di coro, le tre absidi terminali. La campata di incrocio, introdotta da due pilastri di maggiori dimensioni e di sezione più complessa, è soprastata da una copertura ottagona su trombe d'angolo, nascosta, all'esterno, da un tiburio con gallerie e coppie di bifore, neoromaniche di ripristino, su ogni lato. Una cripta a oratorio, documentata con precisione da stampe del XVIII secolo e ricostruita in stile alla fine dell'Ottocento, si estende a comprendere tutta la campata di incrocio. I bracci del transetto basso sono coperti da volte a botte trasversale. Nella testata di quello nord si trova un portale che comunicava con il chiostro e che si distingue per i capitelli e la bella decorazione a intreccio e a girali abitati del suo doppio archivolto. La navata maggiore presenta volte oblunghe a crociera costolonata che non sono in fase con l'edificio romanico, ma furono costruite da Girolamo da Candia attorno al 1487; le navate laterali, con campatelle di dimensione approssimativamente quadrata hanno volte a crociera semplice. Differisce la prima campata occidentale, sensibilmente più alta e dotata in corrispondenza della navata centrale di una volta a botte longitudinale e di due botti trasversali nei collaterali.
Un'altra singolarità è rappresentata dalla variazione morfologica dei pilastri di navata: il tipo-base, con membrature connesse senza soluzione di continuità, elementi angolari semicircolari paraste sotto gli archi longitudinali e semicolonne a sorreggere gli archi trasversali delle coperture, non viene rispettato in modo rigoroso.
Il portale unico acquista con il timpano entro attico una nuova monumentalità, quasi eco come proiezione bidimensionale dei nuovi protiri padani. Il contrafforte sud è sensibilmente più grosso, dovendo includere la scala a chiocciola che serve unicamente per la manutenzione delle coperture, in assenza del matroneo.
Resta da dirimere il nodo delle coperture originarie del S. Pietro, con crociere oblunga sulla nave maggiore (scomparse).
Notizie storiche
Per quanto riguarda la storia più antica della basilica Beda e Paolo Diacono testimoniano per primi la fondazione presso S. Pietro di un monastero da parte di re Liutprando (712-744): il fatto, che pare certo, sembra doversi porre in relazione con la traslazione nella basilica dalla Sardegna del corpo di sant'Agostino, che Liutprando aveva acquistato a caro prezzo per sottrarlo al rischio della profanazione da parte dei saraceni. La stessa sepoltura del re longobardo venne traslata in S. Pietro dall'originario deposito in S. Adriano, ma molto dopo, tra il 1169 e il 1180: la tomba regia, prima della sua rimozione in epoca tridentina, era costituita da un'arca marmorea su quattro colonne posta sul lato destro a ridosso delle scale del presbiterio. Con ogni probabilità comunque la basilica preesisteva a Liutprando, e se tarde leggende locali la volevano persino fondata da Costantino o da san Siro, è più concreta la tradizione che lega la basilica alla memoria di Severino Boezio, così come il ricordo, tràdito da fonti successive, di un diploma di re Ariperto i (660 ca.) a favore del S. Pietro.
Nel X secolo il monastero si trovava in uno status particolare di esenzione rispetto all'ordinario e diretta subordinazione alla chiesa romana e contemporaneamente di protezione regia. È documentata l'attività del grande abate di Cluny, Maiolo, per una riforma dei costumi monastici di S. Pietro attorno al 987, attività che per alcuni si estese anche alla promozione di interventi architettonici. Nei primi decenni dopo il Mille la restaurata preminenza della basilica traspare da un episodio famoso del 1004, quando Enrico ii trovò riparo nel suo recinto fortificato dalla furia dei Pavesi che osteggiavano la sua incoronazione. Con la distruzione nel 1024 del palatium imperiale, S. Pietro costituì una sorta di residenza alternativa del sovrano e fu sede della sua giustizia, in "larvata contraddizione" con la curtis episcopi (Settia). Due anni prima un importante sinodo era stato ospitato nella basilica ed accompagnato da una memorabile esposizione delle reliquie di sant'Agostino.
Nei primissimi anni del XII secolo (1102-1106) riesplose con violenza lo scontro tra il presule pavese, Guido II, e i monasteri esenti, in particolare in relazione allo ius baptizandi riconosciuto e confermato da Pasquale II a S. Salvatore e S. Pietro. È curioso che proprio in un'epoca di turbolenze e di contrazione su scala locale - perduto da Pavia lo status di capitale del regno - delle strategie e contese delle istituzioni ecclesiastiche pavesi, sia per contro esploso con la massima evidenza monumentale e con esiti artistici di rilevanza europea il fenomeno romanico.
Il problema principale resta quello di collocare cronologicamente la fabbrica romanica, l'unica di Pavia per cui si disponga di un terminus certo, la consacrazione dell'8 maggio 1132 da parte di papa Innocenzo II. Se i primi studiosi moderni della basilica (Dartein, Rivoira e Porter) avevano legato l'edificio nella sua unità alla data suddetta, le ricerche di Krautheimer e Arslan portavano a retrodatare l'avvio della fabbrica attorno al 1090 e a collocare verso il 1132 solo la sua trasformazione e il suo completamento occidentale.
L'analisi della chiesa consente di escludere l'idea delle fasi distinte, privilegiando quella di un cantiere non segnato da grandi cambiamenti progettuali, avviato forse qualche anno dopo il 1100 e portato a compimento nel giro di un ventennio o poco più.
Dopo la soppressione nel 1781 e 1785 delle due comunità di canonici e di eremitani, S. Pietro venne alienata ai privati, con conseguente degrado delle strutture, fino al crollo nel 1877 della navata meridionale e delle prime due campate occidentali maggiori. Il restauro sùbito condotto da Brambilla, Caffi e Zuradelli comportò non solo la ricostruzione delle parti crollate, ma anche il ripristino delle absidi minori, di gran parte di quella maggiore, dell'ampia cripta, nonché la rimozione degli stucchi del '700.
Uso attuale: intero bene: cultuale
Uso storico: intero bene: cultuale
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Credits
Compilazione: Marino, Nadia (2005)
Aggiornamento: Marino, Nadia (2012); Ribaudo, Robert (2013); Marino, Nadia (2014)
Descrizione e notizie storiche: Schiavi, Luigi Carlo
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Marino, Nadia
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/PV240-00258/
NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).