Museo Lechi. Neoclassicismo a Brescia nel Ritratto della famiglia Balucanti di Luigi Basiletti
di Paolo Boifava
Nel 1959 in occasione della prima grande mostra sull’Età neoclassica in Lombardia, allestita a Como nelle sale di Villa Olmo, vengono riscoperte due opere emblematiche nella ridotta produzione ritrattistica del bresciano Luigi Basiletti realizzate nel 1812.
Il conte Tommaso Balucanti, podestà di Brescia stimato da Napoleone, è qui ritratto a cinquantaquattro anni con la giovane moglie Marianna Cigola e la numerosa prole in uno dei più affascinanti gruppi di famiglia che la pittura lombarda di primo Ottocento ci ha lasciato, “ultimo guizzo di una grande tradizione che si va spegnendo” (Mario Praz).
Nonostante i ventotto anni che li separano i due si uniscono in matrimonio a Brescia il 20 ottobre 1800 scegliendo come dimora il palazzo di famiglia, ricordato per avere ospitato il 17 marzo 1797 i trentanove bresciani che giurarono “di vivere liberi o di morire”, dando inizio agli eventi che portarono alla nascita della Repubblica Bresciana.
Le ricerche archivistiche di Bernardo Falconi rendono certa l’identificazione delle figlie più piccole raggruppate intorno al padre: Teresa e Luigia che si stringono fra loro affettuosamente mentre Polissena, l’ultima nata, le addita curiosa. Nella seconda tela un’iscrizione ancora leggibile, riporta i nomi degli altri tre figli, disposti in ordine di età: Orsola e Ippolita, dai modi composti e già consapevoli, e in primo piano Giovanni Battista.
Il genere pittorico delle scene famigliari fu particolarmente diffuso nella pittura europea tra età neoclassica e romantica, per la piacevolezza dei soggetti e le atmosfere rarefatte, specchio fedele di una società.
Nelle numerose variazioni sul tema il pendant qui firmato da Luigi Basiletti trova pochi precedenti. Tra questi il più celebre è senza dubbio il Ritratto di Claude-Louis Petiet e della moglie con i quattro figli, anch’essi divisi per età tra il padre e la madre su due tele distinte (Milano, Galleria d’Arte Moderna), componendo un gruppo famigliare che Andrea Appiani (1754-1817), l’artista più acclamato della Lombardia napoleonica, dipinge nel 1800 per il ministro straordinario della Cisalpina, appena nominato dopo il ritorno dei francesi a Milano.
Ma se i ritratti Petiet si caratterizzano per un’ambientazione in linea con i più sperimentati archetipi d’oltralpe – un parco romantico, un interno rifinito – ecco che Basiletti sceglie invece una trattazione neutra dello sfondo, favorendo nella continuità cromatica quella affettiva tra genitori e figli. D’altro canto l’intimità domestica richiamata dagli oggetti è solo accennata nelle sedute su cui posano i coniugi Balucanti, una poltroncina da bureau per Tommaso e una sedia klismos per Marianna, modellate da artigiani locali sull’esempio dei più noti cliché neoclassici del mobiliere parigino Georges Jacob.
L’anticomania e la moda di gusto francese è d’altronde pervasiva nell’estetica del quotidiano, dalle acconciature dei capelli al taglio dell’abito che nel vestiario femminile del primo decennio dell’Ottocento smette gradualmente il candido bianco del lino per assumere le colorazioni vivaci e cangianti delle sete. Solo il caldo scialle di lana rimane indispensabile per coprire le forme e conferire compostezza statuaria alle figure, mentre il frac resta l’immutabile uniforme civile del gentiluomo sulla quale il conte Balucanti esibisce il nastro giallo arancione listato di verde dell’Ordine della Corona ferrea.
Ultimo aggiornamento: 9 Marzo 2020 [cm]