La villa ai tempi di Giovanni Battista Sommariva: una “casa delle belle arti” sul lago di Como
Ma più per la clemenza e la maraviglia de’ luoghi ed ogni leggiadro ornamento, la villa Sommariva da tutte le ville del lago spicca pei lavori delle arti statuaria e pittorica ch’essa contiene. E questi lavori vi sono ora radunati in tanta copia e con isplendidezza sì grande, che basterebbero soli a trarre sulle rive del Lario qualsivoglia colto viaggiatori. (da I Giardini d’Italia – 1835).
Dalle dimore francesi di Epinay e Parigi è nella villa di Tremezzo che si concentra l’ingente patrimonio di opere d’arte fra sculture, pitture e arti minori, possedute dal politico, collezionista e mecenate. Sin dagli anni Venti del XIX secolo la dimora compare frequentemente nelle guide del tempo, con il ricco patrimonio artistico posseduto dal Sommariva, il cui obiettivo è quello di riuscire a eleggere la fastosa dimora a ‘casa delle Belle Arti’, come confida già nel 1813 all’amico scultore Antonio Canova.
In breve tempo l’edificio viene così riadattato alle nuove esigenze espositive, con l’eliminazione delle decorazioni originali, l’abbattimento delle tramezze e l’ampliamento delle finestre. Le sale vengono poi allestite con ganci e specchi per una migliore fruizione delle opere.
Dai paesaggi fiamminghi, alle miniature, fino al monumentale fregio marmoreo di Bertel Thorvaldsen che scenograficamente da sempre accoglieva i visitatori nella ‘Sala dopo il vestibolo’; e poi il Palamede e la Tersicore di Canova, i gessi per l’Arco della Pace di Camillo Pacetti e le grandi tele di Francesco Hayez, Jean Baptiste Wicar e Pierre-Jèrome Lordon, fra le indiscusse protagoniste del furore collezionistico del Sommariva.
Francesco Hayez
L’ultimo bacio dato da Giulietta a Romeo
(link alla scheda di catalogo)
Esposto in Villa nella ‘Prima stanza de’ quadri’ (1835) viene realizzato su commissione del Sommariva ed esposto in anteprima nel 1823 alla mostra di Brera, riconosciuta vetrina delle eccellenze artistiche contemporanee, dove gode di notevole successo.
Il soggetto tratto dalla tragedia shakespeariana non era nuovo al Sommariva che già possedeva uno dei codici miniati su pergamena di analogo tema realizzati tra il 1815 e il 1819 dal miniaturista Giambattista Gigola (Brescia 1767 – Milano 1841).
La rappresentazione figurativa dei drammi di Shakespeare diviene un leit motiv della pittura di Hayez che ripropone più volte gli stessi temi, proprio a partire da questo nuovo soggetto declinato in numerose versioni e significati, sino al famoso Bacio del 1859, oggi esposto alla Pinacoteca di Brera a Milano.
Sulla scorta del revival storico che matura durante tutto il corso dell’Ottocento, avviato dallo stesso Hayez, il dipinto a Villa Sommariva ritrae con precisione cronachistica il momento in cui Romeo saluta con un bacio l’amata Giulietta prima di fuggire dalla finestra al sopraggiungere dell’alba; sullo sfondo la nutrice veglia affinché gli amanti possano non essere colti in flagrante (III atto, scena V). In una stanza dalla riconoscibile architettura antica, si stagliano in primo piano i due giovani ritratti in tutta la loro naturalezza, anche dal punto di vista formale: lontano dagli ideali neoclassici ‘Giulietta non è certamente la Venere (…); è bella dell’amor suo (…), un vaghezza che ti annunzia essere l’ideale de’ suoi tempi; Romeo non è l’Antinoo né l’Apollo, eppure è con desio considerato dalla femminile curiosità’ (Defendente Sacchi, 1830).
La maniera del maestro è ben visibile nella resa dei tessuti delle vesti, in particolare della camicia di Giulietta, con richiami all’elegante pittura veneta di Tiziano. Dal punto di vista formale indubbiamente questa tela segna un momento di passaggio nelle acquisizioni del collezionista, dal gusto neoclassico a quello romantico, inaugurato già nel 1808 con il lungimirante acquisto parigino della Communion d’Atala (La morte di Atala) dal testo di Chateaubriandt, di Pierre-Jérome Lordon e qui esposta, emblema della pittura storica-romanzesca in Francia e non a caso posto, sin dal suo arrivo a Tremezzo, di fronte al suo alter ego lombardo.
Il compiacimento per l’acquisto dell’opera di Hayez unito alla consapevolezza del suo valore – beninteso, anche economico – si traduce nella commissione a Giovanni Beltrami (Cremona 1777 – 1854) di un ‘topazio orientale d’once 2 ½ di altezza, e due di largo’, oggi perduto, che possiamo immaginare quale opera da taschino che il Sommariva può portare sempre con sé per renderla così ancor più popolare.
Maddalena penitente
Venere e Marte
Jean Baptiste Wicar, Virgilio che legge l’Eneide ad Augusto
Aulica celebrazione della mania collezionistica e dello status acquisito, è il dipinto, opera commissionata nel 1818 dal Sommariva all’artista francese, molto probabilmente anche con il coinvolgimento e la mediazione del fidato Canova.
Esposta a Brera nel 1821, la tela viene successivamente collocata nella ‘Seconda stanza de’ quadri’ insieme ad altri dipinti di genere paesaggistico. Il grande dipinto raffigura il momento in cui Virgilio declama i versi tratti dall’Eneide ‘Tu Marcellus eris’ (VI, 883) a memoria del defunto Marcello, nipote dell’imperatore Augusto e figlio di Ottavia, che sviene per l’emozione. Alla scena assistono Livia, moglie di Augusto, seduta al suo fianco e sospettata della morte del nipote; Mecenate che cerca di confortare Ottavia; il medico Musa e il politico e militare Agrippa.
La particolarità dell’opera risiede nei ritratti di Mecenate e Agrippa con le sembianze, rispettivamente, di Giovanni Battista Sommariva e Napoleone Bonaparte; la scelta del collezionista di farsi ritrarre in questa veste fu senza dubbio dettata dalla volontà di farsi immortalare quale protettore delle arti e fervido sostenitori degli artisti. La presenza di Napoleone decreta invece, in maniera inequivocabile, la fedeltà del Sommariva all’imperatore francese per il quale diviene sommo portavoce durante la sua reggenza in Italia, garantendosi così una vertiginosa scalata politica ed economica.
Il tema classico dell’Eneide è oggi riproposto in Villa nei tredici bassorilievi in gesso di Giuseppe Franchi (Carrara 1731 – Milano 1806), di collezione privata e concessi qui in deposito dal 2011.
Le formelle di matrice neoclassica, rappresentano alcune delle scene tratte dal poema virgiliano con protagonista Enea, e ampliano e rafforzano il legame tra gli ideali neoclassici e la loro rielaborazione artistica che qui trovarono ampio apprezzamento e diffusione.
Oltre al Sommariva, anche l’architettura della Villa trovò motivo di celebrazione in alcuni dipinti che, in una logica da Grand Tour, ne immortalano la bellezza all’interno del contesto paesistico lariano. Prima fra tutte, la tela di Jean Joseph-Xavier Bidault (Carpentras, Francia 1758 – Montmorency, Francia 1846) commissionata al pittore francese nel 1819 e in un primo tempo conservata nella residenza parigina.
A questa seguirono, nel 1822 e nel 1824 le due tele di Giuseppe Bisi (Genova 1787 – Milano 1859): La Villa Sommariva e La Villa Sommariva sulla collina di San Colombano, quest’ultima oggi andata perduta.
Le opere testimoniano da un lato la volontà del Sommariva di documentare e perpetuare la memoria dell’amata residenza, dall’altro sono indicative della voracità collezionistica e dell’acume del committente mosso tra il più affermato classicismo e i numerosi e diversi generi pittorici offerti dal mercato contemporaneo.
Larga parte della collezione include infatti paesaggi e vedute di riconosciuti artisti stranieri ed italiani. Diversamente dall’opera di Bidault, la tela di Bisi ritrae la villa in un più ampio paesaggio al calar del tramonto cogliendo, in un ideale proto-romantico, il clima incantato del lago, la dolce ebrezza che spinge le barche mosse dal vento e quell’atmosfera di quiete di cui godette, ancora per pochi anni, il Sommariva.
Ultimo aggiornamento: 11 Marzo 2019 [cm]