Giosuè Bianchi, Ritratto di Giuseppina Oltolina Sala di Monza
Giuseppina Oltolina Sala di Monza, scomparsa nel 1838 all’età di 86 anni, vedova di Filippo Sala, nominò ‘erede universale il Luogo Pio Convento ed Ospitale di S. Bernardo in Monza, cioè li Pii Istituti Ospitalieri ed Elemosinieri’, aboliti e associati tra loro mediante il decreto imperiale firmato da Maria Teresa d’Austria nel 1769.
Con testamento rogato il 31 ottobre 1834 dal notaio Luigi Sirtori di Monza la benefattrice istituiva ‘in perpetuo due piazze da cronico nel locale Civico Ospedale, una maschile e l’altra femminile, e altre due piazze nella locale Pia Casa di Ricovero, da assegnarsi dalla Congregazione di Carità a poveri di Monza, con preferenza a quelli di cognome Oltolina e Sala’, destinando le rimanenze ai poveri, in particolare ai cronici e alle famiglie numerose orfane di padre.
L’effige presente nella Quadreria dei Benefattori dell’Ospedale è la versione ridotta al busto del ritratto gratulatorio a figura intera che oggi si conserva presso l’Opera Pia Bellani di Monza; da un documento datato 22 marzo 1839 sappiamo che il ritratto ‘in figura naturale’ della defunta fu realizzato dal pittore Giosuè Bianchi.
La presenza di due ritratti della benefattrice è riconducibile alla natura delle sue disposizioni testamentarie, volte a beneficiare tanto la Pia Casa di Ricovero quanto l’Ospedale.
In entrambi gli enti vi era l’usanza di far eseguire un ritratto gratulatorio in memoria dei benefattori, secondo misure prestabilite: presso l’Ospedale era in uso il ritratto a mezza figura (90 x 70) o a figura intera (210 x 120), mentre presso le Pie Case di Ricovero e Industria veniva adottata l’effigie a mezzo busto (60 x 45).
Se l’effigie a figura intera venne commissionata dall’Ospedale, questo ritratto a mezzo busto fu quello destinato alla Pia Casa di Ricovero e le dimensioni del dipinto lo confermano.
L’effigiata è colta di tre quarti col busto leggermente reclinato verso destra. Il pittore indugia sugli elementi del costume descrivendo la cuffia di pizzo bianco intrecciato con nastri di seta rosa, che la donna lega sotto il mento con un triplice filo di perle. Anche l’abito, sebbene austero, mostra una certa ricercatezza nei ricami arabescati delle maniche.
La pittura, nonostante l’evidente impoverimento dovuto a un vecchio restauro, conserva una certa freschezza. La naturalezza della posa, con l’alone di luce che contorna la figura, contribuisce a restituire l’intima atmosfera cara al pittore monzese, anche in un ritratto di piccolo formato come questo, privo di ambientazione.
Ultimo aggiornamento: 19 Novembre 2015 [cm]