Passo dello Stelvio
da Bormio (So) Giro d’Italia
Posto a 2758 metri sul livello del mare, entro il territorio del Parco nazionale dello Stelvio, il Passo collega la provincia di Sondrio con quella di Bolzano, in Trentino Alto Adige, ed è accessibile attraverso i 21,4 km della Strada Statale 38 che da Bormio, in Valtellina, portano alla sua sommità, per poi scendere lungo il versante altoatesino passando per Trafoi e Prato allo Stelvio, in Val Venosta. Caratterizzato dall’ambiente e dai paesaggi tipici dell’alta montagna, il passo è oggi un luogo turistico rinomato, dotato di strutture ricettive e servizi, che deve la propria fortuna, soprattutto, alla pratica dello sci estivo sul ghiacciaio del Livrio, attività sviluppata a partire dagli anni Cinquanta del Novecento.
Ciò che rende peculiare lo Stelvio, oltre ai caratteri naturalistici e ambientali, è l’interazione virtuosa tra la dimensione del paesaggio e quella infrastrutturale: la strada a tornanti che sale verso il Passo (36 tornanti dal versante lombardo, 48 da quello altoatesino) può essere annoverata tra le grandi opere dell’ingegneria ottocentesca e costituisce uno degli elementi essenziali dell’iconografia dello Stelvio. Progettata e realizzata, tra il 1822 e il 1825, dall’ingegnere di origine bresciane Carlo Donegani, già progettista della strada dello Spluga e del collegamento viario tra Lecco, Colico e Chiavenna, la strada dello Stelvio costituiva una delle principali vie di transito lungo la direttrice che univa Vienna a Milano, in quell’epoca parte dell’impero austro-ungarico governato da Francesco I d’Austria.
Pensata per consentire il transito di trasporti considerevoli (di natura militare, postale, ecc.) la strada è caratterizzata da tornanti regolari e da pendenze relativamente costanti. Dati la natura impervia dei luoghi e il ricorrente pericolo di frane, la strada presenta diverse gallerie scavate nel crinale della montagna e, in origine, era anche dotata di gallerie artificiali in legno realizzate per mettere al riparo i viaggiatori nei punti in cui maggiore era il rischio di valanghe. Le caratteristiche tecniche della strada, la sua sostanziale regolarità dal punto di vista delle pendenze, istituiscono anche, ante litteram, condizioni potenzialmente ideali per la pratica del ciclismo in salita. Tale opportunità viene colta per la prima volta nel 1953 da Vincenzo Torriani, ‘patron’ e organizzatore del Giro d’Italia, che inserisce la salita al Passo dello Stelvio, dal versante altoatesino, nel percorso della ventesima e penultima tappa prevista per il primo di giugno: da Bolzano a Bormio.
Lungo i tornanti della salita, Fausto Coppi, il “campionissimo” del ciclismo italiano ormai trentaquattrenne, stacca lo svizzero Hugo Koblet che detiene la ‘maglia rosa’ e appare avviato alla vittoria finale della grande corsa a tappe. Coppi attacca a 9 km dalla vetta, transita per primo sul Passo e plana in discesa verso Bormio, assicurandosi la vittoria di tappa e, soprattutto, la vittoria finale della trentaseiesima edizione del Giro d’Italia. Terzo, al traguardo di Bormio, arriverà il grande Gino Bartali, ormai avviato al tramonto agonistico. La fuga solitaria di Coppi lungo i tornanti innevati dello Stelvio costituisce ancora oggi un simbolo della storia del ciclismo italiano e mondiale. Il giorno successivo Orio Vergani, storico cronista sportivo, sulle colonne del Corriere della Sera descriverà Coppi sullo Stelvio come «un fragile uomo, solo, che lotta contro il magico temibile gigante della natura»; le fotografie dell’epoca, che ritraggono l’impresa, rappresentano un ‘classico’ dell’iconografia epica dello sport del pedale.
Il Giro torna sullo Stelvio nel 1956, dal versante valtellinese, per la tappa Sondrio-Merano del 7 giugno; la conquista della vetta è premiata da un trofeo ad hoc destinato agli ‘scalatori’: tutti attendono i campioni Gaul e Bahamontes, ma sarà il trentenne spezzino Aurelio Del Rio a transitare per primo sul Passo.
Il 1961 è l’anno di Arnaldo Pambianco, che vince il Giro d’Italia senza conquistare nemmeno una tappa; per farlo, deve difendere la propria maglia rosa dall’assalto di grandi campioni come Jacques Anquetil, Charly Gaul e Rik Van Looy. Ci riesce anche grazie al secondo posto nella penultima tappa del 10 giugno, da Trento a Bormio, che prevede la scalata, tra muraglioni di neve, del versante altoatesino dello Stelvio.
Il Giro del 1965 contempla l’ascesa al Passo dal versante valtellinese, in occasione della ventesima tappa, disputata il 4 giugno, con partenza da Madesimo e arrivo proprio in cima allo Stelvio. Una furibonda nevicata sorprende gli organizzatori e il gruppo dei corridori, che riesce ad avanzare tra mille difficoltà, ma si arresta definitivamente a causa di una slavina caduta a trecento metri dalla vetta. I ciclisti arriveranno al traguardo a piedi, in mezzo alla neve; la giuria attribuirà la vittoria a Graziano Battistini, in testa all’ultimo rilevamento cronometrico ufficiale. Arnaldo Pambianco, al termine della tappa, dichiara ai giornalisti: «a saperlo prima che c’era tanta neve, avremmo corso con gli sci anziché con le biciclette…e Adorni, che è un bravo sciatore, sarebbe arrivato primo». Adorni vincerà comunque quel Giro d’Italia.
Proprio nel 1965, in memoria di Fausto Coppi e delle sue gesta sportive, viene introdotto il titolo di “Cima Coppi” destinato a identificare la vetta di maggior altitudine raggiunta dai corridori in ogni edizione del Giro d’Italia. Lo Stelvio inaugura questo peculiare titolo e tuttora lo reifica per antonomasia: è il luogo più alto che mai sia stato toccato dalla ‘corsa rosa’.
Nel 1972 lo Stelvio è ancora sede di arrivo di tappa, la diciassettesima, con partenza da Livigno, disputata l’otto giugno: vincerà lo spagnolo José Manuel Fuente dopo un duello appassionante con il connazionale Francisco Galdós Guana. Quest’ultimo, tre anni dopo, contenderà fino all’ultimo la vittoria del Giro d’Italia a Fausto Bertoglio, corridore bresciano capace di cogliere l’occasione della vita in un’edizione della ‘corsa rosa’ priva di alcuni potenziali favoriti. È l’apoteosi dello Stelvio che, il 7 giugno, ospita l’arrivo dell’ultima tappa (con partenza da Alleghe) di un Giro che non prevede ‘passerelle’ conclusive, ma un rush finale in salita. Galdós vince la tappa, ma Bertoglio conserva e conquista definitivamente l’ambita maglia rosa.
Ad oggi, il Giro d’Italia è transitato sullo Stelvio altre cinque volte: nel 1980, 1994, 2005, 2012 e 2014. In altre tre occasioni (1984, 1988, 2013) il maltempo e la neve hanno impedito l’ascesa al Passo, costringendo gli organizzatori a modificare il percorso della tappa o ad annullarla del tutto.
Il profondo legame tra lo Stelvio e la storia del grande ciclismo, nel corso del tempo, hanno trasformato il Passo in una sorta di ‘santuario laico’ dello sport del pedale, cui si accede attraverso l’esperienza ritmica e quasi ipnotica dei tornanti regolari che si dispiegano lungo la salita da Bormio (sul versante lombardo) e lungo i 24 km di ascesa da Prato allo Stelvio (sul versante altoatesino).
Ultimo aggiornamento: 14 Novembre 2016 [cm]