Il Sacro Monte della Beata Vergine di Ossuccio
Sia che si arrivi in auto lungo la Strada Regina, sia che si scenda da uno dei battelli che solcano il lago di Como, quando si giunge ad Ossuccio, località curiosamente nota anche come “zoca de l’oli”, situata di fronte all’Isola Comacina, è impossibile restare impassibili di fronte all’incantevole paesaggio e al suo fondersi armonioso con i monumenti locali.
Lo svettante campanile dell’Oratorio di S. Maria Maddalena accoglie dal lago i visitatori e accompagna i loro sguardi fino alla Via Sacra, da cui ha inizio il cammino del Sacro Monte della Beata Vergine che conduce al Santuario della Beata Vergine del Soccorso.
La via devozionale, lunga circa un chilometro, sorge su un pendio scosceso, che richiede circa mezz’ora per essere percorso a piedi, senza soffermarsi ad ammirare le cappelle. Se infatti si decidesse di sostare di fronte alle grate di ognuna delle quattordici stazioni del Rosario, osservando con cura l’interno di ciascuna, il tempo richiesto sarebbe molto di più. Le quattordici cappelle, dedicate ai Misteri Gaudiosi (Annunciazione, Visitazione, Presentazione al Tempio, Disputa di Gesù nel Tempio con i dottori della Chiesa), Dolorosi (Orazione nell’Orto, Flagellazione, Incoronazione di Spine, Salita al Calvario, Crocifissione) e Gloriosi (Resurrezione, Ascensione, Discesa dello Spirito Santo, Assunzione di Maria, Incoronazione di Maria), ospitano oltre duecento sculture in terracotta, perlopiù a grandezza naturale, e numerosi pregevoli affreschi.
Il Santuario, considerato a tutti gli effetti l’ultimo dei Misteri Gloriosi, conclude il cammino e si staglia di fronte al visitatore in tutta la sua aspra bellezza.
I lavori per la costruzione del Sacro Monte di Ossuccio si datano tradizionalmente al 1623, anno in cui risultavano già esistenti o in fase di allestimento gli analoghi complessi monumentali di Varallo, Orta, Varese, Ghiffa e Domodossola.
L’affollarsi di fabbricerie di Vie Sacre fra Piemonte e Lombardia, tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, manifesta la chiara volontà di ripercorrere i luoghi della passione di Cristo, in pieno clima di controriforma, ambientando le scene in luoghi sempre impervi ed isolati.
Nel caso specifico di Ossuccio, quando si decise di dar vita ad un Sacro Monte, già esisteva, almeno dalla prima metà del Cinquecento, il Santuario della Madonna del Soccorso.
Il santuario era stato edificato per venerare una statua in marmo della Vergine, ritenuta miracolosa, datata al XIV secolo, che ancora oggi si può ammirare all’interno dell’edificio.
Edificato a più riprese tra il Cinquecento e il Settecento, si presenta dall’esterno come un austero edificio, mentre all’interno è riccamente decorato: il ritmo compositivo dell’aula a navata unica, la cui volta è impreziosita da affreschi di Salvatore Pozzi e da vivaci stucchi barocchi, è scandita da quattro campate. Il pavimento bicromo in marmo bianco di Musso e nero di Varenna, risale al 1655, mentre la grande macchina d’altare in marmo racchiude un gruppo di statue lignee datate 1896. Il campanile venne ultimato nel 1719 su un progetto dell’architetto ticinese Giuseppe Battista Bianchi, che lo ideò venticinque anni prima.
A Frate Lorenzo Selenato, di cui esiste un ritratto del 1678 esposto nella Chiesa del Soccorso, si deve presumibilmente l’originaria idea della costruzione del Sacro Monte, realmente concretizzatasi con il suo successore, frate Timoteo Snider. Il volto di costui, la figura più carismatica per l’effettiva esecuzione di questo complesso monumentale, è raffigurato in un dipinto all’interno del Santuario con sguardo severo e con la planimetria di un edificio in mano, quasi certamente riferibile ad una della cappelle che costituiscono la Via Sacra.
L’8 settembre di ogni anno, in occasione della ricorrenza della Natività di Maria, qui celebra una festa molto partecipata.
Nel 2003 l’inserimento del Sacro Monte di Ossuccio, insieme ai complessi piemontesi di Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta, Varallo e a quello lombardo di Varese, nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO ha coronato un progetto di valorizzazione culturale avviato con l’Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale Magistri Comacini, sottoscritto da Provincia di Como, Regione Lombardia, Fondazione Cariplo e altri partner che operano sul territorio.
Il progetto ha consentito anche la realizzazione di uno studio sul piano di gestione del complesso architettonico e la definizione degli interventi prioritari per il pieno recupero.
Ultimo aggiornamento: 5 Giugno 2019 [cm]