Architettura e liturgia
Sotto l’azione dei vescovi riformisti viene radicalmente rinnovata la liturgia, con ricadute vistose sulla spazialità e la figuratività delle chiese. La centralità assegnata alla celebrazione della Messa, la promozione del culto eucaristico, la difesa del culto della Vergine (con la pratica del Santo Rosario e la recita delle Litanie lauretane) e dei santi, il potenziamento della predicazione, sono tutti elementi che conducono a importanti, immediati riflessi sulle manifestazioni artistiche, «che rappresentano il luogo e il supporto dell’avvenimento liturgico […].
L’altare soprattutto, nelle sue varie forme e combinazioni, diventa il centro dello spazio ecclesiale e lo spazio ecclesiale stesso è riorganizzato in funzione della opportunità di percezione dell’altare dai presenti nella sala.
Per tutto il Seicento, soprattutto nelle aree di confine con il mondo protestante quale è la regione alpina, tale orientamento ha condotto, da un lato, alla semplificazione degli edifici religiosi, tendenzialmente risolti “a sala”, dall’altro, ad una certa complicazione degli altari che diventano il supporto per l’immagine con finalità devozionale e catechetica» (Langè, 1994).
La fortuna della tipologia semplificata della chiesa “a sala” nell’area alpina, prediletta da Gaspare Aprile da Carona, esponente di un misurato «barocco classicista» (Rovetta, 1998) aggiornato sui modelli milanesi del Tibaldi, del Mangone e del Richino, è tanto più singolare in quanto il modello ideale avocato dai due vescovi Borromei è quello della pianta basilicale a tre navate, ma evidentemente la navata unica e il presbiterio breve a terminazione piana consentivano di dare migliore evidenza sia all’altare maggiore, «centro focale dello spazio interno» (Langè, 1994), in quanto luogo della celebrazione eucaristica e sede del tabernacolo, sia ai due altari laterali, spesso collocati frontalmente all’assemblea dei fedeli, e per lo più dedicati l’uno alla Vergine, l’altro al santo titolare.
Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre 2015 [cm]