I Recchi in Valchiavenna
La chiesa della Santissima Trinità di Novate Mezzola, il Museo del Tesoro di Chiavenna e la chiesa dell’Assunta di Prosto di Piuro conservano dipinti dei Recchi, pittori comaschi attivi tra il 1625 e il 1686.
Giovan Battista Recchi († 1645) aveva già operato in luoghi significativi della Valtellina: ad Albosaggia (1633), a San Vittore di Caiolo (1634-1635), nel Santuario di Tirano (1634-1637) e, con il fratello Giovan Paolo († 1686), nella distrutta cappella del Rosario (1637-1638) nella collegiata di Sondrio.
In Valchiavenna i due fratelli Recchi dipingono tra il 1638 e il 1643, quando sono contemporaneamente impegnati nella ricostruzione della loro chiesa parrocchiale di San Giorgio in Como, dove Giovan Battista è architetto-ingegnere.
Nelle opere valchiavennasche emerge solo la competenza pittorica di entrambi, anche se l’interesse per l’architettura si rivela nei dettagli delle otto telette allegoriche dedicate alla Vergine nella chiesa dell’Assunta a Prosto di Piuro, ricche di spunti teologici (1641).
Medaglioni a fresco dei Recchi con temi mariani fra stucchi policromi ornano la volta del presbiterio, con inconfondibili richiami stilistici ad altre opere (San Giorgio in Como, Castello di Vertemate, Santuario di Limonta).
A Novate Mezzola si apre e si chiude l’avventura dei Recchi in Valchiavenna con due tele. La Crocifissione fra i santi Stefano e Sebastiano, dono di Angelica Costa vedova di Gian Giacomo Giani, fu inserita nella pala dell’altare laterale sinistro della chiesa parrocchiale della Santissima Trinità solo nel 1688. È un dipinto di forte intonazione patetica, dal fondo buio emerge il Cristo con lo sguardo rivolto all’insù, appeso alla croce e drammaticamente vicino ai due estatici santi posti simmetricamente. Santo Stefano porta la mano sinistra fin dietro la croce, costruendo la profondità del dipinto, confermata in primo piano dalla gamba piegata nella genuflessione del Sebastiano che sopravanza il legno. Essenziale è la cromia, impostata sul potente avanzare dei bianchi perizomi del Cristo e del San Sebastiano e sul rosso sapientemente modellato della dalmatica di Santo Stefano.
Nella stessa chiesa la pala dell’altare maggiore, raffigurante la Trinità e santi (1643), è di composizione meno limpida e di cromia più varia, ma meno incisiva. Pagata 65 ducati dalla famiglia Giani, la pala è strutturata su due livelli: in basso un gruppo di quattro figure simmetriche di santi rivolte devotamente al soprastante gruppo della Trinità, esemplato sul modello offerto alla chiesa della Trinità di Como (oggi al Centro cardinal Ferrari) da Morazzone. Fra i due gruppi, come mediatori fra terra e cielo, angioletti in volo si fanno strada dall’oscurità delle nuvole.
Il medesimo schema controriformistico si ritrova nelle due tele del Museo del Tesoro di Chiavenna: la Madonna con Gesù Bambino e i santi Biagio, Apollonia, Agata (già nel Battistero) e l’Incoronazione di Maria e santi Rocco, Sebastiano, Carlo Borromeo, Antonio Abate con i ritratti dei donatori (1638 – 1640).
Ultimo aggiornamento: 16 Settembre 2019 [cm]