Le oreficerie di Gordona
Tra XVI e XVIII secolo l’emigrazione dalla Valchiavenna toccò Napoli, Palermo, Roma e Venezia. Gli emigranti si riunivano in confraternite, le “scolae”, che inviavano in patria opere d’arte per l’abbellimento delle chiese. Fra questi doni rivestono singolare interesse le oreficerie sacre procurate dagli emigrati di Gordona.
Una società dei Gordonesi a Napoli fu fondata nel 1540 ed è nel XVI secolo che gli emigrati donarono una croce astile in argento parzialmente dorato, uscita da una bottega di alto livello qualitativo, che reca l’iscrizione “QUESTA CROCE LA FATTA LA COMPAGNIA DI NAPOLI”. Fra i santi che vi sono raffigurati, si annovera San Biagio, uno dei patroni della città partenopea.
Nel periodo 1668-1674 Gordona aveva 64 emigrati a Napoli, 11 a Roma e 9 a Palermo. Svariate sono soprattutto le oreficerie seicentesche palermitane ancor oggi possedute, come un reliquiario in argento di Santa Rosalia del 1629-1630, il cui ricettacolo cesellato con una ricca decorazione floreale rimanda al gusto naturalistico del tempo. Risalgono invece al 1639 un secchiello lustrale con vasca modellata a sbalzo e decorata geometricamente a cesello e una corona per simulacro mariano, forse opera di Gaspare di Rinaldo, ornata da cinque castoni dorati contenenti gemme a carré.
Al periodo 1615-1670 si può ascrivere un ostensorio palermitano d’argento con due bracci a cornucopia che si dipartono dal fusto e sostengono due angeli adoranti, volti in direzione della teca eucaristica.
L’emigrazione da Gordona a Palermo diminuì nel XVIII secolo, mentre quella verso Napoli si mantenne consistente.
Essendo il Settecento un secolo di abbondante produzione argentiera in terra napoletana, l’oreficeria sacra gordonese è ricca di manufatti partenopei dell’epoca. Si riscontrano due pezzi particolarmente raffinati.
Il primo è un reliquiario dei Santi Martino e Gennaro, risalente al 1736 ed attribuibile al celebre argentiere Francesco Avellino: un’elegante base ellittica sostiene una statuina equestre di San Martino su cui si incastra un vistoso ricettacolo asportabile, sormontato da San Gennaro benedicente.
Il secondo pezzo è un ostensorio raggiato del 1760 con teca abbellita da gemme colorate e sostenuta da una statuina dell’Immacolata (patrona di Napoli e del Regno dal 1744), a sua volta poggiante su una graziosa base ornata dalle figure di Santa Caterina e San Bernardo.
Si evidenzia per delicatezza di disegno anche una coperta per messale in velluto e argento, donata nel 1757, raffigurante sul recto le nozze mistiche di Santa Caterina e sul verso San Martino, marchiata con le iniziali GM, forse dell’argentiere napoletano Gaetano Manzone. Proviene da Palermo un’elegante pisside del 1704, finemente cesellata con motivi floreali e fogliacei. Venne donata invece dai “benefattori romani” nel 1739 una bella cartagloria, decorata a volute e ghirlande, che reca il marchio del 1738 dello Stato Pontificio.
Ultimo aggiornamento: 30 Settembre 2019 [cm]