Zappetta
Descrizione
Ambito culturale: pianura bresciana; Italia, Lombardia
Cronologia: sec. XX iniziosec. XX inizio
Categoria: attività agro-silvo-pastorali
Tipologia: zappetta
Materia e tecnica: legno (potatura, sramatura, scortecciatura); ferro (riscaldamento, battitura, forgiatura, tempratura, molatura)
Misure: 118.1 cm (intero)
Descrizione: L'attrezzo è costituito da un manico cilindrico (mànech) diritto, inserito, all'estremità più larga, nell'occhio della lama, a cui è fissato mediante l'inserimento di un cuneo di legno inchiodato al manico stesso. La lama, forata al centro, presenta i lati lunghi tra loro paralleli ricurvi vero il manico, chiusi dal lato minore tagliente.
Notizie storico-critiche: P. Scheuermeier (1980, vol. I, pp. 85-87) riferisce che non è possibile esaminare tutti i vari tipi di zappa esistenti e stabilirne la diffusione geografica, l'uso e la forma di ognuna. Nelle zone montane, dove l'aratro non poteva essere usato a causa di terreni ripidi e campi di piccole dimensioni, la zappa costituiva l'attrezzo principale per dissodare la terra. In pianura, veniva usata ai bordi dei campi, intorno agli alberi e dove l'aratro non riusciva ad arrivare. Inoltre, la terra già arata e induritasi di nuovo, veniva smossa con la zappa, con cui si tracciavano anche i solchi di irrigazione attraverso i campi e i prati. La lama formava con il manico un angolo sempre inferiore a novanta gradi e quasi sempre superiore a trenta. La forma, la grandezza ed il peso della lama variavano a seconda dell'uso e del tipo di terreno della zona. la lunghezza del manico determinava la posizione dello zappatore. Nella zona alpina e nell'Italia settentrionale, il manico era quasi sempre lungo, per permettere allo zappatore di stare dritto o solo leggermente chinato in avanti. La lama era larga quando serviva per lavorare la terra leggera, mentre nei terreni tenaci, pesanti e pietrosi si usava di preferenza una zappa lunga, stretta e appuntita.
G.B. Muzzi (2001, p. 75) informa che la zappa è uno degli attrezzi più antichi della storia dell'agricoltura. Nella pianura bresciana, nei campi coltivati a granoturco, serviva a tranciare le erbe infestanti e a rivoltarle in aria, operazione che richiedeva un massiccio impiego di personale. Gli affittuari erano soliti impiegare i salariati, a cui erano affidati terreni rettangolari (piàne) circondati da filari di piante, da lavorare a cottimo (a bòt). Il raccolto era diviso in tre parti: due al padrone e una agli zappatori. Questo lavoro era solitamente svolto sotto il sole dalle donne e dai ragazzi della famiglia del salariato, impegnato a svolgere i lavori obbligatori secondo il patto agrario. Un detto recitava: "Tègner a la sàpå un camp dè furmintù", che voleva dire accollarsi l'onere di tenere pulito il campo di granoturco dalle erbacce che crescevano tra gli steli (gàmbe), raccogliere il granoturco e portarlo dal campo alla cascina (regòer), scartocciare (scarfoià) e seguire le fasi di essiccazione del granoturco sull'aia (érå).
Dino Gregorio (1980) riporta che sovente si hanno zappe composte da due utensili di diversa foggia, collegati da bande opposte al medesimo occhione: zappone e piccone per il dirompimento, bidente e tridente per terreni ciotolosi, zappa a lama larga e bidente e tridente per lavori di colturamento. In generale, la zappa era meno adatta della vanga per i lavori di dirompimento del terreno; si faceva ricorso ad essa nel caso di terreni molto tenaci, oppure in forte pendenza, in cui risultava vantaggiosa la diversa disposizione del manico rispetto alla lama. In terreni tenaci un operaio poteva dirompere a zappone da 0,6 a 0,8 metri cubi all'ora, mentre in terreni tenacissimi da 0.4 a 0.6. La zappatura e la sarchiatura potevano essere eseguite in ragione di 45/50 metri quadrati l'ora. La rincalzatura di colture a fle in ragione di 40/60 metri quadrati l'ora a seconda della distanza tra le file.
Fonti di documentazione: 2/ 3
Collocazione
Mairano (BS), Museo della Civiltà Contadina "Dino Gregorio"
Credits
Compilazione: Capra, Michela (2009)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/beni-etnoantropologici/schede/v2010-00005/
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