Gerardo Bianchi, Ritratto di Carolina Fusetti Scotti e di Domenico Panceri
Quella adottata dal pittore è una delle iconografie meno frequenti della raccolta del S. Gerardo: la giovane donna è ripresa in piedi sullo sfondo di un giardino. E’ proprio nella realizzazione delle grosse peonie ricadenti a terra, che il pittore si esprime con maggiore libertà, mentre la figura appare rigida e l’espressione fissa per la probabile derivazione da una fotografia.
Nell’insieme tuttavia l’opera è gradevole e fresca, e conserva anche un interesse documentario per lo studio del costume: nell’abbigliamento vengono presentati alcuni elementi ricorrenti nella moda femminile della seconda metà dell’Ottocento, che la donna indossa con stile sobrio: si veda la gonna ‘a mezzo crinolina’ – con il tipico rialzo drappeggiato sul dietro, in voga tra il 1870 e la fine degli anni ’80 – e le trine al collo e ai polsi di gusto vagamente retrò.
L’indicazione dell’elevato stato sociale della benefattrice è affidata invece all’esibizione di ricche file di braccialetti d’oro infilate ai polsi e di altri gioielli.
Carolina Fusetti vedova Scotti, scomparsa nel 1885, fondò l’Opera Pia omonima per la distribuzione annua di dodici doti in favore di ‘dodici ragazze nubende, legittime, povere e oneste della città di Monza, in età non minore di anni 18, e non maggiore di 30, con preferenza alle figlie orfane di madre, alla condizione che queste attendano a matrimonio civile entro l’anno’.
L’opera Pia era amministrata dalla Congregazione di Carità, l’istituzione sorta nel 1862 per volere del governo sabaudo con il compito di raccogliere e gestire le beneficenze cittadine.
La Congregazione di Carità onorò la generosa elargizione della vedova Scotti con la commissione di un ritratto a figura intera eseguito nel 1886 dal pittore Gerardo Bianchi, fratello minore di Mosè e autore di una nutrita serie d’immagini di benefattori monzesi.
Domenico Panceri, industriale possidente di Monza, nel 1888 elargì una donazione alla Congregazione di Carità per l’istituzione in perpetuo di una piazza nella Pia Casa di Ricovero e per coprire le spese degli atti notarili.
Il ritratto, a messo busto su fondo unito, fu eseguito l’anno precedente alla sua scomparsa: pochi giorni dopo la donazione, infatti, Giovita Mazzola, presidente della Congregazione, scriveva a Panceri per ringraziarlo e chiedere ‘la di lei fotografia, onde possa ordinare il ritratto da esporsi nelle consuete ricorrenze della Pia Casa e che ricorderà ai presenti e ai posteri il benefattore che ancora in vita elargì così piena somma a sollievo dei suoi concittadini bisognosi’.
Questo documento rivela che la consuetudine di trarre le effigi dalle fotografie non era vincolata alla scomparsa del soggetto raffigurato ma era anzi una prassi adottata persino per l’esecuzione di ritratti di personaggi viventi.
Stilisticamente, la resa morbida e viva della figura, sostenuta da una tecnica pittorica fluida, si concilia con la conoscenza diretta del soggetto da parte del pittore, che mostra la sua abilità anche nella riproduzione dei dati di costume: si veda in particolare l’effetto cangiante del tessuto della cravatta, i grossi favoriti “a scopettone”, che erano tornati di gran moda nell’ultimo quarto dell’Ottocento, e l’esibizione di gioielli come la spilla ferma cravatta e la catena d’oro con cui si affrancava l’orologio sul gilet, solitamente utilizzati per qualificare lo status sociale nei ritratti maschili del periodo.
Il ritratto presenta nell’angolo in basso a destra la firma dell’artista, Gerardo Bianchi, che, in questi anni, subentrava al padre, morto nel 1875, e al celebre fratello Mosè – trasferitosi a Milano – nell’offrire i propri servigi alla Congregazione di Carità monzese, dimostrando una certa consapevolezza della propria maturità artistica, che lo portò a richiedere un aumento sul prezzo dei dipinti commissionatigli.
Ultimo aggiornamento: 19 Novembre 2015 [cm]