V Cappella – Disputa di Gesù con i dottori del tempio
Dalla piazzetta di Garzola parte un tratto ampio di viale in acciottolato affiancato da platani che raggiunge in breve la quinta cappella, finanziata da Giovanni Mainoni di Volesio, che presenta un impianto planimetrico più elaborato rispetto alle altre piccole architetture che lo precedono.
L’edificio ha un impianto a base ottagonale con abside poligonale ed è preceduto da uno stretto protiro rettangolare con arcate su tre lati sorretto da colonne in serizzo con basamento.
Il prospetto principale è scandito da due lesene in serizzo e presenta al centro una finestra a serliana dalla quale si può osservare la scena della Disputa di Gesù con i Dottori nel Tempio, rappresentata all’interno della cappella. Sotto la finestra vi è una piccola porticina quadrangolare che costituisce l’unico ingresso.
I riferimenti per la data della fine dei lavori sono ricavati da alcune incisioni sulle statue in terracotta e che riportano la data 1688 sebbene la costruzione fu avviata probabilmente nel 1683, dopo che gli amministratori della fabbriceria avevano acquistato il terreno nel 1674.
La disputa di Gesù con i dottori del tempio
All’interno della cappella Agostino Silva e la sua bottega elaborarono un complesso impianto decorativo basato sulla realizzazione di ventitré statue – realizzate di un terzo maggiori rispetto alle dimensioni reali – che compongono la Disputa di Gesù con i Dottori del Tempio.
Scenograficamente ben costruita la cappella presenta la raffigurazione di Gesù dodicenne che in piedi, con la mano destra alzata verso il cielo e la sinistra quasi appoggiata ad un trono, si erge e insegna le sacre scritture ai sacerdoti del tempio. Anche questa scena è ricca di elementi simbolici che, anche per l’alto numeroso dei persone modellate, favorisce la costruzione di rapporti tra i personaggi. Su un piano rialzato si erge dunque Gesù affiancato da due dottori, il primo dei quali è intento a leggere un volume, mentre il secondo sembra indagarlo perplesso.
Alle parole di Gesù che benedicente si propone come rivelatore di una nuova storia che da compimento alle sacre scritture e come inviato dal Padre che sta nei cieli, sembra rispondere il primo sacerdote di destra, che alzatosi in piedi indica con un dito precisi versetti biblici con un atteggiamento misto di curiosità e sfida dialettica. Le sculture presenti in questa cappella, dunque, sono tutte caratterizzate da un’intensa introspezione psicologica, che si traduce in svariate espressioni: meraviglia, stupore, titubanza, scetticismo, perplessità. Oltre ai dottori l’episodio mostra la presenza di Maria e di Giuseppe, sulla destra, entrambi con l’aureola, che seguono quanto accade distaccati dagli altri personaggi.
Le figure mostrano un’incredibile varietà di copricapi e vestiti, mentre gli eleganti sedili sono ricchi di particolari, come maschere animali di gusto manierista, sul quale l’osservatore non si sofferma adeguatamente.
Particolarmente interessanti alcuni dettagli del sontuoso abbigliamento dei dottori, ad esempio le gorgiere, la presenza di oggetti come occhiali e lenti per la lettura.
Secondo una tradizione radicata il giovane fanciullo con due cani collocato in primo piano sarebbe la rappresentazione di un contadino soprannominato Ghignarello.
Le pareti affrescate rappresentano la complessa architettura del tempio con vivaci quadrature prospettiche intercalate a personaggi che dialogano con quelli in terracotta e una finta volta, con finestre mistilinee e medaglioni figurativi, con quattro figure di profeti nei pennacchi e quattro re biblici negli ovali. Nel catino absidale è raffigurato il Padre Eterno. Di questa decorazione non è noto l’autore.
I maestri modellatori in questa cappella mostrano tutta la loro bravura esecutiva, attestata sia dalla qualità figurativa, sia dalla capacità di inserire una grande quantità di varianti sul medesimo tema.
Le statue in terracotta sono state modellate da Agostino Silva e dalla sua bottega entro il 1688. Tale data, quasi a segnalare un’attenzione ‘morbosa’ per la datazione dell’opera, compare tre volte all’interno della cappella e, precisamente: sul fianco sinistro dello scranno dove è seduto il dottore del Tempio che sta consultando un libro aperto; sul volume sorretto con la mano sinistra dal dottore del tempio caratterizzato dalla lente attraverso la quale osserva Gesù; sulla fiancata destra dello scranno su cui si trova il dotto con copricapo, gorgiera e alamari dorati.
La datazione suggerisce che in questo cantiere Agostino Silva lavorò con il figlio Francesco, la cui presenza è documentata anche in altre cappelle di Ossuccio. Le accentuazioni connesse alla presenza nella scena di elementi largamente diffusi presso i ceti sociali meno abbienti della Lombardia seicentesca e alcuni elementi desunti dalla moda del tempo, sottolineano ancora una volta l’adesione delle cappelle di Ossuccio ai dettami della cultura religioso-popolare del periodo.
Il linguaggio artistico e le scelte stilistiche impiegate, infatti, non sono solo imprescindibilmente legate alle ragioni stesse che hanno condotto alla realizzazione dei Sacri Monti, ma indica la piena assunzione e rielaborazione della lezione borromaica, legata alla riforma della Chiesa cattolica iniziata in ambito lombardo da San Carlo Borromeo e ripresa dal cugino Federico.
Dopo un periodo di abbandono anche questa cappella è stata oggetto di un intervento di restauro complessivo tra il 1998 e il 1999.
Ultimo aggiornamento: 28 Giugno 2017 [cm]