Perogalli scrive al presidente e, per conoscenza, al vicepresidente e ai consiglieri del Collegio, invitandoli a considerare l'opportunità di trovare un successore come "direttore" degli "atti" del Collegio; Perogalli spiega, infatti, che i suoi impegni non sono sacrificabili in misura maggiore di quanto abbia fatto e che, probabilmente, si è esaurito il "compito che le circostanze e soprattutto la stima concessami dagli amici del Consiglio mi avevano prima assegnato, poi - bontà loro - confermato"; più adatto, a suo parere, in quel momento un giovane con più tempo a disposizione. Assicura, infine, la sua presenza al loro fianco nel Consiglio ed esprime sentita riconoscenza per la stima concessagli, per la "solidale collaborazione", per la "cara amicizia" e la comprensione nella presente occasione.