Orfanotrofio maschile di Pavia (1534 - 1971)
Sede: Pavia
Progetto: Archidata
L'orfanotrofio della Colombina sorge a Pavia nel 1534 ad opera del veneziano Girolamo Emiliani, fondatore della compagnia dei servi dei poveri poi trasformata da Pio V con bolla "Iniunctum nobis" nella congregazione dei chierici regolari di Somasca(1). Il compito fondamentale dell'orfanotrofio si esplica nella "...raccolta dei fanciulli abbandonati (...) assistenza di infermi negli ospedali, redenzione di donne di malaffare, e altre simili cure a vantaggio della società..."(2).
Destinato a sede dell'orfanotrofio è, inizialmente, il "salone" della cittadella, locale eretto dai duchi di Milano per giochi ed esercizi equestri(3), successivamente il convento accanto alla chiesa dei SS. Gervasio e Protasio, come attestava una scritta esistente un tempo sull'archivolto dell'ingresso(4). Nel 1539 gli orfani ottengono di essere trasferiti, provvisoriamente presso il convento della colombina nella parrocchia della SS. Trinità(5), in Porta Marica(6). Tale convento già esistente nel 1140, deriva il nome da una colomba di panno bianco che i frati portavano sulla cocolla(7). Nel 1576 la congregazione dell'ospedale maggiore di S. Matteo di Pavia, che nel 1513 con disposizione pontificia era stato unito al convento della colombina, dona all'orfanotrofio la casa e la chiesa di S. Spirito, dette della colombina, e tale donazione viene confermata da Clemente VIII(8) con bolla del 25 gennaio 1599.
Tra la fine del XVI secolo e la prima metà del successivo, l'orfanotrofio vive il periodo più felice dal punto di vista finanziario in quanto, se inizialmente gli orfani vivevano di sola elemosina, possono ora fare riferimento a legati di terreni e case, primo dei quali quello di Angiol Marco Gambarana, loro rettore, che con suo codicillo al testamento del 1561 lega loro tutte le sue sostanze(9).
Nel bilancio della colombina sono inoltre compresi i proventi del lavoro degli orfani, il cui numero è sempre proporzionato alle possibilità finanziarie del pio luogo(10). Un primo dato sulla consistenza numerica degli assistiti viene segnalato da un'istanza presentata dall'orfanotrofio al consiglio di provvisione di Pavia del dicembre 1577 da cui si deduce che i ricoverati dovevano essere circa 34(11).
Nel corso del '600 e fino alla prima metà del '700 il patrimonio fondiario continua ad accrescersi e le rendite dei terreni si sommano a quelle degli edifici; tutto ciò trova conferma negli ampliamenti e nelle modifiche apportate tra il 1696 e il 1703 alla sede della colombina(12). Il numero degli assistiti diminuisce notevolmente intorno al 1620 sia a causa della crisi economica del 1613 - 1623 sia per la fondazione nel 1614 dell'orfanotrofio dei derelitti(13).
L'organizzazione interna della colombina è quella comune a tutti gli orfanotrofi somaschi, con la differenza che i padri ne amministrano direttamente le sostanze, senza ricorrere all'opera dei deputati, cioè di una congregazione di laici che si interessa dell'andamento economico degli istituti(14). A capo dell'istituto è un rettore che si occupa della vita spirituale degli orfani ed insegna il latino a chi dimostra particolari attitudini ad esso; è il responsabile dell'istituto, presiede la congregazione dei deputati ad esso è inoltre subordinata l'accettazione di un nuovo orfano. L'orfanotrofio è soggetto alla visita annuale dei superiori maggiori della congregazione per il controllo dell'amministrazione(15).
Quanto alla "Famiglia" vera e propria che risiede presso l'istituto, nel 1576, si stabilisce che sia composta da un sacerdote e due inservienti(16), aumentati poi a tre padri e tre laici nel 1622. I ragazzi sono ospitati fino a 18 anni ed una volta usciti sono in possesso di una rudimentale istruzione e sono in grado di esercitare un mestiere. La giornata all'interno dell'orfanotrofio è segnata da preghiere e pratiche religiose, tanto che il giorno della partenza dall'istituto l'orfano si comunica e viene esortato dal rettore alla frequenza dei sacramenti(17).
Nella seconda metà del XVIII secolo anche l'orfanotrofio di Pavia è coinvolto nella vasta opera di riforma iniziata da Maria Teresa e continuata da Giuseppe II che pone termine alla sua esistenza autonoma(18). Nel 1774 un decreto di Maria Teresa inviato da Vienna al luogotenente governatore e capitano generale della Lombardia austriaca dichiara che il "Piano di Consistenza" dei somaschi corrisponde al desiderio della sovrana per "...il regolamento degli studi (...) il buon ordine che regna..." e quindi ordina che tale orfanotrofio continui ad essere amministrato dai somaschi, sospendendo il progetto di aggregazione del medesimo al pio luogo dei derelitti(19). Con l'avvento al trono di Giuseppe II prosegue l'opera di riforma anche nel settore ecclesiastico e della beneficenza: l'ordine somasco è lasciato sussistere, anzi, ai somaschi viene dato l'incarico di proporre norme sull'ordinamento interno degli orfanotrofi per la loro concentrazione(20). Nel 1784 è istituita una giunta delle Pie Fondazioni con lo scopo di raccogliere in ciascun istituto le opportune informazioni per procedere al loro ordinamento, sotto diretto controllo governativo(21). Alla fine del 1793, quale conseguenza della creazione di un fondo di religione in Pavia, amministrato dal marchese Luigi Malaspina, con il fine di accogliere i diversi orfanotrofi, il pio luogo della colombina viene concentrato nei locali del monastero di S. Felice(22) con il pio luogo dei derelitti(23). Il progetto dei lavori di adattamento e di restauro del monastero suddetto, elaborato dall'architetto Leopoldo Pollack, viene approvato nel 1789 dal governo e l'opera data in appalto a Francesco Martinelli(24).
Il pio luogo della colombina che dal 1760 aveva sede nel monastero di S. Maiolo(25) non ritroverà più la propria indipendenza; infatti nel 1793 si altera la fisionomia peculiare che era invece caratterizzata da una profonda autonomia sia sotto il profilo organizzativo che amministrativo(26). Per disposizione del decreto reale del 28 aprile 1867 l'amministrazione di molte opere pie (fra cui l'orfanotrofio maschile) si scioglie e si concentra nella congregazione di Carità che ha il compito principale di predisporre il nuovo statuto organico ed il nuovo regolamento di ciascuna istituzione(27).
Con legge 3 giugno 1937 l'amministrazione dell'orfanotrofio viene rilevata dall'ente comunale di assistenza (E.C.A.) per effetto della soppressione della congregazione di Carità(28). A norma del decreto 16 marzo 1939, l'orfanotrofio è decentrato dall'amministrazione dell'E.C.A. e la gestione affidata alle Opere Pie Riunite(29). Con delibera 19 settembre 1957 n. 270 del consiglio di amministrazione delle Opere Pie Riunite vengono concentrate, nel bilancio dell'orfanotrofio, le Colonie Alpine Umberto I, la Colonia Elioterapica Ida e Olimpia Risi, il Pio Istituto dei Ciechi e il Ricovero dei Minorenni Abbandonati(30).
Nel marzo 1971, per decreto del Presidente della Repubblica, l'orfanotrofio maschile con tutti i suoi beni, si fonde in un unico ente, insieme con l'orfanotrofio femminile, formando così una nuova istituzione denominata "Convitto Pavese" nel cui bilancio figura, oltre alle suddette istituzioni, anche il pio ritiro delle Figlie XII(31). Nel 1973 i locali del monastero di S. Felice vengono venduti all'università degli studi di Pavia e verso la fine del 1979 gli orfani vengono trasferiti in una sede appositamente costruita in località Torchietto, con gestione comunale.
1. Cfr. N. Bartolino, "L'orfanotrofio della Colombina di Pavia dalle origini alle Riforme Giuseppine", in "Bollettino della Società Pavese di Storia Patria", vol. XIX, 1967, p. 81.
2. Cfr. "Memoria presentata da C. R. Somaschi della città di Pavia all'ill.mo Senatore Podestà don Giuseppe Croce", ms., secolo XVIII, presso l'Archivio della Congregazione della Maddalena di Genova, Cartelle dei luoghi, Pavia, Colombina.
3. Cfr. D. Sciolla, "L'orfanotrofio Somasco nel ducato di Milano nel XVI secolo", tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, a.a. 1957 - 1958, p. 116 e D. Bianchi, "Una meraviglia già esistente a Pavia", in "Bollettino della Società Pavese di Storia Patria", LIX, n. 12, 1959, pp. 99 - 108.
4. "S. Hieronimus Aemiliani orphanorum parenses ut primum advenit hanc sibi suisque stationem delegit. Anno MDXXXIV"; cfr. P. Noli, "L'orfanotrofio maschile di Pavia", in "Ticinum", n. 8, 1933, p. 12.
5. Aggregata nel 1789 alla parrocchia del Carmine.
6. Cfr. "Memoria presentata...", cit.
7. Cfr. P. Noli, "L'orfanotrofio maschile...", cit., p. 13.
8. Cfr. unità 6.
9. Cfr. unità 3.17.
10. Cfr. N. Bartolino, "L'orfanotrofio ...", cit., p. 91.
11. Cfr. G. Aleati, "La popolazione di Pavia durante il dominio spagnolo", Milano, 1957, p. 19.
12. Cfr. unità 10.
13. Cfr. N. Bartolino, "L'orfanotrofio ...", cit., p. 112.
14. Cfr. N. Bartolino, "L'orfanotrofio ...", cit., p. 95.
15. Cfr. Atti dei Capitoli Generali, ms., nell'Archivio della Congregazione della Maddalena di Genova, vol. I, 1581 - 1663.
16. Cfr. Libretti delle Deputazioni, ms., nell'Archivio della Congregazione della Maddalena di Genova.
17. Cfr. N. Bartolino, "L'orfanotrofio ...", cit., p. 101.
18. Cfr. N. Bartolino, "L'orfanotrofio ...", cit., p. 115.
19. Cfr. Provincia Lombardo - Austriaca, ms., nell'Archivio della Congregazione della Maddalena di Genova.
20. Cfr. Libro degli Atti, nell'Archivio della Congregazione della Maddalena di Genova, 1773 - 1797.
21. Cfr. N. Bartolino, "L'orfanotrofio ...", cit., p. 120.
22. Soppresso nel 1786.
23. Cfr. Cartelle dei luoghi, Pavia, S. Felice, nell'Archivio della Congregazione della Maddalena di Genova.
24. Cfr. unità 9.
25. Soppresso nel 1790; cfr. "Ragioni dei somaschi su la maggior porzione de fabbricato della Colombina", ms., Cartelle dei luoghi, Pavia, Colombina, nell'Archivio della Congregazione della Maddalena di Genova.
26. Cfr. N. Bartolino, "L'orfanotrofio ...", cit., pp. 150 - 151.
27. Cfr. P. Scotti, "Umana solidarietà - Cinque secoli di vita delle pubbliche istituzioni di assistenza e beneficenza della città di Pavia", Pavia, 1981, p. 281.
28. Cfr. P. Scotti, "Umana...", cit., p. 283.
29. Cfr. P. Scotti, "Umana...", cit., p. 284.
30. Cfr. P. Scotti, "Umana...", cit., p. 287.
31. Cfr. P. Scotti, "Umana...", cit., p. 288.
32. Cfr. P. Scotti, "Umana...", cit., p. 281.
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