Rabdomante; Cavaliere su serpente, Bilancia
Del Bue, Giuseppe (carradore)
Descrizione
Autore: Del Bue, Giuseppe (carradore) (notizie sec. XIX fine-sec. XX inizio)
Ambito culturale: ambito Italia Settentrionale, bottega falegname; Italia, Emilia-Romagna
Cronologia: 1914
Categoria: attività agro-silvo-pastorali
Tipologia: carro agricolo
Materia e tecnica: legno (scolpito e intagliato); ferro (battuto)
Misure: 155 cm x 374 cm x 117 cm (intero); Ø 71 cm (ruote anteriori); Ø 91.5 cm (ruote posteriori)
Descrizione: Carro agricolo reggiano-modenese con profilo caratteristico per le ruote anteriori sensibilmente più piccole delle posteriori così da dare al piano di carico una vistosa inclinazione in avanti verso il lungo timone al quale venivano aggiogati una coppia di buoi. Il peso a vuoto oscilla tra i cinque quintali e mezzo e i sei e mezzo con una capacità massima di carico, fissata dalla legge, di 24 o 25 quintali.
Il frontale presenta al centro un cartiglio con la scritta GIUSEPPE DEL BUE FECE 1914 con applicazione di borchiette in ferro battuto a forma di anatra. Nella freccia sono inserite singolari figurine in ferro battuto mobili (che si muovevano con le vibrazioni del carro): un uomo che ha tutta l'apparenza di un guerriero cavalca e tiene per le redini, quasi fosse un cavallo, un serpente con la bocca aperta e la lingua protrusa; immediatamente davanti a lui un uomo con le braccia tese sembra parlargli; segue con il viso rivolto altrove un automata, un giocoliere cui segue ancora il segno della giustizia e infine un rabdomante che tiene ferma tra le mani la bacchetta che comincerà a vibrare quando sentirà la vena d'acqua. Dietro, sullo scannello sono intagliati in legno motivi vegetali e vi è una borchia con la scritta: "Provincia di Reggio Emilia".
Notizie storico-critiche: Il carradore Giuseppe Del Bue amava animare i suoi carri con figure in ferro, giocolieri, rabdomanti veri "automata" che oscillavano con il movimento del carro. Circolavano, durante i filòs nelle stalle (a volte portati da girovaghi) storie anche in forma poetica dialettale, spesso intrise di paure e di mistero. Da una di queste storie, scomparse ormai dalla memoria, lo stupefacente racconto che il Del Bue ha allineato come la banda di un fumetto di oggi sulla freccia del carro che porta sul frontale la sua forma. "Giuseppe del Bue fece 1914" (Contini, 2000).
Secondo la mitologia i primi carri furono quelli degli dei: il carro di Cerere (colei che diede agli uomini il frumento) è trainato da due draghi alati (figura predominante del carro agricolo reggiano modenese); il carro di Nettuno da due cavalli marini (anche questa figurazione è frequente nei carri reggiani); il carro di Cibele da due leoni; il carro di Giunone da due pavoni; etc.
Assolutamente originario dell'Italia (Etruria) è il pesante carro agricolo da trasporto, il plaustrum, che presenta ruote massicce (tympana) con corte traverse al posto dei raggi. Il plaustrum, come il carro padano, porta sull'avantreno un terzo del carico e nel retrotreno due terzi del carico. Presenta notevole resistenza e stabilità, buona conservazione, facilità per il carico-scarico, agevole traino. Nel plaustrum come nel carro agricolo padano notiamo: un avantreno anteriore, un corpo di sala con due ruote ed un timone, una freccia che collega per tutta la lunghezza del carro le due sale, le sale: asse in legno e ferro sulle quali poggia il carro e nei due capi delle quali entrano e girano le ruote, il piano del letto che riceve e sopporta il carico, infine lo sterzo nella parte anteriore e girevole del carro.
Il carro del contadino era essenzialmente uno strumento di lavoro come la falce fienaia e l'aratro il cui uso però non conosceva limitazioni stagionali e momenti privilegiati d'utilizzo. L'uso vario e continuo ne faceva un oggetto particolarmente importante che richiedeva il rispetto di due fondamentali esigenze: da un lato doveva essere robusto e maneggevole, dall'altro doveva essere elegante e capace di soddisfare esigenze da parata.
Per il contadino esisteva un rapporto fra ostentazione del lusso decorativo e vita sociale: erano i carri agricoli ad assumere la funzione di strumenti di qualificazione sociale, poiché un carro riccamente decorato, per il suo alto costo, era segno di indubbia disponibilità di denaro ed era per il suo possessore segno tangibile di una raggiunta posizione economico-sociale che lo staccava dalla categoria dei braccianti, dei lavoratori a giornata privi di altri mezzi di sostentamento al di fuori delle proprie braccia. Il contadino possessore di un carro aveva anche la forza animale per trainarlo (buoi in genere) e dunque possedeva un capitale da investire nella lavorazione della terra: poteva allora aspirare ad entrare nella schiera dei mezzadri o degli affittuari o, più raramente, dei piccoli proprietari. Oltre alla funzione di capitale economico il carro veniva contemporaneamente ad assumere all'interno della società contadina il medesimo valore acquistato oggi dall'automobile o dalla motocicletta di grossa cilindrata.
I carri agricoli Padani sono ornati con elementi decorativi legati al sostrato culturale folklorico (maledizioni) o con figure di Santi protettori dell'attività del contadino. Queste figure rivestono una duplice funzione: da un lato sono utilizzate con funzione estetica, vale a dire per abbellire il carro secondo canoni di gusto variabili e legati all'ambiente di riferiemnto; dall'altro hanno un valore apotropaico, rivestono cioè una funzione magico-religiosa e protettiva. Tra gli elementi ricorrenti si trovano draghi, serpenti, cani, galli, Santi e Madonne.
Collocazione
San Benedetto Po (MN), Museo Civico Polironiano
Credits
Compilazione: Massari, Francesca (2013); Rebecchi, Matteo (2013)
Aggiornamento: Massari, Francesca (2014)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/beni-etnoantropologici/schede/F1080-00328/
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