Roncola

Roncola

Descrizione

Ambito culturale: ambito bresciano; Italia, Lombardia

Cronologia: sec. XX prima metàsec. XX prima metà

Categoria: attività agro-silvo-pastorali

Tipologia: roncola

Materia e tecnica: ferro (riscaldamento, battitura, forgiatura, tempratura, molatura); legno (taglio, scortecciatura, intaglio, foratura)

Misure: 31 cm (intero)

Descrizione: Lama robusta e arcuata verso la punta, ad un solo taglio sul lato sinistro, priva di penna posteriore. All'estremità inferiore è munita di prolungamento inserito entro il manico ligneo di forma cilindrica.

Notizie storico-critiche: P. Scheuermeier (1980, vol. I, p. 152) informa che per potare la vite ci si serviva, tra gli altri attrezzi, di una roncola con o senza penna. In tempi più recenti, l'attrezzo venne sostituito con le moderne forbici da vite. Per raggiungere i tralci molto alti, ci si serviva di una scala a libretto, a tre piedi.
M. Delamarre (2001, pp. 112-113) nomina i diversi tipi di roncola in relazione alla potatura della vite. L'autrice scrive che potare la vite è una delle operazioni più importanti per il futuro della vigna ed il buon risultato della vendemmia. L'operazione richiede al vignaiolo grande abilità, conoscenze, perspicacia, rapidità di decisione e gesto preciso. La studiosa aggiunge che tagliare è la funzione specifica delle roncole ed anche una delle caratteristiche comuni alle diverse tipologie, che si concretizza nella presenza della lama. I tipi di roncole sono molteplici, a seconda degli usi specifici cui servivano e della diversità delle tecniche di fabbricazione. Ve ne sono ad uno o due tagli o anche più, specialmente in relazione alla potatura della vite e, quindi, alle diverse ablazioni da effettuare. Il tipo di roncola detemina la posizione della mano e dell'attrezzo, per esempio quando è maneggiato dall'alto verso il basso o viceversa.
G.B. Muzzi (2001, p. 84) ricorda che, nella pianura bresciana, la roncola che serviva per tagliare la legna minuta (lègna minüda) con cui far fascine era sempre posta accanto alla legnaia, piantata insieme al pennato (fóls) nel ceppo di legno (sòc). Scrive anche che tutte le piante e le foglie dei possedimenti terrieri erano di proprietà del padrone o dell'affittuale (fitàol). A partire dal secondo dopoguerra, ai contadini dipendenti era distribuita una quantità di legna stabilita nei patti colonici che intercorrevano tra l'organizzazione degli agrari ed i sindacati dei lavoratori: venticinque quintali di legna secca e cinquanta quintali di legna verde. La legna minuta consisteva in fascine, utile per avviare il fuoco o per usi che non richiedevano troppo tempo né combustibile. Ceppi (stómboi) e ceppaie (sòche) formavano la legna grossa (lègna gròsa), di maggior resa nel riscaldamento della casa, nella preparazione dei cibi e nel fare braci, poichè più lenta a bruciare. L'unico frascame che i contadini potevano raccogliere erano i bastoncelli secchi (secaröle) di platani e pioppi cipressini.
Fonti di documentazione: 3

Collocazione

Mairano (BS), Museo della Civiltà Contadina "Dino Gregorio"

Credits

Compilazione: Capra, Michela (2010)

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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