Villa Carlotta. Una raccolta di tesori neoclassici
di Maria Angela Previtera
Le raccolte di preziosi oggetti d’arte insieme ai rari esemplari botanici di Villa Carlotta costituiscono uno dei più ricchi “tesori” collezionistici del Lago di Como.
Accanto ai capolavori più conosciuti dal Il bacio di Francesco Hayez, alla Tersicore e il Palamede di Antonio Canova e Amore e Psiche del suo prediletto allievo Adamo Tadolini, le magnifiche stanze della villa, così come gli ambienti del parco botanico, non mancano di stupire gli ospiti che da sempre hanno scelto questo luogo davvero unico.
Proprio per mettere in mostra i tesori nascosti custoditi nella villa il nostro viaggio nelle collezioni, in questo caso, si sofferma su oggetti curiosi e meno noti.
Tra questi spicca la rara e preziosa collezione di cammei in gesso oltre quattrocentosettanta calchi, eseguita intorno al 1820 dall’incisore romano Giovanni Liberotti. Si tratta di cammei che riproducono preziosi capolavori di musei e collezioni d’arte e i principali monumenti di interesse archeologico e architettonico della penisola italiana e delle più note città europee. Un insieme straordinario non solo per la quantità dei pezzi, ma soprattutto per il perfetto stato di conservazione dei calchi, ancora oggi, riposti nelle loro custodie di legno originali.
Giovanni Liberotti è stato uno dei principali incisori in pietra dura attivo a Roma tra la fine del XVIII e la metà del XIX secolo. Il suo studio in pieno centro, in via del Babuino al numero 105, era frequentato da artisti, collezionisti e aristocratici del Gran Tour. La sua abilità di incisore era ampiamente riconosciuta e apprezzata dai contemporanei soprattutto per l’alta qualità delle sue riproduzioni. L’artista era celebre anche per le “impronte” cioè i calchi in gesso tratti dai cammei in pietra dura.
I calchi in gesso venivano consegnati al cliente in piccole cassettine impilabili, oppure rilegate in volumi pronti per la consultazione. In un’epoca in cui la fotografia era ancora lontana dall’essere inventata, questi manufatti artistici erano importantissimi aide-mémoires, souvenir o cartoline d’altri tempi, che aiutavano i turisti del Grand Tour a ricordare le bellezze viste durante il proprio viaggio.
L’insieme rappresenta un vero e proprio tesoro in cui spiccano alcune riproduzioni dei capolavori d’arte conservati in villa Carlotta a testimonianza della fama che la raccolta Sommariva aveva acquisito già all’epoca. Questo grazie alla sapiente strategia messa in atto da Giovanni Battista Sommariva che aveva fatto riprodurre le opere più celebri, su cammei a rilievo e in delicate miniature su smalto che potevano essere facilmente trasportate durante i suoi viaggi, come in una sorta di piccolo museo portatile da mostrare durante i suoi incontri mondani.
L’ingente patrimonio accumulato grazie alla posizione raggiunta da Sommariva, gli consente una esistenza sfarzosa e la possibilità di coltivare la sua immensa passione per le arti come mecenate e collezionista. Le sue raccolte inizialmente allestite nelle residenze francesi di Épinay e Parigi, trovano nella villa di Tremezzo la loro ideale collocazione, una “casa delle belle arti”, come ama descriverla Sommariva nel 1813, aperta ai numerosi viaggiatori e ospiti che amplificavano con i loro racconti e descrizioni la fama del collezionista e della dimora.
Dalla fitta corrispondenza con il prediletto figlio Luigi, apprendiamo il grande amore che Giovanni Battista nutriva per l’arte, suggellato inoltre dal profondo legame di stima e amicizia con il sommo sculture Antonio Canova. A questo proposito ricordiamo che Sommariva portava al dito un prezioso anello con una gemma incisa che riproduceva il volto dello scultore a sigillo dell’intima passione per l’arte che li univa. Una passione nata dalla frequentazione dello studio romano dello scultore, dove Sommariva commissiona a Canova l’imponente statua di Palamede, eroe greco le cui vicende narravano accadimenti per alcuni aspetti vicini alla storia personale del committente.
Dapprima uomo di fiducia di Napoleone, viene poi messo da parte nel 1802 a favore dall’influente Francesco Melzi d’Eril, noto esponente dell’aristocrazia milanese e suo acerrimo rivale politico. La scultura, realizzata in unico blocco di marmo tra il 1803 e il 1804, una volta terminata subisce alcuni danni durante una rovinosa caduta, ma prontamente restaurata da Canova, viene dapprima trasferita a Parigi e poi inviata nella villa di Tremezzo, per essere collocata in una sala appositamente allestita con grandi specchiere che ne esaltano la bellezza formale.
Questo capolavoro, particolarmente caro a Sommariva, compare accanto al committente nel famoso dipinto realizzato da Pierre-Paul Prud’hon nel 1813, ora nelle raccolte della Pinacoteca di Brera, insieme all’amata musa Tersicore. Altro capolavoro canoviano datato al 1811, di cui si conserva in Villa Carlotta il gesso originale che servì all’artista per l’esecuzione in marmo della statua, sempre di proprietà di Sommariva e che, dopo la dispersione del suo patrimonio e diversi passaggi di proprietà, oggi è confluita nella collezione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo a Parma.
La raccolta di Sommariva annovera anche altri celebri capolavori come il famoso gruppo di Amore e Psiche giacenti, copia di Adamo Tadolini dal modello canoviano originale. La fortuna di questo gruppo in prezioso marmo bianco di Carrara è stata amplificata dalla stretta somiglianza con le celebri opere di Antonio Canova, poi confluite nelle collezioni del Museo del Louvre e dell’Ermitage. Lo stesso Canova dona il gesso originale al suo allievo prediletto Adamo Tadolini, il quale lo utilizza per realizzare tra il 1819 e il 1824 la scultura che possiamo ammirare in Villa Carlotta.
Accanto alle opere canoviane Sommariva riesce ad ottenere per la villa di Tremezzo uno dei capolavori assoluti della scultura neoclassica: il grande fregio con l’Ingresso di Alessandro Magno in Babilonia di Bertel Thorvaldsen. Lo scultore danese si ispira alla storia antica per immortalare nel marmo le gloriose imprese belliche di Alessandro Magno che, in questo caso, alludono al successo delle campagne militari di Napoleone in Egitto. Nel 1818 Sommariva sottoscrive un contratto con Thorvaldsen e riscatta la prestigiosa commissione, inizialmente voluta da Napoleone per il suo insediamento nel 1812 in Quirinale. Il grande fregio, suddiviso in formelle, viene poi trasferito a Tremezzo per essere messo in opera nel salone d’onore al piano terreno e l’operazione si conclude solo nel 1828.
L’interesse di Sommariva non si rivolge esclusivamente alla scultura, ma comprende anche la glittica e la grande pittura di storia. Infatti la sua collezione annovera tra i capolavori ancora di gusto neoclassico La lettura del VI libro dell’Eneide di Jean Baptiste Wicar del 1820, dove, come nel grande fregio di Thorvaldsen, Sommariva figura tra i protagonisti della scena, in questo caso nelle vesti di Mecenate.
Vedi anche Villa Carlotta, cuore del Lario
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile 2020 [cm]