VIII Cappella – Incoronazione di spine
La struttura architettonica dell’ottava cappella, dalle semplice e contenute forme, appare al visitatore che percorre il viale di salita verso il Santuario sul lato destro. Di forma ottagonale è preceduta da un pronao, all’interno del quale si sviluppa una gradinata. Il prospetto principale è scandito da due lesene e presenta al centro una finestra con cornice e timpano in pietra L’edificio misura circa sei metri per sei. Secondo le fonti storiche la cappella fu commissionata, come la settima, dalla famiglia Gilardoni di Volesio nel 1666: tale data fu inserita anche all’interno dell’edificio dove si unisce alla firma di Agostino Silva autore del modellato delle statue in terracotta. Sono inoltre conservate le ricevute di pagamento dello stesso Silva in data 8 luglio 1667 per la realizzazione delle statue e del pittore Carlo Gaffuri nel settembre del 1667 per gli affreschi sulle pareti.
L’incoronazione di spine
Le sei statue che raffigurano l’Incoronazione di spine, il terzo mistero doloroso del Rosario, sono opera del ticinese Agostino Silva, datate 1666. Gesù, coperto da un manto color porpora che gli scopre la spalla destra, ha le mani legate e la corona di spine sul capo. È attorniato da un soldato e da un aguzzino che gli premono la corona sul capo con le mani coperte da guanti. Inginocchiato di fronte a Gesù un altro sgherro dal gozzo pronunciato – a sottolineare in senso negativo il suo ruolo nell’episodio – e dalla camicia strappata, si leva il cappello e mostra la lingua in segno di scherno. Più discosti dalla scena centrale si possono osservare altri due personaggi. Si tratta di due soldati, uno con elmo e corazza dorate, che distoglie lo sguardo dalla tortura, e l’altro, con alabarda e elegante armatura che si appoggia ad un raffinato scudo.
Particolarmente ricchi di spunti interessanti gli affreschi sulle pareti con varie scene eseguiti da Carlo Gaffuri. In una si scorge a terra la figura di Pietro riconosciuto dalla folla come apostolo di Gesù. Assiste alla scena anche un uomo abbigliato con abiti seicenteschi e un elegante cappello piumato. Nell’arcata seguente è raffigurata la scena dell’Ecce Homo con la folla che assiste al giudizio e porta le tre croci. Infine in un’arcata è raffigurata un finto tendaggio dietro al quale appare un giovanetto con un cane.
Sulla volta è dipinta una quadratura con valve di conchiglia e con oculo centrale aperto sul cielo azzurro attraversato da candide nuvole.
Rispetto alle altre cappelle, il complesso delle sei statue modellate per questo piccolo edificio, risente maggiormente degli influssi della Riforma Cattolica post-tridentina e risponde con più vigore al desiderio dei committenti di accentuare il pathos di commozione connesso alla scena evangelica e alla passione. Non è dunque un caso che l’artista ticinese abbia raffigurato in maniera differente i due torturatori posti ai fianchi del condannato. Il primo è vestito come un contadino del luogo, mentre il secondo come un soldato lanzichenecco. Così come in altri complessi statuari del Sacro Monte, anche in questa cappella si avverte il disinteresse dell’artista a ricercare una veridicità storica a vantaggio di una maggiore e semplificata comunicazione popolare. Qui non solo si assiste alla rinnovata reiterazione del dualismo bellezza-bene e bruttezza-male, che riapparve con veemenza dopo le manifestazioni della cultura pestante diffusasi nella Lombardia borromaica dei primi decenni del Seicento, ma Agostino Silva insiste su una comunicazione scenografica molto caricata, quasi prossima al grottesco, che trova in parte collegamenti con la cultura del teatro popolare sacro e profano. All’interno della cappella fu chiamato ad operare anche Carlo Gaffuri, che dipinse le sue opere concludendole nel 1667. Numerosi documenti datati 1667, infatti, attestano il suo sodalizio sodalizio con Timoteo Snider – considerato tra i maggiori fautori della costruzione del Sacro Monte del quale fu anche custode – e i conseguenti regolari pagamenti.
Ultimo aggiornamento: 28 Giugno 2017 [cm]