CFP Bauer, dalla Società Umanitaria ad Afol Metropolitana

Il CFP Bauer – Afol Metropolitana dà continuità ai corsi di formazione professionale nell’ambito della fotografia avviati nel 1954 dalla Società Umanitaria nell’ambito della Scuola del Libro, sotto la Presidenza di Riccardo Bauer mediante finanziamento del Ministero del Lavoro. Dal 1980, in conseguenza alla LR. 382, tutti i corsi vengono gestiti da Regione Lombardia, dal 2002 dalla Provincia di Milano e dal 2008 da Afol Milano, ora Afol Metropolitana.

La nascita dei corsi

Nel 1954, all’apertura della nuova sede in via F. Daverio 7, tutti i corsi riprendono in orario serale, a favore dei lavoratori occupati che intendano ‘…emanciparsi da sé medesimi…’ (P. M. Loria)*avendo concluso la scuola elementare. I primi corsi di Fotografia triennali derivano dalla filiera prestampa/stampa tipografica della Scuola del Libro, cui si affianca la Sezione Fotografica con l’indirizzo per Fotoincisori – Fotografi. Nei nuovi corsi, su iniziativa di Michele Provinciali, alle materie tecniche (ripresa, sviluppo, stampa, ottica e chimica) si aggiunge l’insegnamento di Estetica. Con la Ricostruzione, che genera un profondo rinnovamento sociale e culturale, si ritiene che la fotografia possa entrare a pieno titolo tra le nuove professioni per dare visibilità alla produzione industriale, traino della ripresa economica, e all’informazione. Nel 1962 il Parlamento Italiano istituisce la Scuola media unica che innalza l’obbligo formativo a 14 anni e, conseguentemente, nel 1964 all’Umanitaria si avviano anche corsi diurni biennali post obbligo di fotografia cui, nel 1966, viene anteposto il corso propedeutico. Negli anni Settanta nasce la prima specializzazione serale: il corso Colore.

 

Il metodo

Fino oltre il secondo dopoguerra la fotografia in Italia non è considerata attività professionale a sé stante infatti, è praticata quasi esclusivamente da colti autodidatti, attivi nei circoli Fotografici. M. Provinciali rientra a Milano dopo un’esperienza alla New Bauhaus di Chicago diretta da L. Moholy Nagy, dove ha conosciuto Hugo Weber ed è stato allievo di Harry Callahan e Aaron Siskind. Le sue competenze contribuiscono significativamente al reindirizzo della didattica e avviano il cambiamento che porterà a nuovi percorsi formativi per la professione di fotografo intesa in senso moderno.

Dalla fine degli anni Cinquanta vengono messi a punto un programma e un metodo di insegnamento mai prima sperimentati, sintesi tra il modello delle Arts & Crafts, perseguito dalla Società Umanitaria in tutti i corsi già dai primi del Novecento, e l’esperienza didattica del Bauhaus. Grazie alla vitalità intellettuale di coordinatori e insegnanti e la stretta relazione con il mondo professionale ed editoriale, A. Arcari, G. Mazzocchi, P. Monti, A. Steiner, F. Celentano e M. Provinciali stesso, si opera alla definizione di un innovativo studio del linguaggio fotografico in relazione all’utilizzo della tecnica, che deve essere guidata da riflessioni teoriche, così da accompagnare gli allievi all’osservazione della realtà con sguardo consapevole. Si ritiene che le competenze tecniche debbano interagire con il linguaggio fotografico, la cultura visiva, la storia. Il dibattito sulla non separabilità delle culture scientifica e umanistica diventa vivace anche a partire dalla lecture di C. P. Snow ‘The two cultures’ nel 1959 a Cambridge, al punto che nel 1967 A. Arcari (responsabile del Settore Fotografia) in un suo contributo scrive ‘…l’esperienza tecnica, se condotta col metodo della ricerca, supera i suoi limiti per diventare esperienza estetica…’ ‘Antonio Arcari e l’Umanitaria’, F. Celentano – intervista (3). Si stabilisce che i corsi siano caratterizzati da un unico argomento, un filo conduttore declinato sia negli approfondimenti teorici sia nelle esercitazioni pratiche, per evitare scelte arbitrarie ed estetizzanti nella scelta dei soggetti. In sala di posa si privilegia l’utilizzo della fotocamera a banco ottico, strumento professionale per eccellenza, anche in virtù dell’approccio lento e meditato nella ripresa di materia, forme della natura e oggetti, per allargare successivamente lo sguardo all’uomo e al contesto in cui vive e agisce. Lo studio di inquadratura, punto di vista, particolare, tono, forma, funzione degli oggetti, ripetitività della posa al variare dell’illuminazione, scomposizione e ricomposizione del soggetto nel campo visivo, è intersecato alla progressiva conoscenza di strumenti e tecniche. La sempre maggiore padronanza del fare fotografico, educa gli allievi alla progettualità individuale, autentico scopo dei corsi di fotografia.

In parallelo alle pratiche di Laboratorio, gli insegnanti di Linguaggio fotografico e Cultura visiva indirizzano alla lettura delle immagini tramite ricerche iconografiche ed esercitazioni in esterno: le immagini devono avere precise caratteristiche di luce, composizione, struttura, punto di vista, ecc.

Così come G. Mazzocchi, dopo avere frequentato il corso serale tra il ‘58 e il ‘61, viene chiamato nel ‘62 all’insegnamento da A. Arcari, molti giovani ex allievi dalla fine degli anni Sessanta assumono il ruolo di insegnanti di laboratorio: I. Feroldi, M. Ghidoli, L. Soave, I. Taborri, W. Vicenzi, P. Viel e altri. Si tratta di una scelta meditata, volta alla trasmissione dell’esperienza. Negli stessi anni vengono inseriti anche giovani provenienti da percorsi per lo più universitari: P. Lazzarin, G. Calvenzi, M. Campana, A. Cattaneo, ecc. Dal ’54 e l’83 si qualificano circa 600 allievi.

Tra la seconda metà degli anni Ottanta e gli anni Novanta avviene una significativa riorganizzazione dell’intero Settore. Mentre le professioni della Fotografia si articolano ed è in atto una rilevante trasformazione tecnologica, diventa indispensabile un ripensamento dei requisiti di ingresso degli allievi. Si conclude l’esperienza dei corsi rivolti ad allievi provenienti dalla scuola secondaria di primo grado, anche per l’impossibilità di inserire minori in ambiti professionali; i corsi serali proseguono e nel 1984 vengono organizzati i corsi diurni biennali Post Diploma, rivolti a studenti in possesso di Maturità; negli anni successivi si aggiungono gli stages curriculari che, ad oggi, rappresentano parte integrante dell’attività formativa. Sempre nel 1984 R. Valtorta è chiamata a sostituire A. Arcari nell’insegnamento di Linguaggio Fotografico. Dalla metà degli anni Novanta, alle nuove attrezzature sia di laboratorio sia informatiche e ai consueti insegnamenti di Storia e Linguaggio fotografico, Cultura visiva e Tecnologia, si affiancano discipline quali Storia dell’arte contemporanea, Storia del cinema, Linguaggio dell’immagine digitale – ora Teoria dell’immagine – Photoshop, Post produzione e prestampa, Stampa digitale. Il continuo rinnovamento dei percorsi formativi richiama molti studenti in possesso di Laurea di primo livello provenienti dall’intero Paese, che considerano la formazione biennale Post Diploma del CFP Bauer al pari di un corso di Laurea specialistica, in assenza di un preciso indirizzo in ambito universitario. Inoltre, ad approfondimento del biennio vengono avviati i corsi Specialistici di Catalogazione e Archiviazione della Fotografia, Fotografia dei Beni Culturali, Ritratto, Photo Editing, Photo Storytelling, Stop Motion, Video Mapping, rivolti anche a chi abbia concluso percorsi differenti in ambito universitario. Si attivano il corso diurno Pre foundation photography per allievi provenienti dalla scuola media superiore non ancora ben orientati nel mondo delle professioni e corsi per l’apprendimento di software dedicati a fotografia e video.

Dagli anni Duemila a G. Brenna, F. Boni, G. Agostini, L. Mercoli ecc. si affiancano giovani insegnanti: M. Davolio, A. Dedè, P. De Tilla, P. Ferreri, S. Giusti, A. Gottardo, T. Mangano, E. Manuzzi, M. Mazzucchi, A. Moneta, S. Paleari, T. Perfetti, C. Pichierri, G. Soave, tutti provenienti dai corsi del Bauer. In anni recenti senza abbandonare la fotografia analogica, vengono introdotte competenze multimediali nella didattica dei corsi; si tratta di un contributo indispensabile alla conoscenza dei linguaggi visivi contemporanei, che si avvale di nuovi insegnanti: è in corso un nuovo cambio generazionale, in attesa di misurarsi con la sfida dell’I.A.

Dal 1984 al 2023 si qualificano oltre 3200 allievi.

 

L’archivio della didattica

I materiali realizzati dagli studenti sia in sala di posa sia in esterno sono stati conservati a partire dalla fine degli anni Cinquanta; si tratta della memoria di quasi settant’anni di esperienza condivisa da più generazioni di insegnanti e allievi, probabilmente un caso unico nel panorama degli archivi non solo italiani; testimonianza di una didattica esemplare e strumento per ricostruire le trasformazioni culturali e professionali dal secondo dopoguerra ad oggi. L’archivio analogico consiste di circa 47.500 fototipi di cui 29.000 stampe e provini a contatto B/N e Colore, 420 negativi su vetro, 17.000 su pellicola B/N e colore, 500 diapositive di differenti formati, 100 pellicole fotomeccaniche; dagli anni Novanta, cioè da quando l’archivio è conservato su hard disk, sono presenti stampe digitali. Molti sono i materiali collaterali: esercitazioni di Cultura Visiva e Linguaggio fotografico, ricerche iconografiche, mostre allestite al termine del percorso formativo, pubblicazioni relative all’attività dei corsi, alle attività professionali e autoriali di ex allievi e alle attività collaterali del CFP Bauer: Convegni, Premio Europeo Riccardo Pezza (1995-2004).

Le esercitazioni in sala di posa di seguito descritte, raccontano la metodologia definita a partire dagli anni Cinquanta e formalizzata da A. Arcari e G. Mazzocchi nel volume La fotografia, le forme gli oggetti l’uomo – il Castello ed. 1980. Tali esercitazioni sono state eseguite in modo sistematico fino agli anni Novanta. Da allora, con la compressione di alcuni insegnamenti a favore di nuovi saperi, l’esperienza in laboratorio ne costituisce una sintesi. Se nel secondo dopoguerra la didattica dei corsi è formulata per inserire giovani in studi e agenzie, dagli anni Novanta gli allievi vengono anche avviati all’osservazione del territorio con consistenti progetti fotografici coordinati da studiosi e maestri della fotografia. Più di recente, anche in virtù del riconoscimento nel 1999 della Fotografia come Bene Culturale e la conseguente espansione del collezionismo, gli allievi realizzano Ricerche personali in costante confronto con insegnanti e autori.

Ultimo aggiornamento: 6 Settembre 2024 [Anna Grazia Pompa]