Carità di San Michele vecchio (sec. XIII - 1786)
Sede: Cremona
Progetto: Archidata
La prima testimonianza dell'esistenza della Carità di S. Michele Vecchio è il testamento, in data 21 marzo 1250, di Giovanni Casalorzo, "clericus et fratrer ecclesie S. Michaelis Veteris", che istituì erede quest'ultima e diversi legati, tra cui quello di un moggio di frumento ogni anno alla Carità. Il secondo documento riguardante l'ente risale al 12 marzo 1269: Benvenuto Obici o Obizi e sua moglie Agnese donano ai Massari della "Charitas sancti Michaelis Veteris" una casa sita nell'omonima vicinia, una pezza di terra di 4 pertiche a Macchetto ed ogni loro bene mobile ed immobile. La Carità ebbe una sede propria dirimpetto alla chiesa di S. Michele, dalla metà del XVI secolo; possedeva inoltre due case nella vicinia omonima, una delle quali utilizzata per le riunioni dei Reggenti e come archivio e granaio. Le vicende della Carità furono sempre strettamente intrecciate con quella della Vicinia e della Fabbriceria di S. Michele Vecchio, tanto che dal XIV secolo venne denominata anche "Caritas pauperum vicinorum" o "Caritas vicinie" o "Caritas universitatis vicinorum vicinie" o "Universitas caritatis vicinorum S. Michaelis Veteris", finchè alla fine del Cinquecento si generalizzò la denominazione di "Charitas S. Michaelis Veteris", che rimarrà in uso fino alla fine dell'antico regime.
Col XV secolo scomparve il legame con la Fabbriceria, mentre rimase la dipendenza dall'Università dei vicini. L'11 settembre 1784 gli ultimi Reggenti elessero i due amministratori interinali del luogo pio, che passarono le consegne al marchese Picenardi il 22 maggio 1786; l'Istituto elemosiniere ricevette dalla carità 1220 pertiche di terreno e le due case nella vicinia.
La Carità era governata all'inizio da due Massari, affiancati poi da un Sindaco e Procuratore della Vicinia e della Carità; alla fine del sec. XIV si ha pure un Massaro e Sindaco o Procuratore; Sindaci e Procuratori avevano la facoltà di controllare l'operato dei Massari, di sindacarli, eleggerli o sostituirli; questi ultimi non potevano operare da soli. Dopo la metà del sec. XV comparvero i Sindaci ed i Massari con titoli di studio e di cultura e a volte la qualifica di "nobilis vir". Dal 1553 al 1557 vi fu un Massaro con funzione di tesoriere. Ai primi del Seicento erano a capo della Carità quattro Reggenti eletti in secondo grado ogni due anni nella congregazione generale dei vicini: essi erano praticamente gli eredi dei Sindaci e Procuratori medioevali ed avevano tra l'altro il compito di nominare il cancelliere e scegliere il tesoriere.
L'attività caritativa dell'ente consisteva in erogazini periodiche in natura, ad esempio una mina di farina ogni Natale a ciascuno dei 580 focolari poveri della vicinia, e in distribuzione di dote elemosinarie di 25 lire ciascuna alle spose povere e di elemosine straordinarie in denaro: questi ultimi dati riguardano il XVI e il XVII secolo. G. Politi, "Antichi...", vol. II, p. LXV - LXIX.
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