Villa Carlotta: Il Parco
Il grande fascino del parco di Villa Carlotta è dato dalla convivenza armonica tra architetture di giardini di diverse epoche storiche. La lungimiranza dei diversi proprietari è stata, indubbiamente, quella di non smantellare ciò che i predecessori avevano realizzato, ma integrarlo in una visione estetica via via al passo con i tempi.
Dell’età seicentesca restano l’ampio giardino all’italiana con alte siepi a taglio geometrico, parapetti a balaustrate, statue e giochi d’acqua, scale e terrazze simmetriche che salgono e affiancano la Villa; a fine Seicento, decorate da agrumi allevati su spalliere, tanto numerosi da essere definiti vere ‘selve cedrine’.
Ai tempi la presenza di un agrumeto è una sorta di status symbol della ricchezza dei proprietari terrieri, specie in zone come i grandi laghi prealpini in cui la diffusione di queste essenze è legata alla possibilità di ricoverare le piante in strutture adeguate durante la stagione invernale.
L’apparizione sulle sponde comasche di cedro, limone, arancio amaro e chinotto si può far risalire agli inizi del Trecento. Il clima particolarmente favorevole e il progredire delle tecniche di coltivazione rendono possibile la coltivazione di agrumi non solo a fini ornamentali, ma anche commerciali: nel corso del Seicento il valore di questi frutti sale vertiginosamente, sia per fini alimentari che cosmetici o religiosi, ed è proprio la coltivazione degli agrumi a fare la fortuna di famiglie nobili tremezzine, sull’onda di una espansione di questo settore di mercato verso il nord Europa e l’America.
La collezione di agrumi è il fiore all’occhiello con Giovanni Battista Sommariva e, in parte, con i Sassonia Meiningen.
L’attuale collezione comprende, tra gli altri, il Cedro mano di Buddha (Citrus medica L. var.digitata), il Cedro liscio (Citrus medica L.), il bergamotto (Citrus bergamia Risso & Poit.).
Il giardino a sinistra della Villa, superato il ponticello che scavalca la roggia sottostante, è chiamato Giardino Vecchio e si presenta ancora nell’antica struttura ottocentesca, con un viale centrale e un gruppo di cinque platani, più volte nominati da Stendhal nei suoi scritti.
Messi a dimora nel XIX secolo, probabilmente dal Sommariva, sono alberi giovani rispetto i 4000 anni di età che possono raggiungere in natura, ma monumentali per il loro indubbio valore paesistico e per gli oltre 35 metri di altezza raggiunti.
Il platano è un albero originario dell’Asia minore, ormai rarissimo in natura, che fu introdotto dai Greci intorno il 338 a.C. per ombreggiare, insieme a pioppi, olivi ed alloro, i peripatoi, viali e boschetti, lungo i quali camminavano gli studenti dell’accademia di Platone ed Aristotele.
La tradizione vuole che sempre all’ombra di un grande platano, sull’isola di Kos, il grande medico Ippocrate impartisse lezioni ai suoi studenti.
La diffusione del platano come albero da ombra è proseguita con i monasteri cristiani e, molto più tardi da Maria Teresa d’Austria e Napoleone, il quale lo diffonde capillarmente in tutta la Francia: nelle piazze, agli incroci e nelle curve lungo tutte le principali strade come demarcazione netta, nei viali alberati delle grandi vie di comunicazione per offrire ombra e riparo alle truppe in movimento.
Il platano che troviamo più comunemente diffuso è un ibrido, creato nel Settecento in Inghilterra, tra il platano importato dai greci, Platanus orientalis L., e quello introdotto nel 1626 dall’America, il P. occidentalis L., che prende il nome di Platano di Londra, Platanus x acerifolia, molto resistente alle malattie e oggi all’inquinamento automobilistico.
I platani si riconoscono per la corteccia a placche di grande effetto estetico, nonostante un’antica leggenda la interpreti come punizione per aver nascosto nel suo tronco il serpente dell’Eden.
Aprile e maggio, sono i mesi in cui a villa Carlotta si ha l’esplosione delle fioriture di azalee e rododendri sapientemente disposti a formare quinte scenografiche di grande bellezza.
Queste piante appartengono al medesimo genere Rhododendron e sono arbusti di medie piccole dimensioni dalle foglie piccole, sia sempreverdi che decidue, con fiori spesso raccolti in gruppetti, mentre i rododendri possono essere veri e propri alberi e grossi arbusti sempreverdi dalle foglie e fiori grandi.
La diffusione nei giardini europei inizia con l’arrivo dei primi rododendri hymalaiani, intorno al 1810, quando lo scozzese Francis Hamilton, allora direttore del Giardino Botanico di Calcutta, spedisce in patria i semi di Rhododendron arboreum Sm. Poco tempo dopo, su incarico dei Kew Gardens, Joseph Dalton Hooker, partì alla volta delle regioni himalayane scoprendo ben 25 nuove specie di rododendri che entrarono presto a far parte delle più prestigiose collezioni botaniche europee.
Wilhelm Vitus Snell, giardiniere di corte dei Sassonia Meiningen, che ha il compito di riorganizzare il vasto giardino secondo il gusto paesaggistico, non può non introdurre piante di tale novità e pregio. Il successo di acclimatazione di queste piante sulle rive del lago è tale che, su progetto dello stesso Duca di Sachsen Meiningen, la collezione si accresce via via andando a comporre il teatro di verzura ed il bosco di rododendri arborei. Le azalee sono note già dall’antichità per essere velenose, Gaio Plinio Secondo e con lui Senofonte, Aristotele, Strabone e Columella, riferiscono nei loro scritti di intossicazioni provocate addirittura da miele di specie di azalea.
Ultimo aggiornamento: 28 Dicembre 2017 [cm]