Carlo Slama

Profilo biografico

Carlo Slama nasce nel 1921 in un paesino del Carso, Calcizze (TS), ma ben presto si trasferisce con tutta la famiglia a Trieste. Finiti gli studi liceali, viene chiamato sotto le armi come recluta nel corso allievi ufficiali fino all’8 settembre 1943, quando è arrestato insieme ad altri, ma fortunatamente viene liberato. Studente universitario, è nuovamente arrestato nel luglio 1944, senza alcun motivo a lui dichiarato, viene deportato prima a Buchenwald e poi nel terribile lager di Dora, nelle cui vicinanze si fabbricano i missili V1 e V2. In un periodo di convalescenza presso l’ospedale del campo ha la possibilità di dipingere le pareti della stanza del capo blocco. La sua riconosciuta qualità nel disegno gli permette così di evitare le difficoltà dell’inverno in Germania, perché i capi baracca gli affidano il compito di affrescare gli interni delle camerate. Successivamente viene trasferito nel campo di Bergen Belsen e nell’aprile 1945 viene trasferito a Wietzendorf.

Rientra in Italia e si trasferisce a Milano, dove termina gli studi di Architettura, alla quale si dedicherà negli anni a seguire. Nel 1980 pubblica Lacrime di pietra, volume in cui descrive il quadro esatto del funzionamento delle strutture del lager di Dora e le riflessioni di un uomo che ha sofferto e che ha visto soffrire.

Muore a Milano nel 2001.

Disegni

Fig. 1.3.4 – Riproduzioni di disegni di Carlo Slama. Lavori forzati nel campo di concentramento di Buchenwald

“I nazisti uccidevano i nostri corpi, e prima pretendevano di uccidere la nostra umanità imponendoci la paura, e con la paura l’odio. Ma l’odio attecchisce solo in chi lo accetta, non lascia alcuna traccia in chi sa opporgli il baluardo della libertà. Un sistema di morte ha generato un’idea di vita. Lo spettacolo di montagne di morti si è tradotto in un’opera di carità umana con lacrime di pietra.”

Fig. 2.3.4 – Riproduzioni di disegni di Carlo Slama

“[…] Mi trovo sano e salvo a casa perché quando stavo per morire, una insperata sorte benigna mi ha consentito di dipingere e la pittura mi ha salvato la vita. Forse poi nella vita professionale non sono diventato pittore, perché dalla pittura avevo già ottenuto il massimo: la salvezza.”

(cit. Carlo Slama, Lacrime di pietra, Mursia, 1980).

Ultimo aggiornamento: 15 Settembre 2022 [Anna Grazia Pompa]