Caneva (1742 - 1824)
serie | livello: 2
Produttore fondo: Ardesio, Comune di Ardesio (sec. XII - )
Consistenza: unità 3
Contenuto: La serie, di cui ci sono rimasti tre registri, copre l'arco cronologico dal 1742 al 1824 e prende il nome di "Caneva", termine con il quale si indicava anticamente la taverna. Quest'ultima era il luogo dove veniva venduto il vino al minuto ai vicini di Ardesio e ai forestieri; era severamente vietato dagli ordinamenti comunali procedere alla suddetta vendita senza licenza del comune o in luogo non adibito a tale scopo.
Preposti al funzionamento della taverna erano il taverniere (detto anche "tavernaro" o "canevaro"), i "compratori", i "vuodadori" (o "vuotatori"), i provveditori e i "soprastanti", tutte cariche elette ogni anno in prossimità o nel giorno della festa di San Michele (29 settembre) dal consiglio di credenza.
Diversamente da tutte le altre cariche, che erano rigidamente elettive, quella del taverniere poteva anche essere messa all'incanto, cioé appaltata a chi richiedeva come salario la percentuale più bassa sul vino venduto; costui era responsabile della vendita del vino nella taverna e, al momento dell'insediamento in carica, prestava giuramento al consiglio di credenza e si impegnava a fornire una persona che garantisse di provvedere ad eventuali sue insolvenze. All'inizio del suo mandato controllava inoltre che la mobilia comunale usata per la taverna fosse completa sottoscrivendo l'inventario del suo predecessore e qualora qualcosa fosse venuto a mancare o fosse stato aggiunto, si impegnava a far scrivere dallo scrittore un inventario aggiornato sul quale, poi, si sottoscriveva.
Il vino veniva portato alla taverna dai cosiddetti "compratori" ed era travasato nelle apposite "veze" dai "vuotatori" i quali, quando era necessario, provvedevano anche alla sistemazione di tali contenitori.
La contabilità della taverna veniva tenuta da due provveditori o amministratori, come vengono chiamati a partire dal 1802; essi amministravano direttamente il denaro controllando le entrate e le uscite e, al termine della loro carica, si preoccupavano di consegnare ai nuovi provveditori il capitale da loro precedentemente gestito. Essi spesso aiutavano lo scrittore comunale nella stesura dei conti sul registro.
Qualche incertezza rimane sulla carica dei "soprastanti" che non vengono mai nominati sui registri della taverna, nonostante siano stati descritti con precisione, nello statuto cinquecentesco, tutti i compiti di questi funzionari. Anche i registri degli ordini riportano per tre o quattro anni a partire dal 1708 l'elezione dei "soprastanti" assieme alle elezioni degli altri funzionari della taverna ma, dopo tale data, questa elezione non viene più effettuata e i registri non segnalano nessuna modifica che possa giustificare la scomparsa della carica.
Le uniche notizie che abbiamo ci sono fornite dallo statuto che descrive i "soprastanti" come supervisori della taverna con il compito di controllare l'operato del taverniere, di assicurarsi della qualità e del peso del vino da vendere e con l'obbligo di pagare il dazio al conduttore. Il dazio del vino come quello della "gratarola" veniva messo all'incanto (cioé appaltato al migliore offerente) ogni anno la prima domenica del mese di dicembre.
I tre registri recano al verso della carta i nomi dei compratori, il peso del vino che essi portavano alla taverna e di seguito vengono segnalate le spese o "uscite" (salari dei funzionari della taverna, rinnovo o sostituzione di utensili e di mobilia), mentre al recto della carta il ricavo o "entrate" (vendite del vino).
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/archivi/complessi-archivistici/MIBA000517/