Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte estiva 1607 17 24 25 agosto 1607; 19 febbraio 1608
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- Oggetto
- Accenno al ricorso ad astrologi nell'ambito dell'inchiesta sul furto subito da Bernardo di Mighina di Semogo
- Procedimento giudiziario
- Inchiesta verso ignoti, per furto [subito da Bernardo di Mighina di Semogo] (17 agosto 1607 - 19 febbraio 1608; 19 febbraio 1608)
Inchiesta del Tribunale dopo che è giunto all'orecchio che Bernardo di Mighina di Semogo ha subito il furto di certi denari che aveva nascosto in una sua piccola stalla. Bernardo minaccia i familiari sospettati di rivolgersi agli astrologi per conoscere l'autore del furto, ma viene dissuaso dal curato di san Gallo. Il ricorso a chi era ritenuto dotato di poteri sovrumani avrebbe infatti innescato una serie di sospetti circondati da un alone di magia, difficile da mantenere in seguito entro i limiti del normale processo giudiziario.
1607. Die lune 17 mensis augusti.
Cum ad aures magnifici domini pretoris et dominorum offitialium Burmii devenerit sicuti diebus superioribus Bernardo de Mighina de Semogo furto subtracta sit quantitas denariorum etc., prefati domini rectores ut veritati locum sit etc., coram ipsis citare fecerunt dictum Bernardum de Mighina et interogatus quomodo res se habeat.
R. Il giorno dilla festa di Santo Giacomo Apostolo prossimo passato, me misi su l'uscio della staletta a casa mia all'Arsure (1) et numerai circa 25 scudi in oro. Et erano due doppie d'ongari (2) et fra zechini et ongari numero 12, li quali misi in una bussoletta et poi la misi su sotto la staletta, fra il muro et il sentiero. Fra duoi giorni, non so se fosse il lunedì o il martedì seguente, guardai di dinari. Ben ritrovai la bussola al suo luoco, ma non vi ritrovai dinari alcuni.
Interogatus dixit: Quel dì non credo che fossero in casa altri che la moglie di mio figliolo Christoforo et la sua fantesca, per nome Margarita, figliola di Giacom de Martin del Clevo, li quali ordinariamente me stanno in casa.
Et dicto sibi: Credete di esser statto visto d'alcuno mentre voi numeravi li danari su l'uscio?
R. Mi non ho visto alcuno. Potria essere che quei di casa, alcun di loro me havessero tenuto a mente, (3) mentre li numerai.
I. Chi suspettate sia statto?
R. Ho più presto sospettat della mia nora, o della fantesca, che de mio figliolo Christoforo. Vero è che non lo posso sapere e ognun di loro a quali ho dimandato, negano di haverli tolti.
Addens: Oltra di questi dinari ch'erano in quella bussoletta, haveva ancora un poco di moneta biancha (4) in una borsa, la quale era in canevetta, et anco me hanno tolto fuori di essa borsa circa un scudo, né altro mi è occorso questa volta, seben altre volte ancora me ne son tolti di dinari et dette la colpa alla mia bregada et dalla più parte, né do la colpa a lui, ma l'è mal dire. Vero [è] che dil tutto eramo (5) statti dacordi, (6) se adesso non mi facean ancora questa burla. Et era di animo di andare a strolighi, ma il reverendo curato di Santo Gallo, con il quale ho conferto il tutto, me ha disuaso. N'altro ho fatto. Et non ulterius fuit examinatus etc.
Die lune 24 mensis augusti.
Coram magnifico domino pretore et dominis offitialibus Burmii, citata fuit Margarita filia Jacobi Martini del Clevo de Semogo, ancilla Bernardi de Mighina, que interogata etc.
R. Mi non so cosa nisuna altro, salvo che una sera, essendo a tavola in compagnia del detto Bernardo, Christoforo suo figliolo et la mogliere dil detto Christoforo, il detto Bernardo si lamentò che li fossero tolti dinari et disse che fosse circa lire 100. Christoforo se mise a ridere, dicendo di no. Et cossì ancora tutti noi altri dicessemo de no, che non sapessemo cosa alcuna. Mi son poi andata a casa mia et adesso lavoro a Francesco Cottol, né altro posso sapere. Ben il detto Bernardo me menò dove li haveva messi in guerni, (7) giù in una stalla sotto il muro, in una bussola. Né altro so. Et hoc est.
Die suprascripta.
Citatus fuit Christoforus filius suprascripti Bernardi Mighine et de denariis dicto eius patri furto subtractis, [et] interrogatus.
R. Mi non so cosa alcuna, el li haveva messi in un loco dove li può andare ogni animale brutto.
Et factis pluribus interogationibus, petiit terminum usque ad diem crastinum ad considerandum etc.
Die sequenti martis 25 augusti.
Comparuit coram ut supra dictus Christoforus, et denuo interogatus etc.
R. Mi dico la verità, che mi non ho tolto altri dinari che sei berlingotti, (8) li quali erano in una borsa in canevetta in un arcon, (9) et sarà circa 18 o 22 dì. Dell'altri dinari che mio padre se lamenta non so cosa alcuna, perché nel luogho dove gli ha reposti, come esso me ha dimonstrato, li puol andar ognuno, come ho detto di sopra.
Et [dixit] nil aliud scire, nec ulterius fuit examinatus.
Qui Christoforus dedit manum in fidem magnifico domino pretori comparendi quotiescumque ab offitio requisitus fuerit sub pena scutorum ducentum etc.
Die dominico 30 mensis augusti.
Coram domino pretore et domino Leonardo Zucho offitiale, ac domino Jasone Foliano, locumtenente domini Sebastiani Alberti offitialis, citata comparuit Anna filia Tonii Appolonii delle Runo, (10) uxor Christofori filii Bernardi de Mighina et de denariis etc. dicto Bernardo eius socero furto subtractis.
Interogata etc.
R. Eramo andati su alla Presura a restelare tutti tre, cioè Christoforo mio marito, la fantisella et mi, et la sera che venni a casa ritrovai il veggio Bernardo tutto melenconico. Li dimandai che cosa havesse. Non mi volse rispondere. Venne poi la fantesca et la mandai su a dimandar a Christoforo, et cossì venuti tutti a casa, essendo a tavola, detto Bernardo si lamentò che gli fosse tolti dinari et che fossero 12 ongheri et due doppie d'oro, li quali li haveva logati sopra un muro in stalla, dove ogn'uno li puole andare, come egli venne giù a monstrarmi il luocho. Chi li habbi tolti non so cosa alcuna.
Et factis pluribus interogationibus.
R. Mi non sei (11) altro, né son in esser di giurare. (12)
Nec ulterius fuit examinata et dedit manum in fidem magnifico domino pretori de comparendo quotiescumque ab offitio requisita fuerit etc.
1608. Die 19 februarii est facta condemnatio etc.
(1) Li Arsura, Arzùra, località nella parte più alta di Semogo (Longa 311), ora anche Erzùra. Il nome ricorda probabilmente qualche incendio (cf. SB066).
(2) L'ongaro era una moneta proveniente dalla Serenissima (DEI 4, 2655; cf. anche SB059). Venez. ongaro "unghero, moneta d'oro che si stampa in Ungheria, del valore di lire 24,10 venete", it. ungaro "moneta del valore di uno zecchino" (DEI 5, 3951). Ongaro è pure cognome in Bormio di recente importazione.
(3) Dial. tegnìr a mént "porre attenzione a", far a mént "prestare attenzione a, dare ascolto a" (Longa 61), tegnìr de mént "ricordarsi" (Longa 257). Più indietro, nello stesso processo: mi non metto a mente a ciancie.
(4) La moneta bianca è una moneta battuta in metallo chiaro. It. bianco nome di parecchie vecchie monete d'argento: bianco di Bologna rimasto in corso fino alla Rivoluzione francese, bianchetto "denaro piemontese", biancone "doppio bianco di Modena", lat. med. (a. 1198) blancus, blanca monete d'argento, prov. blanca, fr. blanc antiche monete (DEI 1, 506). Il termine dialettale palànca f. pl. "denari" deriva dallo spagn. blanca (DEI 4, 2726). Ven. ant. alba moneta d'argento del sec. XIII (DEI 1, 106).
(5) "Eravamo". Dial. liv. no àrom, trep. no m'àra, borm. no n sèra, forb. no n sàra (Longa 341; Rohlfs 2, 293). Poco sotto: Eramo andati su alla Presura a restelare tutti tre.
(6) Dial. èser dacòrdi, decòrdi "d'accordo, intesi".
(7) "Li aveva riposti, messi in custodia". Dial. ant. guarnàr "riporre, nascondere", corrispondente dell'it. governare, dal lat. gubernare (REW 3903), com. guarnà "mettere in serbo, riporre in armadio o stanza per conservare", guarnéri "armadio", guarnirö "armadietto" (Monti 109), gergo dei calzolai di Valfurva guarnéira "carne" (Longa 322), perché conservata, posch. guarnéra "carne" (Monti 109).
(8) Il berlingotto veneziano valeva, nel 1617, 19 soldi imperiali (cf. ACB, Quaterni consiliorum, sorte primaverile 1617, febbraio 21), it. sett. berlinga "lira milanese dei secc. XVI e XVII, con la figura di sant'Ambrogio a cavallo", ricordata dal Manzoni (DEI 1, 494).
(9) Dial. arcón "scrigno, grande cassa" (Longa 22; Longa, Usi 32; e cf. SB038).
(10) Ora li Rum, pianoro sulla costa a metà strada tra Isolaccia e Semogo (Longa 314), negli Statuti: Aleruno (StCBorm, c. 75), probabilemnte da *l'airùm, dal lat. area nell'accezione generica di "spazio aperto e pianeggiante" con suffisso collettivo -umen. Nel penultimo processo di questo volume: giù alle Rum
(cf. SB072). Qui c'era anche la casa del famoso Marendìn, giustiziato per stregoneria nel 1673.
(11) Dial. ant. mi nu séi "io non so".
(12) La donna era probabilmente incinta e quindi era esonerata dal giuramento.
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/bormio/documenti/SB044/