Cripta della Chiesa di S. Eusebio (ex)
Pavia (PV)
Indirizzo: Piazza Leonardo da Vinci (Nel centro abitato, isolato) - Pavia (PV)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: cripta
Configurazione strutturale: Situata nella parte centrale della piazza, nascosta da una pensilina di copertura, la cripta di S. Eusebio è ciò che resta di un'antica chiesa romanica, sorta su un preesistente tempio longobardo. E' divisa in cinque navate da esili colonne che sostengono volte a crociera. I capitelli delle colonnine sono di forma tronco-piramidale e riproducono differenti disegni; alcuni di questi appartengono alla prima costruzione ariana e, insieme al ciclo di affreschi romanici che decorano le volte, costituiscono gli elementi di maggior interesse della cripta.
Epoca di costruzione: prima metà sec. VII - inizio sec. XI
Descrizione
A Pavia si conservano due cripte databili al periodo protoromanico, quella di S. Eusebio e quella di S. Giovanni Domnarum. In entrambi i casi si tratta di strutture attualmente isolate e fuori contesto, relitti di edifici ecclesiastici di antica fondazione longobarda, riallestiti nel corso dell'xi secolo e infine completamente ricostruiti in forme barocche tra XVII e XVIII secolo.
L'attuale assetto è frutto di una risistemazione degli anni Sessanta del secolo scorso, finalizzata a liberare la cripta su tutto il perimetro e a fornirle una nuova copertura esterna. Gli sterri fatti in quella occasione, seppur non condotti con metodo scientifico, ebbero almeno il merito di rinvenire a ovest dell'abside alcune strutture pertinenti all'edificio ecclesiastico. Il muro absidale, su un tracciato a semicerchio oltrepassato, è caratterizzato da una bella muratura che reimpiega laterizi sesquipedali manubriati, apparecchiati in corsi regolari con abbondante malta non stilata. Uguale muratura contraddistingue anche lo zoccolo inferiore, irregolarmente poligonale. Nel 1968 A. Peroni ha per primo suggerito di assegnare ad epoca longobarda, e dunque all'impianto della cattedrale ariana ricordata da Paolo Diacono, il perimetro absidale, entro cui sarebbe stata ricavata una cripta a sala attorno alla metà dell'xi secolo. La cripta è a cinque navate spartite da quattro file di colonnine (due sostegni le file laterali, quattro quelle centrali) con volte a crociera dotate di sottarchi. Particolare la soluzione di copertura dei settori laterali orientali, dove l'intento di risparmiare due colonne e di rendere più aperto e fruibile lo spazio, evitando al contempo l'irregolarità nel tracciato delle campate più esterne indotta dalla curva absidale (come in S. Giovanni in Conca a Milano) portò a incrociare due sottarchi con un effetto di crociera costolonata ante litteram. Le volte si raccordano alla curva dell'abside per mezzo di semicolonne laterizie dotate di semplici capitellini scantonati (scalpellati in opera), su una lesena e un grosso risalto murario emergente dal perimetro. La parete appare così plasticamente mossa da una successione continua di profonde arcate cieche, ma l'invenzione tradisce anche l'intento di rendere strutturalmente autonomo il sistema di copertura della cripta dal perimetrale altomedievale a cui le volte non si legano direttamente. Diverso è invece il caso della parete occidentale della cripta dove i raccordi murari si limitano a una semicolonna su risega angolare senza nicchie, e dove è perfettamente evidente la coerenza strutturale, e dunque anche cronologica, tra volta e muro. Il paramento murario è qui in effetti ben diverso da quello analizzato all'esterno nel giro absidale ed è caratterizzato da laterizi frammentari di piccola e media pezzatura, privi di graffitura, con letti di malta sottili e segni di stilatura. Stesso tipo di muratura si riscontra sui pilastri ottagonali rinvenuti dagli scavi a occidente della cripta in asse con i semipilastri addossati alla sua testata occidentale. Si tratta con tutta evidenza del sistema dei sostegni di navata della chiesa di età romanica, di cui rimane incerto, in assenza di mirati scavi archeologici, lo sviluppo planivolumetrico mancando indicazioni sui limiti laterali, la posizione della facciata e la giunzione con l'abside, la cui ampiezza è molto superiore a quella della navata maggiore.
Le volte a crociera della cripta sono state attentamente analizzate dalla critica: si è notato l'utilizzo di mattoni quadrati (28-28) a mo' di abaco al di sopra dei capitelli, la tipologia del sottarco simile a quella della cripta di S. Pietro di Agliate, la particolare disposizione dell'apparato delle vele, assai disordinato nella parte superiore, non rispondente al principio dell'intersezione delle volte a botte e interpretabile come sorta di tipo incerto, usuale nell'architettura lombarda del primo romanico.
Notizie storiche
La chiesa di S. Eusebio viene ricordata da Paolo Diacono come cattedrale ariana di Pavia negli anni di re Rotari (636-652), in particolare come prima sede del vescovo Anastasio abbandonata dopo la conversione alla fede cattolica, simbolo dell'epurazione delle gerarchie tradizionaliste ariane negli anni del regno di Ariberto I. La titolazione a Eusebio, santo particolarmente venerato per la sua azione antiariana, è da intendersi di conseguenza come forma di esaugurazione dell'antica cattedrale ariana che manteneva uno stretto rapporto con l'originario nucleo insediativo longobardo a Pavia, ribadito anche dall'ubicazione, nel quartiere nord-orientale della faramannia, non distante dall'area del palatium. Rifatta una prima volta nel corso dell'XI secolo, la chiesa subì ampie manomissioni nel 1512 e nel corso del xvii secolo per poi essere nuovamente distrutta e ricostruita nel Settecento. Nel 1923 se ne decise il definitivo abbattimento nel quadro di un "riordino" urbanistico della zona, in antico fittamente edificata, da cui sarebbe sortita l'attuale piazza Leonardo da Vinci e l'isolamento suggestivo quanto antistorico delle torri.
Un'indicazione di cronologia viene anche dalla morfologia dei sostegni perimetrali, che si ritrova pressoché identica in cripte della metà dell'xi secolo come S. Eufemia all'Isola Comacina, S. Paragorio di Noli, S. Giustina di Sezzadio, Lenno. Una datazione al 1050 circa per la cripta e il rifacimento dell'antica chiesa longobarda non è infine in contraddizione con la particolare forma ottagona dei sostegni di navata che ha più di un confronto in area lombardo-piemontese, come Trino Vercellese, S. Eufemia all'Isola Comacina, S. Pietro di Acqui, S. Maria di Cavour, tutti edifici databili entro la metà-terzo quarto dell'XI secolo.
Se dunque la cripta di S. Eusebio è una struttura certa di età protoromanica, più problematica è l'interpretazione di alcuni capitelli della stessa, le cui forme radicalmente anticlassiche, caratterizzate da sorte di alveoli triangolari, destinati forse in origine a ricevere un riempimento colorato in stucco, sembrarono già a Rivoira pertinenti alla fase più antica dell'edificio. La datazione all'età longobarda per i capitellini è stata ribadita dalla critica (Arslan, Panazza, Peroni) e soprattutto da A.M. Romanini, che ha in più occasioni insistito sullo stretto rapporto intercorrente tra queste forme di radicale rottura nel campo della scultura architettonica e la produzione orafa cloisonnée di età longobarda. Va notato come un linguaggio formale non troppo dissimile da quello dei capitelli di S. Eusebio si trovi in contesti artistici assai differenziati e anche cronologicamente prossimi all'epoca della costruzione della cripta a sala. Tuttora l'ipotesi che si tratti di un reimpiego resta probabile, e andrebbe approfondita l'analisi delle colonnine, esili, dotate esse stesse di una piccola fascia capitellare e di una base (confronti con S. Calocero di Civate e S. Dalmazio di Piacenza), che per Peroni potrebbero fare parte del materiale altomedievale di spoglio recuperato dai costruttori del Mille.
Ulteriore elemento di pregio della cripta è la decorazione pittorica, estesa in origine alle volte, ai sottarchi, ma fors'anche alle pareti di fondo degli archi ciechi perimetrali, e oggi ridotte alle vele di due campate orientali. Si conservano, in uno stato di grave degrado - dovuto alla perdita della materia pittorica e delle velature a secco a cui solo parzialmente ha fatto fronte lo strappo, il restauro e la ricollocazione su supporti di resina impermeabili curato da Ottemi della Rotta nel 1968 - busti di santi, contraddistinti da moduli bizantineggianti e da un grafismo nervoso e assegnati in modo concorde dalla critica alla seconda metà del XII secolo.
Uso attuale: intero bene: culturale
Uso storico: intero bene: cultuale
Condizione giuridica: proprietà Ente pubblico territoriale
Credits
Compilazione: Marino, Nadia (2005)
Aggiornamento: Marino, Nadia (2012); Ribaudo, Robert (2013); Marino, Nadia (2014)
Descrizione e notizie storiche: Schiavi, Luigi Carlo
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Marino, Nadia
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/PV240-00281/
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