Chiesa di S. Pietro in Verzolo - complesso
Pavia (PV)
Indirizzo: Via San Pietro in Verzolo, 1,1C (Nel centro abitato, integrato con altri edifici) - Pavia (PV)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Epoca di costruzione: sec. X - sec. XI
Comprende
- Chiesa di S. Pietro in Verzolo, Pavia (PV)
- Chiostro della Chiesa di S. Pietro in Verzolo, Pavia (PV)
Descrizione
La chiesa di S. Pietro in Verzolo era inserita in un complesso monastico benedettino risalente all'età romanica, rinnovato nel Cinquecento e poi nel Settecento. Il grande chiostro, di epoca cinquecentesca, ora distrutto, affiancava a sud il chiostrino più antico, quattrocentesco con tracce romaniche, addossato al fianco destro della chiesa.
La chiesa ha una facciata cinquecentesca che si eleva notevolmente rispetto al corpo di fabbrica retrostante. Al centro si trova il portale architravato sostenuto da colonne; superiormente il rosone e ai lati due nicchie rinascimentali. La parte superiore è conclusa da un frontone. La chiesa è fiancheggiata dai grossi volumi rettangolari delle cappelle barocche che si aprono sulle navate minori; mentre il presbiterio presenta i caratteri settecenteschi. Tutte queste parti rendono difficile la lettura dell'impianto antico.
Le parti ancora leggibili della chiesa medievale sono due monofore romaniche a doppia strombatura e con profilo in cotto; e nel sottotetto si conservano alcuni resti di muratura antica. Un saggio sul penultimo pilastro di sinistra ha evidenziato un sostegno originario di sezione rettangolare di età romanica. Questi dati fanno propendere per una datazione alla metà dell'XI sec. e per un'ipotesi ricostruttiva della chiesa originaria con impianto basilicale, a tre navate scandite da pilastri di sezione rettangolare, copertura a capriate lignee sulla nave centrale e a crociera sulle laterali, abside semicircolare al termine della nave maggiore, senza alcuna campata di coro.
Diversa sarebbe anche la collocazione della facciata, più arretrata rispetto all'attuale, forse preceduta da un nartece. Inoltre l'inserimento di una torre campanaria sulla prima campata nord-est è attestato dalla giunzione ortogonale del muro sud del campanile alla parete che chiude ad est la navata minore sinistra.
I resti dell'ossatura romanica, celati dalla ricostruzione cinquecentesca, sono conservati nel chiostrino, dal quale è visibile il fianco della navata maggiore (prima metà dell'XI sec.) con quattro monofore a doppio strombo, archivolto a tutto sesto con laterizi arcuati, mentre nelle spalle si alternano mattoni di taglio e di piatto. Nelle porzioni rimaste dell'antico campanile, la tessitura muraria appare di andamento più irregolare.
La stonacatura delle pareti orientali del chiostro ha liberato due bifore romaniche sostenute da un pilastro in pietra e superiormente un ritratto virile entro nicchia; inoltre la muratura listata a corsi di laterizi alternati a ciottoli lapidei, in cui si aprono le bifore, sarebbe coerente con i lacerti di muratura del campanile. Invece i pilastrini mediani delle bifore, di sezione rettangolare, scolpiti in pietra in un unico blocco dal basamento fino al capitello, con larghe scanalatura, sono ancora più antichi.
Notizie storiche
Facevano capo al Borgo di S.Pietro in Verzolo (nome probabilmente desunto dalle verze che venivano coltivate nei campi limitrofi, ma detto anche anticamente dei lebbrosi) lungo l'asse viario per Cremona, gli ordini cavallereschi votati dalla Chiesa a compiti di carità ed assistenza (Templari, Crociferi, Gerosolimitani). La chiesa fu edificata in un'area esterna alla città, lungo il percorso della strada "regina" per Piacenza. L'edificio esisteva già nell'VIII sec. (come si desume dalle testimonianze documentarie), ma di questa più antica fabbrica non rimane traccia. La chiesa attuale corrisponde ad un intervento di età romanica, rinnovato poi nel Cinquecento e successivamente nel Settecento. Vicini pensa ad un'esistenza antica della chiesa, "sicuramente in essere nel 930"; inoltre il nome originario "dei lebbrosi", fa pensare ad un ospedale per questi malati, già espulsi dalle città nel 615, quando il morbo si diffuse nel nostro paese, per volere del re longobardo Rotari. Nella Vita del Vescovo Teodoro, attribuita al prete Sisinnio, nel 737 il Vescovo di ritorno da Roma, sarebbe stato accolto dai pavesi nella chiesa di S. Pietro in Verzolo. Rossetti in "Bobbio illustrato" riporta un autografo di un monaco che nel 930, in occasione della traslazione del corpo di S.Colombano da Bobbio a Pavia, prima di essere portato in S.Michele, sarebbe stato collocato provvisoriamente nella chiesa di S.Pietro definita "de Leprosi". Annesso alla chiesa vi era anche un monastero fondato prima del 1084, come si evince da un placito del 21 febbraio 1084 relativo ad una disputa tra il monastero di S.Pietro in Verzolo e quello di S.Maria Teodote, in cui l'assemblea alla presenza del vescovo Guglielmo, prende sotto la propria protezione il monastero di S.Pietro, ratificandone l'indipendenza da S.Maria Teodote, mantenendo però l'obbligo da parte del monastero maschile di versare un tributo al monastero femminile due volte all'anno. Nella bolla di papa Onofrio III dell'11 maggio 1217, sono confermati i privilegi concessi alla chiesa di S.Pietro (tra cui la necessità del consenso del vescovo per l'elezione dell'abate di S.Pietro: Papa Onofrio aveva concesso giurisdizione al Santo Vescovo Folco) "qui dicitur leprosorum", denominazione in uso già dal X secolo. All'inizio del XIV sec. Opicino de Canistris (l'Anonimo Ticinese) parla di chiesa di S.Pietro in Verzolo detta anticamente "dè Leprosi" ("ecclesia sancti Petri in Verzolo, que olim antiquitus dicebatur Leprosorum"). Forzatti Golia ricorda il registro in pergamena, datato 1315, in cui sono elencate le proprietà fondiarie del monastero. Il duca Gian Galeazzo Visconti, il 3 febbraio 1397, giorno in cui prendeva possesso della Contea di Pavia, visitò questo monastero e ricevette l'omaggio dei notabili e dei cittadini che gli erano andati incontro sino a questo edificio. La chiesa era inserita in un complesso monastico benedettino che passò nel 1486 ai Cistercensi di Chiaravalle sino al 1798. A questi ultimi si deve la costruzione del grande chiostro cinquecentesco, ora distrutto (che affiancava a sud il chiostrino più antico, quattrocentesco con tracce romaniche, addossato al fianco destro della chiesa) la cui costruzione iniziò intorno al 1571, anno della stipulazione del contratto d'appalto con i "magistris Jacobo et Paulo fratribus de Montellis et Bapta Vertamato". Contemporanei a questi lavori furono quelli per l'ampliamento e l'adattamento della chiesa stessa, indicati in una "Memoria" dell'accordo fatto con Giovan Battista Pioltello ingegnere di Pavia" il 19 ottobre 1584: "buttar a terra la muraglia che traversa la giesa ed alzare la facciata al altezza giusta come la vecchia rinfrescandola diffori", quindi prosegue "far tutta la volta e le voltine bene stabilite tutte et biancheggiate" (operazione di rifiniture e imbiancatura delle pareti bisognose di manutenzione, piuttosto che costruzione ex novo). La chiesa subì numerose traversie, nel corso delle incursioni di milizie e fu quasi distrutta.
Uso attuale: cultuale
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Credits
Compilazione: Marino, Nadia (2007)
Aggiornamento: Marino, Nadia (2012)
Descrizione e notizie storiche: Manara, Roberta; Marino, Nadia
Fotografie: Marino, Nadia
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/PV240-00593/
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