Il sistema delle ville di Lesmo e le Ville Rapazzini, Curti Mattioli, Maggi Belvedere
Alla fine dell’Ottocento la cittadina di Lesmo fu attraversata dalla prima linea ferroviaria, Seregno-Ponte San Pietro e nel 1886 terminarono i lavori per la realizzazione del ponte a travatura metallica di Gerno. Di poco successiva fu la linea ferroviaria Monza-Molteno, tracciata nella valle del Lambro vicino all’abitato di Peregallo e Lesmo fu servita dalla seconda stazione di Biassono – Lesmo Parco.
La nuova infrastruttura incrementò traffici e comunicazioni tra Milano, Monza e l’altipiano brianteo. Ne seguì anche una rinnovata stagione delle dimore di campagna, con interventi di abbellimento ed ampliamento o di nuova costruzione. Nelle “Notizie di Vimercate e della sua pieve” del 1853 lo scrittore Dozio ricorda che il territorio di “Lesmo, Peregallo e Gerno si raccomanda per mite sorriso del cielo, per amenità di sito e di allegre prospettive e per prospera vegetazione: tranquilli ed allegri casali“.
La stazione di Biassono – Lesmo Parco può costituire il punto di partenza di un apposito itinerario di visita alla località Peregallo, nel quale riscoprire ed ammirare alcuni significativi esempi di ville di delizia e di architetture connesse con il vivere in villa. Dalla stazione in breve tempo si giunge all’abitato percorrendo per alcune centinaia di metri la via Risorgimento. Superato il Lambro nel punto in cui un tempo sorgeva un’antica locanda, ora trasformata in ristorante, si affianca la dismessa fabbrica dell’ex Cotonificio Stucchi Fumagalli e si affronta la breve salita che delimita le proprietà di due ville: Villa Curti Mattioli, della quale si coglie l’ampia cornice a verde del parco;
Villa Rapazzini (altre volte Villa Simonetta Rapazzini), dalla quale emerge il complesso edificato con la corte rustica adiacente. Quest’ultima è storicamente connessa alla famiglia Simonetta, che a Lesmo risiede dai primi anni del XVIII secolo. A quel tempo forse si può far risalire un casino di caccia dal quale prese forma la dimora padronale, poi assestata definitivamente nella prima metà dell’Ottocento.
Era il XVIII secolo quando in queste terre s’insediò un convento francescano ‘occupando’ un edificio all’interno del parco dove, nel 1890, fu edificata la dimora della famiglia Curti, dalla quale prese forma Villa Rapazzini (via Giuseppe Mazzini, 14), descritta dall’architetto Antonio Citterio come una “palazzina settecentesca sostanzialmente rielaborata all’inizio dell’800 in semplici forme”. Del complesso emerge la dimora padronale, con pianta a sviluppo rettangolare lungo l’asse est-ovest, in netta divergenza dal rettifilo della strada che scende al fiume e discosta da questa a creare un vasto cortile di servizio, chiuso al fondo dalle arcate del fabbricato rustico contiguo. Architettura e dimensioni sono di rilievo ma senza enfasi nella regola compositiva delle facciate, elevate su due piani e scandite da aperture regolari, con una cornice marcapiano e fasce angolari.
Emerge dalla muratura di recinzione, lungo la via Mazzini, un edificio a pianta circolare di piccole dimensioni, già identificato negli anni trenta del Novecento come Caffè House (altre volte Casina del Caffè), dove i proprietari intrattenevano gli ospiti in piacevoli momenti. L’originaria struttura fu trasformata in cappella privata per volontà di Maria Montagnini in ottemperanza di un voto. Arredata di sacre e preziose suppellettili, la chiesina fu successivamente sconsacrata perdendo la sua connotazione religiosa. A testimoniare il passato permane la muratura stinta e le finestre con cornici ogivali, dalla quale emerge un medaglione in laterizio effigiato a bassorilievo.
Le cortine edilizie delle pertinenze rurali si estendono ad occidente, a documentare la vocazione specifica della villa, da sempre intesa anche come supporto alla conduzione del fondo agricolo.
Oltre il muro di cinta è il vasto parco esteso sino al Lambro e confinante con il contiguo parco della Villa Reale di Monza, con il quale ha in comune alberi secolari, fauna selvatica e un impianto paesaggistico a radure e macchie boschive, forse derivato dalla progettazione di Emilio Alemagna. Non mancano nemmeno alcune grotte che aggiungono valore naturalistico e pittoresco all’ameno luogo.
Villa Curti Mattioli
Contrapposta a Villa Rapazzini è Villa Curti Mattioli (via Rapazzini, 2), notevole complesso architettonico annunciato dalle alberate al limitare del percorso di risalita di via Risorgimento e dall’ingresso principale alla proprietà collocato in corrispondenza dell’inizio di via Mazzini e via Rapazzini. Qui lo spazio è ordinato dagli elementi del vasto parco del Restaurant Villa Mattioli, annunciato dall’insegna posta a lato di un elaborato cancello di ferro battuto. Il percorso interno al parco si svolge tra macchie alberate e vaste radure tenute a prato, con un complessivo grande effetto paesaggistico che racconta del significato storico e artistico della villa, posta in posizione pressoché centrale alla vasta tenuta.
Aggirando un boschetto, il percorso avvicina alla villa, il cui scorcio si coglie compiuti pochi passi, tra le fronde di alberi a foglia caduca e conifere sempreverdi. Da qui si scorge parzialmente la facciata sud-occidnetale, con saletta aperta al parco e terrazzo con ringhiera in ferro battuto.
Il complesso è costituito dalla dimora padronale e da fabbricati pertinenziali di servizio giustapposti all’intorno. Eclettico con richiami neobarocchetti, l’edificio si presenta con l’articolazione volumetrica di addizioni e rientranze, porticati, loggiati, terrazzi e scalee, riunite da elementi compositivi in stile.
Tutto concorre a definire la prestigiosa immagine della storica dimora, anche gli edifici su due piani e le pertinenze che si dispongono a oriente, attorno ad una corte di servizio, spazio ordinato e misurato dove nulla è lasciato al caso.
Dai percorsi che si allungano nel parco, si colgono mutevoli scorci visivi all’intorno, sino all’antico Oratorio di Sant’Antonio, dalla facciata neoclassica.
La vicenda storica del luogo della dimora prese avvio nel Settecento con l’insediamento di un convento francescano, che ebbe in dotazione l’intera possessione di Peregallo. Nei decenni seguenti vi fu il passaggio di proprietà del compendio al commendatore Gian Luigi Curti, con una nuova dimora padronale eretta al margine orientale della proprietà. A lui subentrò dapprima la famiglia Sala poi, alla fine dell’Ottocento, l’ingegner Giuseppe Mattioli, ministro della Casa Reale di Savoia. Ormai demolita la maggior parte della villa settecentesca, nel 1890 si avviarono i lavori per la costruzione della nuova suntuosa abitazione, realizzata in forma eclettica su progetto dell’architetto Antonio Citterio.
L’articolato percorso funzionale della villa, passato tra il 1994 e il 2000 attraverso il Peregallo Country Club, giunge all’ultima svolta proprietaria nel 2001, quando l’intero complesso è acquisito dalla famiglia Mazzoleni che vi insedia una prestigiosa attività di ristorazione.
Nel 2007 in seguito alla demolizione di alcuni vetusti fabbricati e alla riorganizzazione degli spazi di pertinenza, il parco di Villa Mattioli è ampliato sino al limite stradale di via Italia, alla quale si attesta anche la piazzetta derivata dalla sistemazione urbanistica.
La frazione Gerno e Villa Somaglia
Il percorso di avvicinamento a Gerno, frazione di Lesmo posta ad ovest del centro abitato, si svolge facilmente lasciando il treno alla stazione di Macherio – Canonica, nel punto in cui nella discesa il Lambro si allarga in un’ansa occupata dall’Ottocento dallo stabilimento delle Filature Biffi, oggi trasformato in residenza.
Qui, attraverso un percorso facile di circa un chilometro, si discende al fiume guadagnando la sponda sinistra e, risalendo lungo la via Galileo Galilei, si giunge alla via Alessandro Volta, sulla quale è attestato l’ingresso di Villa Somaglia (via Alessandro Volta, 2). L’edificio residenziale costituisce la parte principale di un imponente complesso con un vasto giardino digradante al fiume, posto in posizione elevata ad ovest del centro abitato.
Sul luogo sorse tra il XII e il XIII secolo un convento le cui sorti restarono per secoli oscure, sin quando l’intero compendio fu acquistato dai conti Rozzoni e mantenuto sino all’estinzione della casata avvenuta nel Cinquecento. L’originario nucleo fu trasformato in dimora di villeggiatura dai marchesi Molinari, che nella seconda metà del Settecento la cedettero di proprietà al conte Giacomo Mellerio, a cui successe Giovanni Battista Mellerio, entrambe artefici della trasformazione del luogo nelle forme del “Grande Gernetto”.
Rimangono testimonianze della splendida dimora e dei giardini, dove i Mellerio fecero costruire un impianto per condurre acqua da Montesiro, a cinque miglia da Lesmo, attraverso la valle di Brugora, assicurando una “perenne doccia ai giardini pensili del Gernetto”.
La villa ha impianto articolato da corpi di fabbrica giustapposti in serie ortogonale, attorno ad una corte d’onore e a cortili di servizio, distribuiti attorno all’originario nucleo medioevale. L’edificio fu eretto alla metà del Settecento seguendo il progetto di Simone Cantoni, venendo successivamente ampliata da Giambattista Mellerio, vicepresidente del Governo del Lombardo-Veneto.
Alla seconda metà del XIX secolo risalgono le opere di modifica e rifacimento della villa su progetto attribuito a Gian Luca Cavazzi Della Somaglia, architetto, proprietario e senatore del Regno. Verso la metà del Novecento nella villa si insediò dapprima l’Istituto Magistrale Femminile delle Suore Marcelline e, successivamente, funzioni presidenziali e direttive della Banca Commerciale Italiana. A partire dal 1976 ha ospitato la sede del Centro di Formazione Professionale del Credito Italiano per essere ceduta nel 2004 al Gruppo Fininvest che, dopo gli interventi di restauro e ristrutturazione, ne ha inaugurata una nuova stagione nel 2010 alla presenza di Silvio Berlusconi.
Le ville del centro di Lesmo
Da Gerno l’itinerario di visita può proseguire verso il nucleo storico di Lesmo con un percorso facile lungo circa un chilometro e mezzo. Lasciata Villa Somaglia alle spalle, lungo via Lambro il passo risale la valle attraversando un’area residenziale tra propaggini di macchie boschive al limitare della campagna del Pegorino. Giunti alla metà si osservi Villa Frattini Tremolada, una semplice villa con qualche pretesa architettonica eretta nel 1900 con impianto quadrangolare.
In posizione di rilievo, al margine del nucleo storico e in direzione di Peregallo è Villa Fontana, ora denominata Villa Novecento; eretta all’inizio del XX secolo su impianto quadrato che oggi ospita da alcuni anni un rinomato ristorante.
Vicino è la novecentesca Villa Sala Cega (nota anche come Villa con giardino di via Ratti 2), circondata da un giardino piantumato. La facciata principale, simmetrica e tripartita da un doppio ordine di lesene, è conclusa da un timpano. La composizione ad elementi decorativi novecentisti comprende sfondatini ad arco a tutto sesto al piano terreno, cornici mistilinee e un balcone con ringhiera di ferro battuto al primo piano.
Poco discosta è l’ottocentesca Villa Ratti Fenaroli, (via Gaetano Ratti, 1), interna ad un giardino alberato, in posizione di lieve altura e inquadrata dal cannocchiale prospettico del percorso a rizada che immette alla cancellata d’ingresso. Il corpo di fabbrica principale possiede un elevato su tre piani mentre l’edificio è caratterizzato da una pianta ad “L”, con prospetti articolati da portici, loggiati e finestre con cornici mistilinee. Con la recente ristrutturazione la villa ha perso il ricco apparato decorativo materico e a pittura del paramento murario che, quantunque stinto dal tempo, caratterizzava la dimora con motivi e cromatismo di gusto novecentesco.
Villa Maggi Belvedere
Proseguendo in direzione nord, la strada conduce a Correzzana. Qui il primo tratto urbano è via XXV Aprile, dalla quale, dopo circa 800 metri, diparte a destra via Luciano Manara. Quest’ultima si allunga per circa 500 metri sino alla vasta proprietà di Villa Maggi Belvedere di via Luciano Manara 68b (altre volte più semplicemente Villa Belvedere), un edificio su due piani con impianto ad “U”, corte d’onore, portineria e giardino alberato.
Le origini della dimora risalgono alla seconda metà del Seicento, quando il territorio di Lesmo presentava caratteri eminentemente rurali, con un modesto centro abitato principale circondato da vasti appezzamenti agricoli. Il suolo, quantunque difforme, presentava lievi e più marcate ondulazioni collinari emergenti dall’altopiano, solcato dal fiume Lambro in un approfondito avvallamento. Proprio su uno di questi rilievi collinari fu edificata la dimora di campagna detta Belvedere, giacché tutt’oggi, in condizioni di tempo favorevoli, dalle circostanti alture della proprietà si scorgono le inconfondibili guglie del Duomo di Milano. Fu la famiglia Maggi a volere la dimora nella quale trovarono rifugio durante la peste del 1630.ù
Qui rimase sino al 1699 il letterato Carlo Maria Maggi e, da quel momento, la villa passò in proprietà alla famiglia Manara. Nella cronaca parrocchiale è riportato che “il Dottor Giuseppe Manara nel 1721 possedeva nel luogo di Belvedere alcuni beni con un corpo di casa a ‘elle’ ed in questo un Oratorio sotto l’invocazione di S. Teresa […] per la cura di circa 40 fedeli che risiedevano in quella località”.
Alla fine del Settecento la villa risulta di proprietà della famiglia Rosa, e nella dimora risiedette stabilmente il sig. Abate Rosa, economo della Mensa Arcivescovile.
Nella seconda metà del XIX secolo la villa Belvedere fu acquistata dal commendatore Luigi Stucchi, divenendo meta della nobiltà milanese e della Casa Reale. Il complesso rimase fino alla metà del Novecento nelle disponibilità della famiglia, sin quando l’ultima erede lasciò il compendio alla Banca di Credito Cooperativo di Lesmo.
Ultimo aggiornamento: 28 Marzo 2019 [cm]